In Umbria, tra il settembre 1943 e l'estate del 1944, la guerra partigiana non fu una parentesi marginale, ma un nodo centrale del riscatto democratico. A Perugia, Spoleto, Gubbio, nei Monti Martani o nella Valnerina, si snodarono le trame di una lotta feroce, fatta di eroismi e brutalità. La Resistenza in questa regione fu forte e sentita, fatta di operazioni clandestine, attacchi mirati e diserzioni coraggiose. E oggi, a 80 anni di distanza dalla Liberazione dell'Italia dai nazifascisti, ricordare chi combatté per la libertà è un atto dovuto. Non è un caso se Piero Calamandrei, padre costituente, invitava i giovani a "andare col pensiero dove caddero i partigiani", perché è da quelle montagne, da quelle celle e da quei campi che prese forma la nostra Costituzione.
Già l'8 settembre 1943, a Perugia, si avvertiva la tensione. Manifestazioni, arresti, retate: una pattuglia sparò sui giovani che affiggevano manifesti antifascisti. Nei giorni successivi, i primi nuclei partigiani si formarono attorno alla Brigata "F. Innamorati", mentre nella Spoleto occupata, Ernesto Melis e suo padre organizzavano l'evasione dei detenuti politici, sfidando la rappresaglia nazifascista. Un nome fra tutti, quello del tenente slavo Dobrich Milan, evaso e diventato guida della "Banda dei Monti Martani".
Quella umbra fu una Resistenza pluralista, con brigate garibaldine, formazioni autonome, GAP, gruppi religiosi e contadini armati. Tra sabotaggi e incursioni, ogni paese scrisse la sua pagina: a Deruta vennero disarmate le caserme fasciste; a Gualdo Tadino la V Brigata Garibaldi assaltò la stazione dei carabinieri; a Monte Tezio i partigiani, quasi disarmati, guidavano renitenti e disertori nei boschi.
Accanto alla lotta, la repressione fu brutale. L'Umbria pagò un tributo di sangue altissimo. Nel marzo 1944, nella zona tra Deruta, Gualdo Cattaneo e i Monti Martani, la Divisione Goering circondò e fucilò interi gruppi partigiani. A Gubbio, il 22 giugno 1944, quaranta cittadini furono uccisi all'alba, colpevoli solo di vivere in un luogo dove i GAP avevano attaccato due ufficiali tedeschi. Costretti a scavarsi la fossa, vennero fucilati uno a uno, sotto lo sguardo muto del paese.
In Valnerina, le stragi furono sistematiche. A Monteleone di Spoleto, otto civili vennero giustiziati per rappresaglia. A Leonessa, tra il marzo e l'aprile 1944, si consumò una delle più grandi stragi nazifasciste: 51 vittime, tra cui sacerdoti, donne e ragazzi, colpiti da una violenza cieca e pianificata. La delazione alimentò il cerchio infernale della morte: la spia Rosina Cesaretti condusse i rastrellatori casa per casa, ordinando fucilazioni perfino all'interno delle famiglie.
La guerra ai civili divenne quindi una vera e propria strategia. A Umbertide, a giugno 1944, dodici contadini, tra cui bambini, vennero arsi vivi in una stalla. A Città di Castello, quattordici persone furono fatte saltare in aria. L'obiettivo non era solo militare, ma intimidire la popolazione, spezzarne la volontà di resistere.
Il 25 aprile è, per l'Umbria, la giornata in cui ogni angolo della regione si fa eco delle voci di chi ha scelto la libertà al posto del silenzio. È la data in cui i nomi incisi sui monumenti tornano a essere persone, famiglie, sogni spezzati. Ma è anche un invito al presente: ricordare, oggi, non significa solo commemorare. Significa difendere la Costituzione nata da quella lotta, e vigilare affinché mai più si spengano le voci della democrazia.
Ogni paese del cuore verde d'Italia ha la sua lapide, ogni borgo una storia. A Perugia, Terni e Spoleto, le celebrazioni del 25 aprile sono ancora oggi un rito laico e collettivo. Il messaggio che l'Umbria consegna è chiaro: la Resistenza non è finita. Vive nella scelta quotidiana di stare dalla parte della libertà, della solidarietà, della giustizia. Perché, come scriveva Calamandrei, “è lì che è nata la nostra Costituzione”.
Per questo motivo il 25 aprile non è una data come un'altra e non si accettano appelli alla "sobrietà". Si tratta di un testimone che l'Umbria e l'Italia tutta consegna al futuro. Tra le pieghe della sua terra, la lotta partigiana ha lasciato segni indelebili: storie di coraggio, sangue e dignità che ancora oggi parlano al presente.