24 Sep, 2025 - 14:34

Provincia di Perugia, la vicepresidente Laura Servi e l'appello per la pace a Gaza: "Si tratta di genocidio"

Provincia di Perugia, la vicepresidente Laura Servi e l'appello per la pace a Gaza: "Si tratta di genocidio"

Dalle piazze dell’Umbria arriva una richiesta netta alla politica nazionale ed europea: trasformare la parola 'pace' in scelte concrete. A rilanciare il tema è la vicepresidente della Provincia di Perugia con delega alla pace e alla cooperazione internazionale, Laura Servi, reduce da due appuntamenti simbolici – il corteo a Foligno e il Festival internazionale per la pace ad Assisi – che hanno riportato al centro la guerra in Medio Oriente e la crisi umanitaria a Gaza.

Tra citazioni forti e una critica frontale all’assenza dei governi, Servi prova a disegnare un perimetro di azione istituzionale che va oltre la testimonianza: investimenti in cooperazione, diplomazia e stop alla corsa al riarmo. Un posizionamento che interroga le amministrazioni locali e, insieme, alza l’asticella del dibattito pubblico.

La cornice umbra: dalle piazze al Palazzo, un sostegno forte a Gaza e alla Palestina

La fotografia politica parte dal dato partecipativo. "Oltre mille persone si sono ritrovate nel cuore della città di Foligno per gridare il pieno e incondizionato sostegno alla popolazione di Gaza", puntualizza Servi, richiamando uno dei messaggi-ponte del corteo: quel “Restiamo umani” di Vittorio Arrigoni che risuona forte ancora oggi.

Il punto è che, nella ricostruzione della vicepresidente, la Provincia di Perugia non resta spettatore. "L’Ente Provincia vuole collocarsi dalla parte del dialogo, della cooperazione, della democrazia e della pace dal basso". Qui non c’è solo la cronaca di una manifestazione, ma l’indicazione di una linea: portare le istituzioni territoriali dentro una rete di azioni misurabili, dall’educazione alla pace fino ai progetti di cooperazione internazionale, in sinergia con Comuni, scuole, terzo settore e università.

È la traduzione locale di una domanda globale – come fermare l’escalation – che per l’Umbria ha una sponda storica: Assisi.

Assisi come bussola: la vicepresidente della Provincia di Perugia Laura Servi e l'appello per la pace a Gaza

Il 21 settembre, nella cornice della Giornata internazionale della Pace, la XVIII edizione del Festival ad Assisi ha offerto a Laura Servi un palcoscenico per fissare una gerarchia di priorità. "Senza pace non c’è futuro, non c’è giustizia sociale, non c’è sviluppo sostenibile", ha detto. E ancora: "La pace non è un concetto astratto, ma una scelta politica concreta che si manifesta attraverso la richiesta di fermare questa escalation militare e la folle corsa al riarmo".

Il lessico è quello della diplomazia attiva, ovvero chiedere “più investimenti in cooperazione internazionale” e “centralità della diplomazia per risolvere i conflitti”. In controluce, una critica al dibattito europeo e italiano, ritenuto ripiegato sulle definizioni più che sull’azione.

La parola contesa: perché è così difficile ammettere che si tratta di genocidio

Servi non elude il terreno più scivoloso: l’uso della parola 'genocidio'. "Si è passato troppo tempo a disquisire sull’opportunità o meno di usare la parola genocidio viste la sentenze della Corte internazionale di giustizia e della Commissione di giustizia dell’Onu. Si tratta di genocidio". È una presa di posizione che sposta l’asse dal piano semantico a quello della responsabilità politica, facendo appello agli strumenti del diritto internazionale.

Europa e Italia sotto esame: umanitarismo dal basso e vuoto dall’alto

Il j’accuse di Servi è diretto. "Quello che resta evidente e inconfutabile è l’assenza del Governo italiano e dell’Europa negli aiuti infatti a portare soccorsi alimentari e medicinali a Gaza sono i volontari della Global Sumud Flotilla, che stanno mettendo a rischio la loro stessa vita". Nel quadro tracciato, il protagonismo è di reti civiche e umanitarie che riempiono un vuoto politico.

La richiesta, allora, è di “promuovere la pace ed il dialogo rifiutando le politiche per il riarmo”, con un’attenzione alle parole nello spazio pubblico: Servi definisce inaccettabile "dover ascoltare addirittura chi chiede di definire un bambino", un richiamo a non disumanizzare il conflitto.

Cosa può fare un territorio: agenda minima per le istituzioni locali

La lezione politica che arriva dall’Umbria è duplice: il territorio non sostituisce la geopolitica, ma può orientare scelte reali. Una possibile agenda minima parte da tre capitoli.

  • Primo: educazione civica e percorsi scolastici sulla risoluzione non violenta dei conflitti, con gemellaggi e scambi culturali con comunità mediorientali.
  • Secondo: cooperazione decentrata, ridando fiato ai bandi per progetti sanitari, educativi e di ricostruzione, coinvolgendo ONG con presenza in loco.
  • Terzo: advocacy istituzionale, con atti formali (ordini del giorno, mozioni) che chiedano a Governo e UE corridoi umanitari permanenti, cessate il fuoco e controllo sull’export di armamenti.

Perché, per dirla con Servi, la pace non è un concetto astratto: o diventa politica pubblica, o resta parola vuota.

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Giorgia Sdei
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