27 Oct, 2025 - 08:52

Umbria, voleva sparare a un cinghiale ma colpisce un muro: gli viene revocata la licenza di porto d’armi e di caccia

Umbria, voleva sparare a un cinghiale ma colpisce un muro: gli viene revocata la licenza di porto d’armi e di caccia

Voleva colpire un cinghiale e, invece, ha centrato una casa. Storia bizzarra, ma allo stesso tempo preoccupante, quella che ha avuto come protagonista un cacciatore che si è visto revocare dal Tribunale amministrativo regionale per l’Umbria la licenza di porto d’armi e di caccia per un “grave episodio di negligenza durante una battuta di caccia”.

Sbaglia mira, revocata a un cacciatore la licenza del porto d'armi

Il Tar dell'Umbria ha, quindi, confermato la revoca disposta dalla Prefettura di Perugia. La vicenda, ripresa in prima istanza da Perugia Today, vede un uomo, cacciatore e selettore esperto, essere privato della licenza di porto d’armi e di caccia per un errore di mira abbastanza grave.

Durante una operazione di contenimento della fauna, l'uomo, armato di una carabina con una gittata massima di circa 3.000 metri, avrebbe sparato due colpi in una direzione diversa da quella assegnatagli dal capo battuta. Non era stato colpito un cinghiale, bensì il muro di un’abitazione posta a meno di 300 metri di distanza, dove erano presenti delle persone.

Giudicato "inaffidabile" ma il Tar conferma la decisione della Questura

La Questura di Perugia, dopo l'episodio, aveva subito revocato all’uomo la licenza di porto di fucile per uso venatorio. La Prefettura, successivamene, aveva imposto il divieto di detenzione e uso delle armi, giudicando il cacciatore “inaffidabile”.

Nonostante l'uomo, avesse in seguito estinto il reato amministrativo tramite il pagamento di una somma di denaro, non aveva riottenuto la licenza e per questo aveva presentato ricorso al Tar. Secondo l'avvocato difensore dell'uomo Gaetano Puma, l'episodio denotava al massimo una “minima colpa”, giustificata dalla presenza di alberi che nascondevano la visuale della casa.

Il Tar dell'Umbria ha, però, rigettato il ricorso: definita “macroscopica” la violazione delle norme sulle distanze di sicurezza; ritenuto il ricorso “infondato”, per via dell'ammissione del cacciatore di aver sparato verso degli arbusti e che i colpi potevano essere i suoi. Da un “selettore esperto”, inoltre, il Tribunale ha sottolineato la grave condotta, non dovendo mai sparare, in assenza di visuale libera, senza avere certezza della situazione dei luoghi.

Un caso analogo: revocato del porto d'armi per un uomo per aver lasciato incustodito un fucile

Continua l'attività di controllo dei Carabinieri anche sulla detenzione di armi. Il TAR dell'Umbria, negli scorsi mesi, aveva bocciato il ricorso di un cittadino che si era visto notificare il divieto di detenzione di armi e revocare la licenza di porto di fucile per uso venatorio. Il motivo risiede nel aver lasciato incustodito i fucili, dopo una battuta di caccia e la Prefettura e la Questura di Perugia hanno notificato i provvidementi per inaffidabilità nella custodia delle armi.

Il cittadino si era visto notificare i due provvedimenti, dopo un controllo domiciliare dei Carabinieri, nell'abitazione vicino all’azienda agraria gestita dalla moglie e dalla cognata. I militari avevano rinvenuto un fucile automatico “Breda” e un altro fucile nascosto in un luogo "poco sicuro". L'arma era stata rinvenuta nello scomparto di un divano letto e le porte di accesso in queste stanze non risultavano chiuse a chiave e, quindi, le forze dell'ordine hanno evidenziato una negligenza significativa nella custodia delle armi.

L'uomo, invece, aveva presentato ricorso al Tar, sostenendo una sbagliata ricostruzione dei fatti, con le armi che sarebbero state lasciate momentaneamente incustodite solo per consentire l’accesso dei Carabinieri.

Il Tar aveva bocciato il ricorso dell'uomo

Il Tribunale amministrativo regionale per l’Umbria, anche qui, aveva rigettato il ricorso del cittadino, in quanto la revoca della licenza e il divieto di detenzione armi avrebbero una natura cautelare e non sanzionatoria. Il porto d’armi, secondo i giudici, costituisce un’eccezione al generale divieto di detenzione e richiede la massima garanzia sul corretto uso e custodia delle armi.

La decisione di sanzionare l'uomo stava nella negligenza nella custodia delle armi che può giustificare la revoca della licenza, poiché comporta il rischio che terzi possano abusarne e, infine, nel caso concreto, l’assenza di adeguate misure di sicurezza. Tali armi, secono la legge, dovrebbero essere "custodite" in locali sicuri: le armi riscontrate all'uomo erano in luochi non chiusi a chiave e in un divano letto. 

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Emanuele Landi
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