Il 4 ottobre potrebbe tornare a essere festa nazionale in Italia con una legge che mira a trasformare la ricorrenza di San Francesco d’Assisi in una giornata ufficiale con effetti legali. Il testo, sostenuto con compattezza dalla maggioranza, riapre un dossier archiviato nel 1977 e lo aggiorna alla sensibilità contemporanea: non solo memoria religiosa, ma una cornice civile dedicata a pace, tutela del creato e fraternità, con impatti concreti su scuole, uffici pubblici e servizi essenziali. Ma cosa cambierebbe in concreto e quale sarebbe l'impatto su lavoro, scuola e imprese?
Il provvedimento unificato (A.C. 2097-2231-A), a prima firma Maurizio Lupi (Noi Moderati), approda in Aula dopo il via libera unanime della commissione Affari costituzionali. Noi Moderati, Fratelli d’Italia e Forza Italia hanno già dichiarato il proprio sostegno; la Lega appare orientata a convergere, mentre le opposizioni chiedono garanzie sui profili economici e organizzativi. Una volta concluso il passaggio alla Camera, il testo proseguirà al Senato. L’agenda politica guarda all’ottavo centenario della morte del Poverello (3 ottobre 1226–2026), che fa da cornice simbolica al percorso.
La proposta istituisce il 4 ottobre come festa nazionale a tutti gli effetti, con chiusura di scuole e uffici pubblici e l’applicazione delle regole previste per i giorni festivi. Accanto agli adempimenti formali, la legge spinge su un impianto laico e inclusivo: enti locali, istituti scolastici e Terzo settore saranno chiamati a promuovere iniziative pubbliche sui valori francescani – pace, tutela dell’ambiente, solidarietà, inclusione – attraverso cerimonie, percorsi educativi e momenti di partecipazione. La relatrice Elisabetta Gardini (FdI) ha sottolineato che la ricorrenza può parlare tanto ai credenti quanto ai non credenti, ribadendone la valenza civile.
Anche con un’approvazione entro il 2025, l’effettivo “giorno rosso” scatterà dal 2027: nel 2026 il 4 ottobre cade di domenica, già non lavorativa. La finestra temporale consente inoltre a amministrazioni e imprese di programmare con anticipo calendari scolastici, turnazioni e servizi, limitando effetti distorsivi su organizzazione e produttività.
La relazione tecnica stima in circa 10,7 milioni di euro l’anno, a partire dal 2027, gli oneri per lo Stato. La voce principale riguarda straordinari e indennità nei comparti che non possono interrompere l’attività – Servizio sanitario nazionale, forze di polizia, vigili del fuoco – oltre agli aggiustamenti organizzativi della Pubblica amministrazione. Non è quindi una giornata “a costo zero”: le coperture dovranno essere individuate in legge di bilancio o in provvedimenti collegati, conciliando il valore simbolico con la sostenibilità dei conti pubblici.
Nel confronto parlamentare affiorano tre criticità.
La scommessa della maggioranza è fare del 4 ottobre una giornata di coesione, evitando che la ricorrenza generi nuovi squilibri.
Fino al 1977 il 4 ottobre era già festa civile. La legge 54/1977, varata per ragioni economiche e di semplificazione, ridusse il numero di giornate non lavorative, lasciando a san Francesco una ricorrenza di rilievo senza effetti su lavoro e scuola. Oggi si propone un quadro diverso: ripristinare il pieno rango di festa nazionale, ma con una forte impronta civica incentrata su pace, ambiente e fraternità. È un segnale identitario, ma anche un banco di prova per la macchina pubblica.
Se l’iter si chiuderà rapidamente, nel 2027 l’Italia potrebbe aggiungere una festività al calendario civile nel segno di San Francesco. La partita, a quel punto, si giocherà sull’attuazione: coinvolgimento delle comunità, programmazione dei servizi, chiarezza delle regole. Solo così il ritorno del 4 ottobre tra i “giorni rossi” potrà parlare davvero al Paese, oltre le appartenenze e le liturgie.