Nell’ambito di un’intensa campagna nazionale volta a contrastare il fenomeno del caporalato, i Carabinieri hanno condotto una serie di controlli approfonditi nella provincia di Perugia. L’operazione, condotta dall’Arma dei Carabinieri in collaborazione con il Nucleo Ispettorato del Lavoro di Perugia, ha portato alla denuncia di sei imprenditori agricoli e di allevamento, accusati di gravi violazioni alla legislazione vigente in materia di lavoro e sicurezza. Complessivamente, per quanto riguarda il sospetto caporalato in provincia di Perugia, sono state elevate sanzioni amministrative per un totale di oltre 50.000 euro.
Perugia: è lotta al caporalato anche in Umbria
L’attività ispettiva dei Carabinieri è stata preceduta da un’attenta analisi dei dati disponibili nelle banche dati a disposizione dell’Arma. Questa fase preliminare ha permesso di identificare le aziende a maggior rischio di irregolarità. Concentrando così i controlli su imprese potenzialmente coinvolte nel caporalato e in altre forme di sfruttamento lavorativo. Le verifiche si sono concentrate su aziende situate nei comuni di Marsciano, Umbertide, Castiglione del Lago e Bastia Umbra, aree ad alta l’intensa attività agricola e di allevamento. Due settori, questi, in cui il caporalato purtroppo è ancora molto diffuso.
Le indagini hanno portato al deferimento in stato di libertà di sei persone di età compresa tra i 33 e i 72 anni. Tutte operanti nel settore agricolo e zootecnico. Gli imprenditori coinvolti nella provincia di Perugia, i cui reati vanno dal caporalato a violazioni delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, sono stati denunciati alle Procure della Repubblica di Perugia e Spoleto. Tra le accuse mosse figurano la mancata adozione di idonei presidi antincendio e la mancanza di dispositivi di protezione individuale (DPI) per i lavoratori. Oltre ad altre gravi infrazioni che mettono a rischio la salute e la sicurezza dei dipendenti.
Condizioni di vita inaccettabili: il caso di Bastia Umbra
Un caso particolarmente grave si riscontra in un’azienda avicola con sede operativa nel comune di Bastia Umbra. Durante l’ispezione, i Carabinieri hanno trovato due lavoratori di origine indiana che operavano e vivevano in condizioni di estremo degrado. I due infatti, privi di permesso di soggiorno, erano costretti a dormire in un locale abusivo ricavato all’interno dello spogliatoio aziendale. Le condizioni igieniche erano particolarmente critiche e hanno messo in evidenza gravi violazioni alle norme di sicurezza, tra cui la presenza di bombole di gas all’interno dello stesso ambiente. L’intero locale, situato adiacente al capannone del pollame, versava in condizioni igieniche deplorevoli. In definitiva esso rappresentava un pericolo sia per i lavoratori sia per l’attività aziendale stessa.
Durante il controllo, un terzo lavoratore di origine peruviana e in possesso di regolare permesso di soggiorno è stato anch’egli trovato impiegato in maniera irregolare. Il locale abusivo utilizzato come abitazione è stato immediatamente posto sotto sequestro dai Carabinieri, mentre l’attività produttiva dell’azienda non è stata sospesa. Questo perché, trattandosi di una struttura zootecnica, essa è considerata essenziale per il ciclo produttivo.
Sanzioni per oltre 50 mila euro, un segno forte nella lotta al caporalato a Perugia
Le sanzioni comminate agli imprenditori coinvolti riflettono la gravità delle irregolarità riscontrate. Le multe amministrative complessive ammontano a oltre 50.000 euro, con una particolare enfasi sulle violazioni relative alla sicurezza sui luoghi di lavoro. L’azienda avicola di Bastia Umbra, quella in cui sono state scoperte le condizioni più critiche, ha ricevuto ammende per un totale di 30.000 euro. Una cifra significativa che rappresenta un monito per tutte le imprese del settore e che vuole puntare l’attenzione ancora una volta sull’importanza del rispetto delle normative vigenti.
L’operazione condotta dai Carabinieri nella provincia di Perugia rappresenta un segnale forte nella lotta al caporalato. Un fenomeno che in tutta Italia continua a colpire i lavoratori più vulnerabili, spesso immigrati irregolari costretti a vivere e lavorare in condizioni disumane. Un intervento di questa portata dimostra come un’azione coordinata e mirata, basata su un’attenta analisi dei dati, possa portare a risultati concreti nella tutela dei diritti dei lavoratori. E nel contrasto a pratiche illecite che minano la dignità umana e il rispetto delle normative.