Tra le decine di progetti e opere provenienti da tutto il mondo, anche Terni è protagonista nella nuova, imponente mostra ospitata dal MAXXI di Roma, “Stadi. Architettura e mito”, dedicata al complesso intreccio tra sport, progettazione e società. La città umbra si ritaglia uno spazio simbolicamente potentissimo grazie a un dipinto di Orneore Metelli: Le acciaierie di Terni, databile tra il 1922 e il 1938.
Un quadro che non è solo un’opera d’arte, ma un manifesto visivo dell’identità di una città cresciuta tra acciaio, lavoro e passione sportiva. Sullo sfondo dello stabilimento siderurgico, tra le sue ciminiere e i tetti metallici, si distingue infatti il campo sportivo di viale Brin: un dettaglio che non è soltanto paesaggistico, ma profondamente simbolico. In esso, si condensano storia sociale, appartenenza collettiva e vocazione operaia.
A sottolineare il valore di questa partecipazione è l’assessore alla Cultura del Comune di Terni, Michela Bordoni, che con orgoglio ha dichiarato:
“Essere al MAXXI con un’opera del nostro patrimonio è motivo di orgoglio per tutta la città. La cultura è radice, ma anche visione: significa raccontare chi siamo, portare la nostra storia fuori dai confini locali, far dialogare Terni con il mondo”. Un’affermazione che va oltre la semplice presenza in una mostra prestigiosa, e che si collega a un progetto più ampio di promozione culturale e identitaria della città.
“Promuovere il territorio attraverso l’arte è un dovere istituzionale e un atto politico consapevole. La bellezza che ci appartiene non va conservata in silenzio, ma condivisa con coraggio. Terni merita di essere presente, riconosciuta, raccontata”, ha aggiunto Bordoni, chiarendo come la strategia culturale dell’amministrazione punti a valorizzare il patrimonio artistico e a rafforzare la memoria collettiva in chiave contemporanea.
Il quadro di Metelli incarna in modo emblematico quel legame inscindibile tra sport e lavoro che ha segnato la storia della città. L’acciaieria, cuore pulsante della Terni del primo Novecento, non è soltanto uno sfondo: è un simbolo identitario che ha modellato la vita quotidiana, la geografia urbana e persino l’immaginario collettivo.
Accanto a essa, il campo sportivo di viale Brin - storico stadio cittadino - rappresenta il luogo della comunità, del gioco e della passione condivisa. Metelli, con la sua visione teatrale e sintetica della realtà, riesce a tenere insieme questi due mondi in un solo colpo d’occhio, facendo emergere una Terni in cui lavoro e svago si rincorrono, si sovrappongono e si fondono.
La partecipazione di Terni al MAXXI è molto più di una vetrina: è il prosieguo di un percorso portato avanti dall'amministrazione che mette al centro l’identità culturale della città come elemento strategico per il suo sviluppo. La pittura di Metelli, con la sua forza evocativa e la sua autenticità, diventa così il simbolo di una città che sa guardare al futuro partendo dalla propria storia.
Nato a Terni nel 1872, Orneore Metelli è una figura atipica e affascinante dell’arte italiana del Novecento. Di professione calzolaio, per anni fu noto in città più per le sue scarpe che per le sue tele. Solo in età avanzata, spinto da problemi di salute che lo allontanarono dalla musica – altra sua grande passione – iniziò a dedicarsi con costanza alla pittura.
Autodidatta, lontano dai circuiti ufficiali dell’arte, Metelli sviluppò uno stile naif che è stato definito “della memoria”: nei suoi quadri non c’è solo osservazione, ma evocazione, ricordo, teatralità. Come scrisse il critico Cesare Zavattini nel 1946: “Metelli sublima sempre la cosa, la persona, l’avvenimento, la sua stessa firma, con lo stile della memoria, essendo uno che più che vedere ricorda e, ancor più preciso, vede per ricordare”.
La sua carriera artistica conobbe un punto di svolta grazie all’incontro con lo scultore Aurelio De Felice, che nel 1936 lo incoraggiò a mostrare le sue opere e a credere nel proprio talento. Da quel momento, l’opera di Metelli iniziò a circolare prima localmente, poi a Roma, e infine anche all’estero, con successo di critica e pubblico, in particolare in Svizzera, dove le sue mostre postume riscossero grande interesse.