La riattivazione in deroga del punto nascita dell’ospedale “San Matteo degli Infermi” di Spoleto entra ufficialmente nell’agenda della sanità umbra. Il direttore generale dell’Asl 2 Roberto Noto ha avviato l’iter presso la Direzione regionale Salute su impulso della presidente della Giunta regionale Stefania Proietti.
L’obiettivo è restituire un presidio essenziale a un’area vasta e fragile, riducendo tempi di percorrenza spesso superiori a un’ora per raggiungere il primo reparto di ostetricia disponibile. È una partita che intreccia sicurezza materno‑infantile, diritto alla prossimità delle cure e tenuta demografica dei territori interni.
Nel documento di richiesta si sottolinea come il presidio spoletino, incardinato nella rete ospedaliera regionale Dea di I livello, sia punto di riferimento non solo per la città ma per l’intero distretto della Valnerina: un’area ampia per estensione, segnata da spopolamento e disagi strutturali, e inclusa nel cratere sismico del 2016.
Oggi molte comunità della zona impiegano oltre 60 minuti – la soglia ritenuta massima in sicurezza per una partoriente – per raggiungere Foligno, che è il punto nascita più vicino. La riapertura a Spoleto riporterebbe quei tempi “abbondantemente” sotto tale limite, ricucendo una frattura nell’accesso ai servizi: non un dettaglio, ma una condizione che incide direttamente sulla salute di madri e neonati e sulla vivibilità dei centri montani.
Il punto nascita spoletino ha sospeso l’attività nell’ottobre 2020 per la parziale e temporanea riconversione a ospedale Covid. Da allora, le donne che avrebbero afferito a Spoleto sono state indirizzate su Foligno, Terni e Perugia. Cinque anni dopo, la Regione avvia la procedura per ottenere la deroga alla soglia ministeriale dei 500 parti annui, richiamando “necessità orogeografiche oggettive” e la funzione di presidio di prossimità.
Il percorso amministrativo prevede il passaggio alla commissione regionale competente, che dovrà esprimere un parere prima dell’invio formale al Ministero della Salute: l’ultima parola spetta a Roma. È un iter tecnico, ma con una valenza politica e sociale evidente: riportare il parto in sicurezza a distanza ragionevole dalle comunità della Valnerina.
La riattivazione del punto nascita si inserisce in un progetto più ampio di valorizzazione del “San Matteo degli Infermi”. Negli ultimi mesi sono arrivati segnali concreti: la nomina del facente funzione alla guida della struttura complessa di Ginecologia e Ostetricia (vacante dal 1° ottobre), il potenziamento della dotazione di dirigenti anestesisti, e la previsione di nuove assunzioni di infermieri e operatori socio‑sanitari.
Nel piano rientra anche la riattivazione della Cardiologia e l’incremento delle attività di chirurgia robotica, tasselli che rafforzano la capacità dell’ospedale di gestire percorsi complessi e integrazione multispecialistica. In parallelo avanzano i cantieri finanziati dal PNRR: la Casa di comunità è in dirittura d’arrivo e sono pronti a partire i lavori di rinnovamento del Pronto soccorso. Se letti insieme, questi interventi disegnano un presidio più moderno, attrattivo per professionisti e affidabile per i cittadini.
La riapertura del punto nascita non è solo una questione organizzativa, significa ridurre rischi clinici legati a trasferimenti lunghi in caso di urgenze ostetriche, garantire un’assistenza perinatale di qualità vicino a casa e sostenere la scelta di restare nei paesi della Valnerina. In questi territori la sanità di prossimità è anche un fattore di coesione: convince le giovani coppie a non spostarsi altrove, sostiene i comuni nello sforzo di ripopolamento post‑sisma e rimette al centro il diritto a nascere, e far nascere, in sicurezza. È il senso profondo della deroga: adattare le regole a contesti orografici particolari, senza arretrare sugli standard di qualità.
Una volta acquisito il parere regionale e trasmessa la pratica al Ministero, sarà cruciale dimostrare la sostenibilità del servizio sul piano del personale e dei volumi. Gli innesti annunciati su anestesia, l’assetto di Ginecologia‑Ostetricia e i percorsi nascita integrati con Pediatria e Terapia intensiva neonatale di riferimento saranno determinanti per garantire sicurezza h24. Parallelamente, servirà una strategia di reclutamento stabile – magari con incentivi mirati per aree interne – per evitare riaperture “a singhiozzo”. La posta in gioco è alta: trasformare un’istanza amministrativa in un servizio concreto, continuo e ben radicato nel territorio.