22 Sep, 2025 - 15:32

Capanne, dopo il suicidio la sindaca Ferdinandi scrive una lettera alle detenute: "Non siete dimenticate"

Capanne, dopo il suicidio la sindaca Ferdinandi scrive una lettera alle detenute: "Non siete dimenticate"

Il suicidio di una donna di 35 anni nella sezione femminile del carcere di Perugia-Capanne non è solo una ferita che lacera la comunità: è uno spartiacque politico. A fronte di una tragedia che interroga istituzioni, sanità e giustizia, anche la sindaca Vittoria Ferdinandi - dopo la presidente di Regione Stefania Proietti - sceglie la via dell’ascolto e dell’impegno con una lettera alle detenute.

Un gesto simbolico che, per essere all’altezza del dolore di questi giorni, deve tradursi in un’agenda di interventi concreti: sul sovraffollamento, sulla cura del disagio psichico, sul rafforzamento degli organici e sulle misure alternative alla detenzione.

La lettera della sindaca: dal conforto all’impegno

Nel giorno più difficile il Comune prova a farsi presente dietro le sbarre. Nelle sue righe indirizzate alle donne di Capanne, la sindaca di Perugia Vittoria Ferdinandi scrive: “Care Ragazze, in questi giorni così difficili desidero farvi arrivare tutta la mia vicinanza e quella della città di Perugia”. Non solo cordoglio, ma riconoscimento del valore e della voce di chi sconta una pena: “Vi scrivo perché sappiate che non siete dimenticate, che la vostra vita conta e che la vostra voce merita di essere ascoltata”, scrive.

La prospettiva è quella di un “tempo capace di aprire strade nuove”, se istituzioni, direzione del carcere, personale, volontariato e terzo settore lavorano insieme per formazione, lavoro, cultura e legami familiari. Il passaggio chiave è la promessa di continuità: “Vi siamo accanto oggi e continueremo ad esserlo domani, trasformando insieme il dolore di questi giorni in un impegno concreto perché nessuna di voi si senta sola”, conclude Ferdinandi. 

Capanne, il nodo strutturale: sovraffollamento e salute mentale

Il contesto è quello di un istituto sotto pressione. Secondo i dati diffusi dalle organizzazioni sindacali, a Perugia sono presenti 495 detenuti (di cui 70 donne) a fronte di 313 posti: un tasso di sovraffollamento vicino al 58%. La donna che si è tolta la vita soffriva di patologie psichiatriche: un fronte ormai centrale nell’esecuzione penale, dove la presa in carico resta intermittente e i percorsi terapeutici faticano a superare i muri.

In questo scenario, ogni episodio di autolesionismo o di violenza accende i riflettori sull’insufficienza dell’assistenza sanitaria e sulla necessità di un’integrazione reale tra sistema penitenziario, Dipartimento di salute mentale e Terzo settore.

Le istituzioni regionali: l’allarme del Garante

Il Garante regionale delle persone private della libertà, Giuseppe Caforio, parla di “profondo dolore e anche un senso di sconforto e sconfitta”. E aggiunge: “È un fatto gravissimo in un momento in cui gli sforzi per cercare di migliorare le condizioni nelle carceri umbre si stanno moltiplicando, anche se i risultati tardano ad arrivare”.

In attesa della piena operatività del Provveditorato Umbria–Marche, Caforio fotografa una realtà in cui “la situazione permane fortissimamente grave”, con episodi in aumento di autolesionismo e aggressioni alla Polizia penitenziaria. Un monito che chiede strumenti straordinari per alleggerire la pressione: misure alternative, trasferimenti mirati, potenziamento dell’assistenza psicologica.

Il grido dei sindacati: numeri e rischi per chi lavora

Sulla linea del fronte, la Uilpa Polizia Penitenziaria ricorda che i suicidi tra i detenuti dall’inizio del 2025 sono 61, a cui si sommano tre operatori. Sono "numeri inconcepibili per un paese che voglia dirsi civile”, sottolinea il segretario generale Gennarino De Fazio.

La fotografia degli organici è impietosa: a Capanne, 196 agenti a fronte di un fabbisogno di almeno 338, a livello nazionale 63.160 reclusi per 46.545 posti regolamentari e una carenza di oltre 20.000 unità. Gli effetti? Turni estenuanti, talvolta fino a 26 ore, e oltre 2.300 aggressioni nel 2025. Non stupisce allora la denuncia: “Queste condizioni trasformano le carceri in gironi infernali, non solo per chi vi è ristretto ma anche per chi vi lavora”.

Cosa serve adesso: una piattaforma di azioni concrete

Se la lettera della sindaca è un segnale di attenzione, il passo successivo è un patto operativo chiaro. Tre priorità:

  • 1) un tavolo permanente con Prefettura, Asl, magistratura di sorveglianza e Terzo settore per affrontare la salute mentale in carcere;
  • 2) un piano locale per il lavoro delle detenute con tirocini e incentivi alle imprese;
  • 3) pressione politica verso Governo e Dap per organici, misure alternative e attuazione del Provveditorato Umbria–Marche.

La dignità in cella non è un concetto astratto: è una politica concreta, e Perugia ha il dovere di dimostrarlo.

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Giorgia Sdei
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