25 Apr, 2025 - 10:00

25 aprile, nelle vene dell’Umbria scorre la memoria: la Resistenza e il valore della Liberazione

25 aprile, nelle vene dell’Umbria scorre la memoria: la Resistenza e il valore della Liberazione

In Umbria, tra il settembre 1943 e l'estate del 1944, la guerra partigiana non fu una parentesi marginale, ma un nodo centrale del riscatto democratico. A Perugia, Spoleto, Gubbio, nei Monti Martani o nella Valnerina, si snodarono le trame di una lotta feroce, fatta di eroismi e brutalità. La Resistenza in questa regione fu forte e sentita, fatta di operazioni clandestine, attacchi mirati e diserzioni coraggiose. E oggi, a 80 anni di distanza dalla Liberazione dell'Italia dai nazifascisti, ricordare chi combatté per la libertà è un atto dovuto. Non è un caso se Piero Calamandrei, padre costituente, invitava i giovani a "andare col pensiero dove caddero i partigiani", perché è da quelle montagne, da quelle celle e da quei campi che prese forma la nostra Costituzione.

Verso la Liberazione del 25 aprile: la Resistenza in Umbria

Già l'8 settembre 1943, a Perugia, si avvertiva la tensione. Manifestazioni, arresti, retate: una pattuglia sparò sui giovani che affiggevano manifesti antifascisti. Nei giorni successivi, i primi nuclei partigiani si formarono attorno alla Brigata "F. Innamorati", mentre nella Spoleto occupata, Ernesto Melis e suo padre organizzavano l'evasione dei detenuti politici, sfidando la rappresaglia nazifascista. Un nome fra tutti, quello del tenente slavo Dobrich Milan, evaso e diventato guida della "Banda dei Monti Martani".

Quella umbra fu una Resistenza pluralista, con brigate garibaldine, formazioni autonome, GAP, gruppi religiosi e contadini armati. Tra sabotaggi e incursioni, ogni paese scrisse la sua pagina: a Deruta vennero disarmate le caserme fasciste; a Gualdo Tadino la V Brigata Garibaldi assaltò la stazione dei carabinieri; a Monte Tezio i partigiani, quasi disarmati, guidavano renitenti e disertori nei boschi.

Eccidi, rastrellamenti, rappresaglie: quando la libertà costava la vita

Accanto alla lotta, la repressione fu brutale. L'Umbria pagò un tributo di sangue altissimo. Nel marzo 1944, nella zona tra Deruta, Gualdo Cattaneo e i Monti Martani, la Divisione Goering circondò e fucilò interi gruppi partigiani. A Gubbio, il 22 giugno 1944, quaranta cittadini furono uccisi all'alba, colpevoli solo di vivere in un luogo dove i GAP avevano attaccato due ufficiali tedeschi. Costretti a scavarsi la fossa, vennero fucilati uno a uno, sotto lo sguardo muto del paese.

In Valnerina, le stragi furono sistematiche. A Monteleone di Spoleto, otto civili vennero giustiziati per rappresaglia. A Leonessa, tra il marzo e l'aprile 1944, si consumò una delle più grandi stragi nazifasciste: 51 vittime, tra cui sacerdoti, donne e ragazzi, colpiti da una violenza cieca e pianificata. La delazione alimentò il cerchio infernale della morte: la spia Rosina Cesaretti condusse i rastrellatori casa per casa, ordinando fucilazioni perfino all'interno delle famiglie.

La guerra ai civili divenne quindi una vera e propria strategia. A Umbertide, a giugno 1944, dodici contadini, tra cui bambini, vennero arsi vivi in una stalla. A Città di Castello, quattordici persone furono fatte saltare in aria. L'obiettivo non era solo militare, ma intimidire la popolazione, spezzarne la volontà di resistere.

Il 25 aprile e il dovere della memoria: non è un anniversario, è un impegno

Il 25 aprile è, per l'Umbria, la giornata in cui ogni angolo della regione si fa eco delle voci di chi ha scelto la libertà al posto del silenzio. È la data in cui i nomi incisi sui monumenti tornano a essere persone, famiglie, sogni spezzati. Ma è anche un invito al presente: ricordare, oggi, non significa solo commemorare. Significa difendere la Costituzione nata da quella lotta, e vigilare affinché mai più si spengano le voci della democrazia.

Ogni paese del cuore verde d'Italia ha la sua lapide, ogni borgo una storia. A Perugia, Terni e Spoleto, le celebrazioni del 25 aprile sono ancora oggi un rito laico e collettivo. Il messaggio che l'Umbria consegna è chiaro: la Resistenza non è finita. Vive nella scelta quotidiana di stare dalla parte della libertà, della solidarietà, della giustizia. Perché, come scriveva Calamandrei, “è lì che è nata la nostra Costituzione”.

Per questo motivo il 25 aprile non è una data come un'altra e non si accettano appelli alla "sobrietà". Si tratta di un testimone che l'Umbria e l'Italia tutta consegna al futuro. Tra le pieghe della sua terra, la lotta partigiana ha lasciato segni indelebili: storie di coraggio, sangue e dignità che ancora oggi parlano al presente.

AUTORE
foto autore
Giorgia Sdei
condividi sui social
condividi su facebook condividi su x condividi su linkedin condividi su whatsapp
ARTICOLI RECENTI
LEGGI ANCHE