A quasi diciotto anni dall’omicidio di Meredith Kercher, il nome di Amanda Knox continua a polarizzare. Assolta in via definitiva dopo essere stata accusata e condannata nei primi gradi, l’ex studentessa americana è tornata a parlare sui social con un messaggio che ha riaperto ferite e memorie. Il focus è netto: la percezione pubblica resta divisa, "milioni" — scrive su X — "pensano ancora che io sia un’assassina".
Intanto la sua vicenda torna in un podcast e sullo schermo, con l’uscita dell’ultima puntata della miniserie The Twisted Tale of Amanda Knox su Disney+, e con nuove voci che ne rileggono il percorso tra tribunali, media e opinione pubblica.
Il nuovo intervento social di Knox è stato diretto e perentorio: "So che milioni di persone pensano ancora che io sia un’assassina. Che si sbaglino pure". Una frase che condensa lo scontro decennale tra sentenze e credenze, assoluzioni e narrazioni. Knox ha ribadito il perimetro del suo impegno civile: "Io sarò ancora qui a cercare di assicurarmi che il prossimo innocente non finisca in prigione", ha annunciato Knox. "Non posso dirvi quanto significhi per me essere riconosciuta per il mio lavoro di difesa dal Progetto WAinnocence".
Parole che chiamano in causa il nodo più sensibile: cosa resta, nella percezione collettiva, dopo che una vicenda giudiziaria si è chiusa ma la sua eco mediatica continua a vivere.
I know that millions of people still think I'm a killer. Let them be wrong. I'll still be out here trying to make sure the next innocent person doesn't end up in prison. I can't tell you how much it means to me to be recognized for my advocacy work by the @WAinnocence Project. pic.twitter.com/7uAzF66sgN
— Amanda Knox (@amandaknox) September 30, 2025
Il racconto pubblico si sposta anche sul piano audiovisivo. The Twisted Tale of Amanda Knox giunge all’episodio conclusivo — disponibile da oggi 1° ottobre — con la ricostruzione di un momento simbolico. Al centro c'è il ritorno di Knox in Umbria, nel 2022, per un faccia a faccia con il suo storico accusatore, il pm Giuliano Mignini.
Una scelta narrativa che riporta Perugia al centro, tra le pieghe di una memoria che mescola cronaca, processi e rappresentazioni. In controluce, la domanda più scomoda: quanto il filtro dello storytelling può riscrivere, o amplificare, ciò che i tribunali hanno già stabilito?
A interpretare Amanda Knox è l’attrice newyorkese Grace Van Patten, che racconta un lavoro emotivamente faticoso e denso. "Amanda si è mostrata in tutta la sua bellezza, vulnerabilità e apertura. Non me l’aspettavo", spiega, ripercorrendo le settimane di preparazione tra studi d’italiano e incontri ravvicinati con la protagonista reale della storia. "Ho imparato tantissimo da Amanda. Se riuscissi a prendere anche solo un po’ del suo coraggio, mi sentirei a posto", aggiunge, sottolineando come l’assenza di prove decisive e la gestione complessa del processo abbiano pesato su una ventunenne catapultata in un Paese straniero.
Nel team produttivo spicca anche Monica Lewinsky, che avrebbe spinto Knox a "riprendersi la propria storia", a rimarcare il tema — oggi centrale — della proprietà del racconto quando il racconto riguarda una vita stritolata dall’attenzione globale.
L’assoluzione definitiva ha chiuso i gradi di giudizio ma non ha archiviato il caso nell’immaginario collettivo. Da un lato, la cronaca giudiziaria ha prodotto verità processuali; dall’altro, la lunga stagione dei talk, dei titoli a effetto, dei film e delle serie ha sedimentato convinzioni difficili da scalzare. Qui si innesta il nuovo attivismo di Knox: un engagement dichiarato per "assicurarsi che il prossimo innocente non finisca in prigione", dentro un dibattito internazionale più ampio sui rischi degli errori giudiziari e sulla responsabilità dei media.
Anche per questo, ogni post, ogni cameo - Knox ha rivelato di apparire in un episodio della miniserie - ogni iniziativa pubblica riaccende il riflettore su Perugia, su Meredith Kercher, sulla frattura tra giustizia e percezioni.