È una ferita che, a ottantuno anni di distanza, continua a pulsare nel cuore della città. Una pagina lacerante, segnata dal sangue e dalla brutalità, che Gubbio non ha mai voluto dimenticare. Il prossimo 22 giugno, come ogni anno, la città renderà omaggio ai Quaranta Martiri, le vittime innocenti dell’eccidio nazista compiuto nel 1944, quando quaranta cittadini furono barbaramente fucilati come rappresaglia per l’uccisione di un tenente tedesco da parte dei partigiani.
In un’Italia ancora sotto scacco, l’Umbria visse uno dei suoi giorni più bui. E oggi, Gubbio si prepara a ricordare quei nomi, quei volti, quelle storie spezzate. Il sindaco Vittorio Fiorucci, con un appello accorato, ha invitato tutta la comunità a unirsi al momento commemorativo: “Invitiamo la città, nelle sue varie espressioni, ad unirsi al lutto per ricordare le 40 vittime innocenti. Sollecitiamo le associazioni di categoria e i vari esercizi commerciali a tenere abbassate le serrande fino alle 10:30, e comunque durante il passaggio del corteo”.
Un gesto concreto, semplice ma carico di significato, per onorare ciò che è stato e per non lasciare che la memoria si affievolisca sotto il peso del tempo. “È doveroso rendere omaggio alla memoria delle vittime di una pagina efferata della storia eugubina, ancora oggi dolorosamente viva”, ha aggiunto il primo cittadino. “Il rispetto a loro dovuto deve essere anche il monito a operare uniti per perseguire i valori della pace, della coesione e della solidarietà”.
Per comprendere il senso profondo di questa ricorrenza, bisogna tornare all'estate del 1944, quando la guerra stava cambiando volto, ma la brutalità dell'occupazione tedesca continuava a imperversare. Il 20 giugno, nel cuore di Gubbio, al caffè Nafissi, i partigiani colpirono un tenente tedesco, uccidendolo, e ferirono un altro soldato. Era un atto di resistenza, uno dei tanti che si moltiplicavano nel centro Italia mentre le truppe alleate avanzavano e i nazisti si ritiravano verso la Linea Gotica.
Ma i comandi tedeschi avevano già stabilito la legge della rappresaglia: “40 italiani per ogni ufficiale ucciso, 20 per ogni soldato ferito”. Una logica di terrore e disumanità. Nei due giorni successivi, i soldati della 114ª Divisione Jäger, al comando del generale Johann Karl Boelsen, iniziarono i rastrellamenti nelle strade di Gubbio. Le vittime furono scelte in maniera casuale, pescate tra operai, impiegati, contadini, giovani e anziani. Nessun processo, nessuna accusa formale: solo l’orrore della vendetta cieca.
Il 22 giugno, i quaranta cittadini furono portati nei pressi delle mura cittadine, lì dove oggi sorge il mausoleo. Furono allineati contro un muro e fucilati. Inutili le suppliche del vescovo, inutili le intercessioni: la sentenza era già scritta. A sparare, fu un plotone scelto tra i soldati tedeschi. Lì finì, in una manciata di minuti, una delle pagine più nere della storia eugubina.
Nel 1949, a soli cinque anni dall’eccidio, la città volle onorare i propri martiri con un luogo di raccoglimento e di memoria. Il progetto fu affidato al celebre paesaggista Pietro Porcinai, che immaginò una struttura sobria e simbolica: quaranta cipressi a circondare un’area silenziosa, come guardiani silenziosi del sacrificio.
Le difficoltà logistiche impedirono la completa realizzazione dell’idea iniziale, ma il mausoleo oggi ospita 40 sarcofagi in marmo, molti dei quali con fotografie e nomi. Camminare tra quei volti significa incrociare gli occhi di una città intera: padri, figli, fratelli, madri, tutti accomunati dallo stesso destino. Una parte del muro originale contro cui furono fucilati è ancora lì, a testimonianza muta ma potente della violenza e dell’ingiustizia. Nel corso degli anni, il Mausoleo dei Quaranta Martiri è diventato non solo luogo del ricordo, ma anche simbolo civico, punto di riferimento per le giovani generazioni, monito contro ogni forma di sopraffazione.