Paciano, un minuscolo paese dell’Umbria incastonato tra le colline del Trasimeno, si è rivelato una piccola grande eccezione nel panorama di astensione che ha caratterizzato i referendum abrogativi dell’8 e 9 giugno 2025. A livello nazionale l’affluenza si è fermata intorno al 30% degli aventi diritto, e in Umbria poco sopra il 31%. Eppure Paciano – meno di mille abitanti – ha sorprendentemente superato il quorum del 50%+1 richiesto: qui ha votato il 51,38% degli elettori, unico caso in tutta la regione. Mentre nel resto d’Italia i seggi sono rimasti in gran parte vuoti e il referendum è naufragato per il mancato quorum, questo piccolo borgo umbro ha visto più di un elettore su due recarsi alle urne, conquistando un primato tanto inatteso quanto significativo.
Mentre in molte città italiane i seggi referendari sono apparsi desolatamente semivuoti, a Paciano l’atmosfera durante la due-giorni di voto è stata ben diversa. Sin dalle prime ore di domenica 8 giugno, nel paese si respirava un’aria di partecipazione: piccoli gruppi di cittadini discutevano dei quesiti al bar della piazza e molti elettori si sono presentati di buon’ora al seggio. Nel unico seggio allestito a Paciano – una sola sezione per poco meno di 700 elettori totali – si è registrato un flusso costante di votanti. A chiusura delle urne, lunedì 9 giugno alle 15, oltre la metà degli aventi diritto aveva espresso la propria scelta, sancendo un risultato clamoroso: circa 350 votanti complessivi, ben oltre qualsiasi aspettativa.
A spoglio concluso, il sindaco Luca Dini non ha nascosto la soddisfazione per la partecipazione straordinaria dei suoi concittadini. “È un risultato che ci rende orgogliosi”, ha commentato a caldo Dini, sottolineando però come Paciano resti una piccola isola felice in un mare di astensione. Consapevoli che a livello nazionale il quorum non sarebbe stato raggiunto, gli abitanti del borgo hanno comunque voluto dare un segnale presentandosi alle urne in massa. L’entusiasmo per l’alta affluenza era tangibile per le vie del paese lunedì sera, quasi come se Paciano avesse vinto una sfida collettiva mentre altrove il referendum falliva.
Paciano ha chiuso con un’affluenza del 51,38%, unico comune umbro sopra la soglia del 50%. Nel complesso della Regione Umbria, invece, si è recato alle urne solo il 31,2% circa degli elettori – un dato di poco superiore alla media nazionale, attestata attorno al 30,6%. Il confronto interno alla regione evidenzia ancor di più l’eccezionalità del caso pacianese. Basti pensare che in alcune zone montane della Valnerina l’affluenza è stata bassissima: Cascia ha registrato appena il 16,2% di votanti e Norcia il 18,4%, fanalino di coda regionale. Anche i principali centri urbani umbri sono rimasti ben lontani dal quorum: Perugia si è fermata al 34,5%, Foligno al 32,3%, Terni al 30,6%, e Spoleto addirittura al 26,6%. Nessun altro comune dell’Umbria ha raggiunto la metà degli elettori al voto. In questo desolante quadro generale, Paciano emerge come un caso isolato – un piccolo borgo capace di ottenere ciò che nemmeno città con decine di migliaia di abitanti sono riuscite a fare.
Cosa rende Paciano così diverso da tutti gli altri comuni, al punto da infrangere il muro dell’astensione? Lo stesso sindaco Dini attribuisce il risultato al forte senso civico radicato tra i pacianesi: “La nostra è una comunità che da sempre partecipa e da sempre si esprime democraticamente, attenta ai suoi diritti ma anche ligia ai doveri” ha dichiarato con orgoglio. In poche parole, a Paciano andare a votare è percepito come un dovere morale e civico verso la collettività. Questa tradizione di partecipazione popolare affonda le radici nel tessuto sociale del paese: stiamo parlando di una comunità piccola e unita, dove tutti si conoscono e dove l’orgoglio locale spinge a “fare il proprio dovere” nelle urne.
Al di là della retorica, Paciano presenta davvero caratteristiche peculiari. Il borgo ha saputo attrarre negli anni nuovi residenti sensibili e attivi: “La nostra è una comunità mista, composta soprattutto da liberi professionisti e artigiani. Molti che abitano qui sono di fuori e hanno scelto Paciano attratti dal clima di pace che si respira qui e dalla vita ‘lenta’” spiega Dini.
Un altro elemento da considerare è l’orientamento del paese: Paciano è amministrato da una giunta di centrosinistra guidata dallo stesso Dini, più vicina alle posizioni dei promotori del referendum. Ciò può aver contribuito a creare un clima favorevole al voto, in netto contrasto con l’invito all’astensione proveniente da parte della maggioranza di governo a livello nazionale. Infine, in un centro così piccolo è probabile che il passaparola e la pressione sociale abbiano giocato il loro ruolo: quando tutti nel paese stanno andando a votare diventa naturale unirsi e non voler mancare all’appuntamento elettorale. L’“effetto Paciano” nasce dunque da una combinazione di tradizione partecipativa, coesione sociale e senso di responsabilità condivisa.
Sebbene sul piano pratico il successo di Paciano non possa cambiare le sorti del referendum, per la comunità locale quel 51,3% di affluenza rappresenta un risultato dal valore simbolico profondo. Perché andare a votare, oggi, non è scontato. È un diritto, è un dovere, certo. Ma è anche una scelta: si può decidere di non farlo, legittimamente. Purché non si venga indotti all’astensione da chi dovrebbe favorire la partecipazione, non scoraggiarla.
Quando il tempo corre veloce e sfugge dalle mani, dove tutto tende a sfilacciarsi, dove l’immediatezza rischia di cancellare la memoria dei gesti lenti e civili, mettere una croce su una scheda elettorale può sembrare un gesto minuscolo. Eppure è proprio in quelle azioni leggere, ma dense di significato, che si cela la sostanza di una comunità consapevole. L’atto di votare, in fondo, è un modo per dichiarare: "io ci sono, e ciò che accade mi riguarda".