È tornata a respirare la trattativa tra i lavoratori della Gls di Terni e l'azienda che gestisce il servizio in franchising. Dopo giorni di tensione, scioperi a oltranza e un presidio permanente davanti ai cancelli della sede di Maratta, il confronto si è riaperto con il contributo decisivo dell’amministrazione comunale. Ma ciò che emerge va ben oltre la contingenza: la vertenza Gls racconta una storia più ampia, quella di un settore, quello della logistica, divenuto simbolo delle distorsioni del mercato del lavoro italiano.
Il sindaco Stefano Bandecchi e l’assessore allo Sviluppo Economico Sergio Cardinali hanno scelto di esporsi apertamente, pur ribadendo il loro ruolo super partes. "Non spetta a noi entrare nella trattativa ma siamo soddisfatti di aver dato un contributo fattivo per la riapertura delle relazioni sindacali tra l'azienda e i lavoratori", hanno dichiarato in una nota. Una pressione politica, quella dell’amministrazione ternana, che ha costretto l’azienda e i vertici nazionali di Gls – oggi controllata dal gruppo ceco EPH – a prendere atto dell’impatto della protesta: un danno d’immagine in una regione già provata da una lunga crisi industriale.
La protesta dei lavoratori non nasce dal nulla. A Terni, come in molte altre aree dell’Italia centrale, la logistica è divenuta terreno fertile per forme contrattuali deboli, subappalti opachi e condizioni di lavoro sempre più fragili. I dipendenti in presidio denunciano tagli in busta paga fino a 400 euro, la cancellazione della copertura sanitaria, l’utilizzo quotidiano di furgoni in condizioni disastrose.
Il cuore del problema sta proprio qui: un sistema a cascata di appalti e subappalti che frammenta la responsabilità e lascia i lavoratori soli davanti alla precarietà. Molti lavoratori lamentano l’impossibilità di interfacciarsi direttamente con i veri responsabili, a causa della presenza di numerose società intermediarie che rendono opaco il sistema di appalti. Ed è anche per questo che la vicenda ternana assume una portata simbolica.
Il Comune di Terni ha scelto di non restare spettatore. Dopo aver incontrato la delegazione dei lavoratori e aver raccolto le istanze del presidio, l’amministrazione ha fatto pressione sulla Gls e sulle aziende coinvolte, ottenendo la riapertura del tavolo di trattativa. Il sindaco Bandecchi è netto: “Questa amministrazione si schiera dalla parte dei lavoratori che chiedono il rispetto delle norme e dei contratti e che, con la loro legittima protesta, hanno posto all’attenzione di tutti le falle di un sistema, quello della logistica e dei trasporti, che non offre le dovute garanzie”.
Un incontro con il prefetto è già stato calendarizzato. Il Comune si è offerto anche come sede per la sottoscrizione dell’accordo tra le parti, che potrebbe arrivare già nei prossimi giorni. Ma la vertenza Gls non si chiude qui: resta da capire se da questo caso isolato potrà nascere un’azione sistemica, capace di incidere sulle storture strutturali di un settore troppo spesso abbandonato alle logiche del profitto a scapito dei diritti.
La questione ternana è destinata a lasciare un segno. Perché non si tratta solo di stipendi mancanti o mezzi malandati, ma di una comunità che si interroga su quale modello economico voglia difendere. Le parole di Potere al Popolo – che ha espresso solidarietà ai lavoratori – riflettono un sentimento diffuso: “È grave che l’azienda, con l’obiettivo di non pagare ciò che gli spetta da contratto e con una condotta antisindacale, stia sostituendo le lavoratrici e i lavoratori in sciopero con lavoratori provenienti da altre sedi di fuori città".
L’Umbria è davanti a un bivio: accettare la deriva del lavoro povero o farsi laboratorio di un nuovo equilibrio tra impresa e diritti. Terni ha lanciato il primo segnale. Ora tocca alle istituzioni, ai sindacati e alla politica regionale raccogliere la sfida e costruire risposte che vadano oltre l’emergenza.