Scene che non si dovrebbero mai vedere, eppure domenica sera Perugia è stata teatro di un episodio che ha lasciato la città sotto choc. Urla, pianti, la folla attonita: una giovane donna è stata colpita al volto e spinta con la forza all’interno di un suv grigio, sotto gli occhi di decine di persone. Una vicenda che ha acceso un faro drammatico sul tema delle violenze, sul controllo del territorio e sulla necessità di proteggere chi subisce aggressioni.
Secondo quanto riportato da "Il Messaggero", l’episodio si è verificato nella zona di Sant’Erminio, proprio al termine della festa di quartiere. La giovane, in preda al panico, ha chiesto più volte di essere lasciata stare. Le sue grida disperate hanno attirato l’attenzione dei presenti che, insieme ai pianti della ragazza, hanno tentato invano di interrompere la scena.
Un uomo l’ha colpita al volto e poi spinta dentro il suv di colore grigio, che si è allontanato imboccando via Eugubina. I testimoni hanno subito allertato le forze dell’ordine. Sul posto è intervenuta una volante della Polizia di Stato che ha raccolto le prime testimonianze. Gli inquirenti non escludono che all’origine dell’episodio vi possa essere stata una discussione di natura sentimentale, rapidamente sfociata in violenza.
La priorità degli agenti è ora accertare le condizioni della giovane, apparsa profondamente scossa, e parallelamente proseguire le indagini per identificare l’uomo e rintracciare il suv grigio. Un contributo prezioso potrebbe arrivare dalle telecamere di sorveglianza di un istituto bancario affacciato sulla rotonda, le cui immagini potrebbero fornire elementi determinanti per chiarire la dinamica e risalire ai responsabili.
La città non ha fatto in tempo a metabolizzare quanto accaduto che un altro episodio ha contribuito ad aumentare la percezione di insicurezza. Pochi giorni fa, infatti, un ragazzo di 23 anni è stato accoltellato all’addome all’esterno di una discoteca, sempre a Perugia.
Dalle prime ricostruzioni, la lite sarebbe degenerata rapidamente fino a trasformarsi in una colluttazione violenta. Il giovane è stato colpito con un coltello e lasciato ferito a terra. Quando i Carabinieri sono arrivati sul posto, dei presunti aggressori non c’era più traccia.
Gli investigatori hanno acquisito i filmati delle telecamere della zona e attendono di poter ascoltare la vittima per chiarire dinamica e responsabilità. Due episodi ravvicinati che pongono sotto la lente il problema della sicurezza urbana e la necessità di un presidio più incisivo.
Trovarsi intrappolate in una situazione di violenza, fisica o psicologica, genera spesso paura, confusione e un profondo senso di isolamento. Eppure, esistono strumenti concreti e immediati a disposizione di chi subisce abusi. Il primo passo è chiedere aiuto senza esitazioni: il numero nazionale antiviolenza e stalking 1522, gratuito e attivo 24 ore su 24, garantisce ascolto, sostegno e collegamento diretto con i centri antiviolenza presenti sul territorio. Una chiamata o un messaggio tramite chat può diventare la chiave per uscire da un incubo che sembra senza via d’uscita.
Rivolgersi alle Forze dell’Ordine è altrettanto essenziale: sporgere denuncia permette di attivare misure di tutela come l’allontanamento del maltrattante, il divieto di avvicinamento o provvedimenti cautelari immediati previsti dal “Codice Rosso”. Denunciare non significa soltanto raccontare ciò che è accaduto, ma anche dare l’opportunità alle istituzioni di proteggere chi rischia ancora.
Fondamentale è anche l’appoggio dei centri antiviolenza: oltre al supporto psicologico e legale, offrono ospitalità in case rifugio sicure per le donne e i loro figli, oltre ad accompagnamento nei percorsi giudiziari o sanitari. Rompere l’isolamento rappresenta un atto di coraggio: parlarne con una persona di fiducia, un familiare, un’amica, un collega, può trasformarsi in una rete protettiva, capace di sostenere la vittima nelle decisioni più difficili.
È importante infine ricordare che non si è sole: ogni donna ha diritto alla protezione e alla libertà personale. La violenza non è mai giustificabile e non deve essere normalizzata. Cercare aiuto non è un segno di debolezza, ma la strada più sicura per riconquistare la propria dignità e il controllo sulla propria vita.