19 Sep, 2025 - 09:30

Microchip rimossi dalle carte d'identità: 5 denunce tra Assisi e Bastia Umbra

Microchip rimossi dalle carte d'identità: 5 denunce tra Assisi e Bastia Umbra

Una serie di controlli ordinari ha svelato una pratica tanto silenziosa quanto pericolosa: la rimozione del microchip dalle carte d’identità elettroniche. In provincia di Perugia, tra Assisi e Bastia Umbra, la Polizia di Stato ha denunciato 5 persone in distinti interventi avvenuti tra aprile e i giorni scorsi.

Tutti i documenti – privata la loro componente digitale – sono stati sequestrati e i titolari segnalati per falsità materiale, ipotesi di reato prevista dall’articolo 477 del codice penale. Gli investigatori stanno ricostruendo le motivazioni alla base delle manomissioni, non escludendo utilizzi illeciti con finalità di clonazione o frodi.

Carte d’identità elettroniche, rimossi i microchip: la polizia di Perugia denuncia 5 persone

Il primo campanello d’allarme risale ad aprile, quando il Commissariato di Assisi interviene a Bastia Umbra per una lite familiare. Nel controllo dei documenti, gli agenti notano che la carta d’identità di una donna italiana, classe 1975, già nota per precedenti e per l’uso di stupefacenti, presenta un’anomalia: sul retro, il microchip è stato asportato con una precisione quasi chirurgica, difficilmente percepibile a un occhio non esperto. Scatta il sequestro e la denuncia.

Un episodio analogo si ripete a luglio, durante un intervento per persona molesta ai danni di una dipendente di un bar di Bastia Umbra: all’identificazione, la carta d’identità di un 38enne pluripregiudicato per reati contro il patrimonio risulta priva del chip; anche in questo caso il documento viene sequestrato e l’uomo deferito all’autorità giudiziaria.

La serie prosegue ad agosto con un controllo avventori in una sala scommesse di Bastia Umbra: un 29enne di origine marocchina, residente ad Assisi e già noto alle forze dell’ordine, esibisce una CIE senza microchip, verosimilmente rimosso dolosamente. La denuncia è immediata. Pochi giorni più tardi, alla stazione ferroviaria di Assisi, gli agenti fermano un cittadino di origine marocchina, classe 1975, con precedenti per guida in stato di ebbrezza: anche la sua carta risulta privata della componente elettronica.

L’ultimo caso emerge nel corso di un controllo congiunto con la Polizia Locale in un bar della zona: un 43enne italiano, originario della provincia di Frosinone e già denunciato per combustione illecita di rifiuti, consegna un documento addirittura diviso a metà in orizzontale e, sul retro, visibilmente danneggiato nell’area del chip. Anche qui scattano sequestro e denuncia.

Cos’è il microchip della CIE e perché rimuoverlo è un reato

La carta d’identità elettronica integra sul retro un microchip che custodisce dati anagrafici e biometrici (fotografia e impronte digitali) del titolare, consentendo autenticazioni sicure e l’accesso ai servizi digitali della pubblica amministrazione. La rimozione compromette l’integrità del documento, lo rende non conforme alla legge e ne azzera le garanzie di sicurezza. Per questo l’asportazione del chip configura una manomissione materiale del titolo, con conseguenze penali: la carta diventa inidonea all’identificazione certa e può facilitare tentativi di frode, sostituzione di persona o duplicazione illecita dei supporti.

Le piste investigative: frodi e tentativi di clonazione

Gli inquirenti stanno valutando scenari che vanno dalla mera elusione dei controlli elettronici alla possibilità che i documenti vengano alterati per creare identità “zoppe”, da spendere in contesti borderline: aperture di conti, sottoscrizioni fraudolente, accessi a servizi dove il chip è determinante per la validazione.

L’ipotesi di clonazione – ovvero la produzione o l’uso di supporti contraffatti sfruttando dati o gusci di documenti veri ma alterati – è considerata una delle finalità possibili, e spiega l’attenzione delle forze dell’ordine nel mappare episodi che, se presi singolarmente, possono apparire minori, ma che nel loro insieme delineano una tendenza da arginare.

Cosa possono fare cittadini ed esercenti

La prima difesa è l’attenzione. Un controllo visivo del retro della CIE – in particolare dell’area del microchip – può far emergere tagli, abrasioni, segni di sollevamento della plastica o irregolarità al tatto. In caso di dubbi, è opportuno rivolgersi immediatamente all’ufficio anagrafe per la sostituzione del documento e, se si sospetta un illecito, sporgere segnalazione alle forze dell’ordine. Per gli esercenti e gli operatori di sportello, attenersi alle procedure di identificazione e verificare con cura i supporti evita di incorrere in transazioni a rischio.

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Giorgia Sdei
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