Terni è la prima città in Italia ad introdurre il tesserino identificativo per i rider. Un dispositivo che è il risulato del lavoro congiunto, durato diversi mesi, fra l'assessorato alle Attività Produttive guidato da Sergio Cardinali e quello al Commercio dell'assessora Stefania Renzi. Il nuovo tesserino a Terni è regolamentato da un articolo ad hoc, il 65 bis, che ha modificato il Regolamento di Polizia Urbana.
La misura è nata allo scopo di garantire maggiori tutele sia ai lavoratori che ai consumatori oltre che per combattere l'anonimato e il fenomeno del caporalato degli account. A richiederelo, al costo di 20 euro e dopo la compilazione dell'apposita modulistica, deve essere lo stesso ciclofattorino. La Nidil Cgil di Terni, la sigla dei lavoratori autonomi e atipici, però non ci sta e ha evidenziato una serie di aspetti contoversi che, denuncia, gravano sulle spalle dei lavoratori invece che fare chiarezza sui meccanismo opachi delle piattaforme del delivery.
Barbara Silvestrini, segretario generale di Nidil Cgil Terni parla di "un provvedimento iniquo e punitivo che dietro l’apparente intento di garantire sicurezza e legalità, si scarica sui lavoratori autonomi più poveri la responsabilità di un sistema in cui le piattaforme continuano a eludere obblighi contrattuali, previdenziali e di sicurezza. Invece di intervenire sulle aziende del food delivery, si colpiscono i singoli rider, imponendo loro nuovi costi e adempimenti burocratici".
Silvestrini definisce il tesserino come "una nuova gabella sui lavoratori poveri" che "rischia di aggravare la condizione di chi già vive in una situazione di precarietà estrema, alimentando discriminazioni e irregolarità".
Tra le novità introdotte dal tesserino c'è la facoltà per gli esercizi commerciali di rifiutare la consegna se lo stesso non è esposto dal rider. Sono inoltre previste multe da 80 a 480 euro nel caso in cui vengano riscontrate irregolarità.
"Mentre l’Unione Europea - prosegue Silvestrini -, con la direttiva 2024/2831, si muove per riconoscere diritti e tutele ai lavoratori delle piattaforme, Terni introduce un regolamento che va nella direzione opposta, burocratizzando il lavoro e criminalizzando la povertà, anziché intervenire sui modelli di business elusivi delle piattaforme".
Dal sindacato la richiesta verso il Comune di Terni è quella "di ritirare o sospendere l’attuazione della delibera e di aprire un tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali". Gli obiettivi sono "garantire la sicurezza alimentare e la tracciabilità attraverso il controllo sulle piattaforme, non sui lavoratori; promuovere l’applicazione del decreto legislativo 81/2008 in materia di salute e sicurezza; favorire il riconoscimento dei rider come lavoratori etero-organizzati, con i diritti e le tutele dei subordinati; promuovere la creazione di uno spazio condiviso, in centro città, per garantire possibilità di ristoro, di utilizzare servizi igienici, riparare i propri mezzi di lavoro e avere adeguata assistenza sindacale per questi lavoratori".
"La legalità non si costruisce con nuove tasse sui lavoratori poveri – conclude Silvestrini –, ma con regole chiare per chi trae profitto dal loro lavoro. Serve una politica che guardi alle cause dello sfruttamento digitale, non ai suoi effetti".
In Italia così come nel resto d'Europa, soprattutto dopo la pandemia, la presenza dei rider è cresciuta esponenzialmente. Secondo stime recenti nel nostro Paese sarebbero almeno 30mila i lavoratori che, nel giro di poco, garantiscono la consegna a casa direttamente da bar, ristoranti e pizzerie di zona.
Quello del rider è lavoro rispetto al quale l'inquadramento contrattuale è stato spesso oggetto di aspre polemiche, tra incertezze e buchi normativi che riguardano anche il funzionamento stesso delle piattaforme online dove ai rider non è consentito di interagire con l'algoritmo.