Il percorso di riforma dell’assistenza territoriale in Umbria compie un salto di qualità con la presentazione del modello regionale del Punto Unico di Accesso (PUA), il dispositivo che promette di superare la frammentazione tra sanitario e sociale e di semplificare l’ingresso dei cittadini nella rete dei servizi.
Nell’incontro alla Scuola Umbra di Amministrazione Pubblica del 9 settembre, secondo appuntamento dopo il Piano sociosanitario territoriale del 14 luglio, la Regione ha illustrato struttura, funzioni e collocazione del PUA, destinato a essere attivo in ogni Casa della Comunità. La presidente Stefania Proietti interpella direttamente un nodo cruciale della sanità pubblica: orientare e prendere in carico in modo uniforme, vicino ai luoghi di vita e con tempi certi, soprattutto chi ha bisogni complessi.
Il PUA è il portone d’ingresso alla rete sociosanitaria: un unico presidio a cui rivolgersi per accoglienza, ascolto e indirizzo, senza rimbalzi tra uffici e sigle. L’obiettivo è mettere fine ai percorsi a ostacoli e garantire che nessuna domanda resti inevasa o venga rinviata per mancanza di documenti.
Nelle parole della Presidente: "Il Punto Unico di Accesso, già attuato in alcuni territori, diventerà il modello unico per tutta la regione, presente in tutte le Case della Comunità previste dal nuovo Piano sociosanitario, rivoluzionando la concezione di assistenza sociosanitaria in Umbria". È un cambio di paradigma che sposta l’onere dell’organizzazione dal cittadino al sistema pubblico, con particolare attenzione a fragilità, disabilità, povertà educativa e salute mentale.
Il modello illustrato dalla Regione prevede una catena di fasi integrate. In front office, personale amministrativo formato garantisce l’accoglienza immediata e l’orientamento nella rete. Se la richiesta richiede approfondimento, subentra il back office di primo livello, dove professionisti sanitari e sociali decodificano il bisogno e attivano il percorso appropriato.
Nei casi semplici, l’attivazione del servizio chiude la pratica; quando emergono bisogni complessi, invece, scatta la presa in carico da parte dell’équipe multiprofessionale del secondo livello. Questo disegno organizzativo mira a ridurre tempi morti, duplicazioni di valutazioni e costi indiretti, con un unico dossier e responsabilità chiare su chi fa cosa e quando.
Il cuore del PUA è la valutazione multidimensionale, che tiene insieme dimensioni cliniche, funzionali, sociali e ambientali. L’équipe di secondo livello riunisce medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, medici di distretto, infermieri di famiglia o di comunità e assistenti sociali, con l’apporto di specialisti quando necessario. Nei casi ad alta complessità opera l’Unità di Valutazione Multidimensionale, che costruisce progetti personalizzati di lungo periodo, inclusi i Progetti di Vita Individuali per le persone con disabilità.
La Presidente ha rimarcato la cornice regolatoria e il lavoro congiunto del territorio: "Finalmente i cittadini avranno un unico punto di riferimento, nel Distretto sanitario di residenza, per accedere a tutti i servizi, superando la frammentazione che spesso ha reso difficile orientarsi nel sistema".
"È un passo fondamentale" - prosegue Proietti - "verso un sistema salute più accessibile, integrato e vicino alle persone. Si tratta dell’esito di un lavoro costruito e condiviso con le zone sociali, le direzioni delle aziende sanitarie, i distretti, in cui sono stato individuati sia gli standard da attivare nei servizi sia lo standard per l’applicazione del DM 77 sull’assistenza territoriale".
Ogni PUA troverà sede nelle Case della Comunità, fulcro della prossimità disegnata dal PNRR, in connessione operativa con la Centrale 116117, le Centrali Operative Territoriali e le Unità di Continuità Assistenziale. Il posizionamento fisico e digitale del PUA – compreso lo sviluppo di un’interfaccia virtuale e di un’identità visiva unitaria “Umbria in Salute” – punta a garantire accessibilità omogenea nelle diverse zone sociali, anche nelle aree interne.
Alla presentazione hanno preso parte dirigenti sanitari e sociali, amministratori locali, ordini professionali e terzo settore: una platea ampia che segnala la natura intersettoriale della riforma e la necessità di una formazione continua del personale lungo tutta la filiera.