L'ingresso dell'Umbria nella ZES unica apre nuove opportunità e viene accolta con grande entusiasmo dalla presidente di Regione Stefania Proietti e dalla consigliera regionale della Lega ed ex presidente Donatella Tesei. Anche i sindacati si dicono soddisfatti ma CGIL e CISL sollecitano un confronto serio e soprattutto investimenti mirati per rilanciare l'economia regionale.
L'ingresso dell'Umbria nella Zona Economica Speciale unica, sancito dal recente provvedimento del Consiglio dei Ministri, è stato accolto con favore dai principali attori sociali della regione. L'entusiasmo iniziale, però, lascia presto spazio a richieste precise: è ora che alle dichiarazioni seguano fatti concreti.
A esprimere questa posizione è la segretaria generale della CGIL Umbria, Maria Rita Paggio, che pur riconoscendo il valore dell’inclusione della regione nella ZES, pone l’accento sulla necessità di aprire quanto prima "un confronto serio e serrato sulle scelte da attuare con la definizione di tempi e risorse certe".
La sindacalista sottolinea come l'attuale situazione economica dell'Umbria non sia frutto del caso, ma il risultato di anni di sottovalutazione e di mancato ascolto da parte delle istituzioni regionali. "Dopo anni di denunce cadute nel vuoto sullo stato di progressivo deterioramento dell'economia regionale, il governo riconosce, come non ha fatto per 5 anni la giunta regionale Tesei, che in Umbria non va tutto bene". A supporto di questa affermazione, Paggio richiama i dati della Banca d’Italia, che recentemente hanno collocato l’Umbria in fondo alla classifica nazionale per andamento economico, segnando una costante perdita di attrattività e competitività.
Anche la CISL Umbria, attraverso le parole del suo segretario generale Angelo Manzotti, riconosce l’inserimento della regione nella ZES come una potenziale svolta, ma ammonisce: "La ZES non è un punto di arrivo, bensì un punto di partenza". Manzotti ribadisce la necessità di un cambiamento strutturale che vada oltre l’incentivo fiscale, puntando su un vero "patto per il lavoro" che metta al centro le persone, soprattutto i giovani.
Tra i nodi principali evidenziati dalla CISL vi sono la scarsa produttività, gli stipendi più bassi d’Italia, un tasso elevato di infortuni sul lavoro e un crescente divario infrastrutturale. Per invertire questa tendenza, il sindacato propone un modello di sviluppo che promuova il lavoro stabile e qualificato, rinnovando i contratti collettivi in modo tempestivo e incentivando la permanenza delle nuove generazioni nel territorio. "Se non si interviene rapidamente, fra 10 anni l’Umbria rischia di diventare una regione prevalentemente anziana", avverte Manzotti.
La sfida che si apre ora è trasformare la ZES da misura straordinaria a leva strutturale per il rilancio economico dell’Umbria. In quest’ottica, la CISL rilancia la proposta di un patto sociale da sottoporre alla nuova Giunta regionale guidata da Stefania Proietti, superando le divisioni ideologiche che hanno segnato il passato. "Dobbiamo lavorare insieme per rilanciare una regione dalle enormi potenzialità, ma schiacciata da un declino sociale, demografico ed economico".
Il sindacato sottolinea anche la necessità di coinvolgere l’intero sistema produttivo, a partire dalle PMI, cuore pulsante dell’economia umbra. È attraverso un gioco di squadra che si potranno intercettare capitali internazionali e consolidare relazioni commerciali con mercati emergenti, come Asia e Sudamerica, in vista anche di accordi strategici come il trattato Mercosur. Per Manzotti, "è tempo di superare le divisioni politiche ed ideologiche e fare tutti rete: istituzioni, parti sociali, associazioni datoriali".
L’inclusione dell’Umbria nella ZES unica rappresenta indubbiamente una finestra di opportunità, ma da sola non può bastare a risollevare le sorti di una regione che da anni soffre di stagnazione e spopolamento. La richiesta dei sindacati è chiara: costruire una visione condivisa di sviluppo, che abbia come pilastri l’occupazione stabile, la partecipazione, la valorizzazione dei territori e il benessere delle persone. In altre parole, trasformare una misura economica in una politica di futuro.