Durante la scorsa settimana, il Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro di Terni, unitamente a personale della locale Stazione Carabinieri, ha effettuato diversi controlli nell'aziende di Narni, riscontrando due braccianti in nero per un'azienda che è stata sospesa ed è arrivata una maxi sanzione per i titolari.
Effettuando dei controlli straordinari per cercare di contrastare il fenomeno del caporalato, il Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro di Terni e il personale della Stazione Carabinieri di Narni, hanno effettuato un'ispezione accurata nei confronti di varie aziende agricole presenti nel territorio.
Le verifiche, finalizzate al contrasto dell’intermediazione illecita e dello sfruttamento del lavoro in agricoltura, hanno portato le forze dell'ordine a riscontrare la presenza di braccianti stranieri provenienti da Senegal, India, Romania ed Albania, per una ditta.
L'attività opera nell’ambito della coltivazione di noccioleti, che si estendono nel Narnese per circa 3 ettari e i suoi frutti vengono destinati alla filiera nazionale della produzione di creme spalmabili. I militari, riscontrando 2 lavoratori in nero, di origine balcanica, rispetto agli 8 presenti al momento del controllo, hanno eseguito l'ordinanza di sospensione dell’attività imprenditoriale. I titolari della ditta, italiani residenti nel Viterbese, sono stati, inoltre, colpiti da sanzioni amministrative per complessivi 12.250 euro.
Continua la lotta al caporalato in Umbria. C'è ancora un processo a Perugia in corso per un caso emerso nelle scorse settimane. Le accuse di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro sono rivolte nei confronti del presidente di una cooperativa sociale e di una consigliera del cda.
31 braccianti, infatti, avrebbero lavorato tra il 2018 e il 2021 per condizioni economiche infime in agriturismi, cantine e aziende agricole umbre per la raccolta di uva e olive, la coltivazione di frutta e verdura e l’allevamento di maiali.
"Gli stranieri, provenienti da Paesi come Pakistan, Sierra Leone, Senegal, Gambia e Nigeria, ma anche Costa d’Avorio, Niger, Marocco, Guinea Bissau e Tunisia, in alcuni casi sarebbero stati sottopagati e costretti a turni massacranti, fino a 10 ore al giorno per sei giorni alla settimana, con stipendi irrisori: alcuni - si legge nelle carte del pm - avrebbero percepito 1,87 euro all’ora".
Operai pagati poco e altri costretti a trasportare pesanti cassette di frutta e verdura senza adeguati dispositivi di sicurezza. Queste le accuse rivolte ai due titolari e per la Procura sussisterebbero "gravi violazioni in materia di orari, riposi e misure di prevenzione sanitaria, con l’aggravante delle minacce rivolte ai braccianti per impedirne le denunce e la mancata concessione del permesso di soggiorno per lavoro".
Un fenomeno quello del caporalato, quindi, che (purtroppo) rappresenta una costante, anche in Umbria come testimoniano gli ultimi dati sul caporalato della Cgia di Mestre. L'economia irregolare in Umbria vale quasi un miliardo di euro l'anno e coinvolge oltre 40mila lavoratori. I numeri collocano l'Umbria immediatamente a ridosso delle regioni del Mezzogiorno, che sono le più afflitte da piaga. Secondo i dati Istat 2021 rielaborati dalla Cgia, gli occupati non regolari sono stimati in 41.700 con un tasso dell'11,4%. Dato peggiore di tutte le regioni del Centro Nord e oltre la media italiana.
"Lo sfruttamento del lavoro irregolare e l'intermediazione illecita coinvolgono soprattutto edilizia e agricoltura - spiega la Cgia di Mestre nel suo studio - Il lavoro irregolare spesso assume i contorni del caporalato. A favorire lo sfruttamento nei campi sono la stagionalità e i luoghi di lavoro spesso isolati. Donne, migranti e persone in difficoltà economiche sono le prime vittime dei "caporali", finendo nelle maglie di una rete illecita che si rivolge in primis sui più deboli".