10 Oct, 2025 - 13:49

Perugia laboratorio di pace, Bori all’Assemblea Onu dei Popoli: “Disarmiamo le menti”

Perugia laboratorio di pace, Bori all’Assemblea Onu dei Popoli: “Disarmiamo le menti”

Perugia torna a parlare di pace e diritti. Nel giorno di apertura dell’Assemblea dell’Onu dei Popoli (che si svolgerà fino al 12 ottobre nel capoluogo umbro), il vicepresidente della Regione Umbria Tommaso Bori ha scelto un lessico netto, più politico che protocollare: “No alla cultura dell’odio, dobbiamo ricostruire la cultura della fraternità”. Un messaggio che mette al centro la responsabilità pubblica di istituzioni, media e comunità, e che prova a trasformare l’appuntamento perugino in un cantiere concreto contro la polarizzazione.

Assemblea dell’Onu dei Popoli, Tommaso Bori apre i lavori a Perugia con un messaggio di pace

Siamo qui non come rappresentanti di stati, ma come popoli, per dare voce a quell'umanità ferita, sofferente e smarrita che, troppo spesso, non si vuole più ascoltare”, ha scandito Tommaso Bori aprendo i lavori. La cornice è Perugia, città simbolo di fratellanza e impegno, ma il perimetro è globale: “Dobbiamo iniziare partendo da una verità molto scomoda e dura: viviamo una delle fasi più drammatiche del secolo”, continua Boti. La crisi evocata non si esaurisce nella dimensione militare o economica, ma “è una crisi che tocca il fondo della nostra etica e la capacità di reagire come civiltà”.

perugia-bori-assemblea-onu-popoli

Nel cuore dell’intervento emerge l’idea di una “nuova guerra nascosta che mina conquiste generazionali e normalizza la violenza. Per il vicepresidente, i fronti aperti “in Ucraina”, “il genocidio a Gaza” e “i drammi dimenticati in Sudan e nel resto del mondo” non sono incidenti di percorso o fenomeni puntiformi, ma “il sintomo di un fallimento strutturale, di una logica del riarmo e del potere che antepone la volontà di potenza e la ricerca del profitto alla vita”. La denuncia accende i riflettori su una responsabilità politica sovranazionale: fermare l’escalation non solo con trattati e sanzioni, ma rovesciando paradigmi che alimentano corsa agli armamenti e disumanizzazione del nemico.

Giovani e cultura dell’odio: l’allarme educativo

La parte più inquieta del discorso riguarda la metamorfosi sociale: “La vera drammaticità risiede in una mutazione dell'animo umano, in una regressione che sta avvelenando in particolare le nuove generazioni”. Bori richiama il reportage di Cecilia Sala in “I figli dell’odio”, che mostra come “l’odio non è più solo un sentimento degli adulti, è diventato un'eredità per chi non ha conosciuto la guerra direttamente”.

E cita testualmente: “In contesti di tensione, ‘i giovani sono decisamente più a destra non solo dei fondatori laburisti, ma dei loro padri, che credevano nei due popoli e due stati’”. Il punto politico è chiaro: senza un investimento in educazione civica, alfabetizzazione ai media e memoria dei fatti, “l'esasperazione della violenza sta producendo generazioni che nascono e crescono nell'odio, negando l'umanità del vicino e persino la verità delle atrocità commesse”.

assemblea-onu-popoli

Alla diagnosi Bori affianca un programma minimo, che prende in prestito il titolo del libro di Massimo Giannini “Il dovere della speranza”. Tre i cantieri evocati, ovvero la difesa della dignità umana, un'economia di pace e la riforma del pensiero. Sullo sfondo, casi-simbolo che chiamano la comunità internazionale: Aung San Suu Kyi, “a 80 anni, con gravi problemi di salute”, ancora detenuta in isolamento. “Siamo al fianco di Kim Aris e di tutti coloro che invocano la liberazione immediata di ‘May May’ e il rispetto dei suoi diritti umani. La speranza del Myanmar non può spegnersi in una cella”.

Dalle piazze alla politica: Perugia come “grande cantiere della pace”

Il messaggio finale è anche metodo di lavoro. Bori rivendica la forza delle mobilitazioni non violente che, “nei cinque continenti”, hanno riempito le piazze per dire basta alla guerra. È capitale sociale da trasformare in politiche: “Vogliamo vivere liberi da cittadini e non da sudditi,  vogliamo far vivere la speranza”. L’Assemblea dell’Onu dei Popoli si propone allora come spazio di connessione tra reti civiche, diplomazia dal basso e istituzioni locali, per disarmare le menti e impedire un'eredità di odio. Perugia, ancora una volta, fa da laboratorio: non retorica, ma progetto.

AUTORE
foto autore
Giorgia Sdei
condividi sui social
condividi su facebook condividi su x condividi su linkedin condividi su whatsapp
ARTICOLI RECENTI
LEGGI ANCHE