Perugia si è svegliata con un colpo al cuore: la statua della Madonnina, custodita da anni in una piccola edicola a pochi passi dalla chiesa di San Cristoforo, è scomparsa nel nulla. Un gesto che ha gettato nello sconforto l’intera comunità di Balanzano, abituata a rivolgere uno sguardo di devozione a quella presenza rassicurante. Il furto è avvenuto ieri pomeriggio, subito dopo pranzo, e a scoprirlo sono stati alcuni fedeli che, passando davanti all’edicola, hanno notato con sgomento l’assenza dell’effigie sacra. Come riportato da "Il Messaggero", i primi a intervenire sono stati gli stessi residenti, che hanno immediatamente avvisato il parroco, don Antonio Sabatini, e le forze dell’ordine.
Secondo diverse testimonianze, un uomo sarebbe stato visto aggirarsi nei pressi del luogo di culto poco prima della scomparsa. Non si tratterebbe dunque di un gesto casuale, ma di un’azione deliberata, forse riconducibile a un atto di vandalismo o, ipotesi più grave, a un furto mirato. La polizia è intervenuta con una pattuglia della squadra volante per raccogliere elementi utili, mentre la delicata indagine è stata affidata alla Digos, chiamata a ricostruire i movimenti del sospetto e a rintracciare la statua.
Se l’uomo individuato nei pressi dell’edicola dovesse essere riconosciuto come responsabile del furto, le conseguenze sul piano penale potrebbero essere pesanti. In primo luogo, l’azione rientrerebbe nella fattispecie del furto aggravato prevista dall’articolo 624-bis del codice penale, poiché compiuta su un bene esposto alla pubblica fede, vale a dire un oggetto collocato in un luogo accessibile a chiunque. Tale circostanza rende l’illecito più grave e comporta una pena che può arrivare fino a 6 anni di reclusione, oltre a multe significative. Non va sottovalutata, inoltre, la componente sacrale: pur non esistendo un reato specifico di “furto sacrilego” nell’ordinamento italiano, la giurisprudenza tende a considerare particolarmente lesive le condotte che colpiscono beni legati al culto religioso, aggravando la posizione dell’imputato.
Un ulteriore profilo riguarda il possibile danneggiamento di un bene di valore storico-artistico. Se la Madonnina risultasse iscritta tra i beni di interesse culturale, potrebbe entrare in gioco la tutela rafforzata prevista dal Codice dei Beni Culturali, con pene che includono la reclusione fino a 8 anni. L’uomo rischierebbe quindi non solo l’imputazione per furto aggravato, ma anche per danneggiamento o distruzione di patrimonio culturale, un’accusa che la magistratura tende a trattare con particolare severità.
A ciò si sommano le implicazioni morali e sociali: la sottrazione di un oggetto di culto mina il sentimento religioso di un’intera comunità e, in fase processuale, i giudici potrebbero considerare l’allarme sociale generato dal gesto come elemento aggravante. In sintesi, se riconosciuto colpevole, l’autore del furto rischia una condanna che può oscillare da diversi anni di carcere a pene più severe nel caso in cui la statua venga danneggiata o rivenduta. La sua eventuale collaborazione con le autorità e la restituzione del manufatto potrebbero costituire un’attenuante, ma il peso simbolico e giuridico dell’atto resta di notevole rilevanza.
Non solo il furto della Madonnina ha scosso la città. Nelle stesse ore, infatti, la cronaca perugina è stata segnata da un’operazione antidroga di portata eccezionale. La Polizia di Stato di Perugia ha messo a segno un colpo durissimo al narcotraffico internazionale, sequestrando oltre 15 chili di cocaina e recuperando quasi 100 mila euro in contanti, frutto presunto dell’attività di spaccio. In manette sono finiti due cittadini albanesi, di 36 e 20 anni, considerati dagli inquirenti pedine cruciali di un’organizzazione con ramificazioni oltre i confini regionali.
Il blitz è scattato a Sant’Enea, una frazione del capoluogo, dove gli investigatori della Squadra Mobile hanno sorpreso i due uomini nel pieno di una cessione di droga. Uno dei fermati ha tentato di fuggire gettando via un pacco contenente oltre due chili di cocaina, ma è stato immediatamente bloccato. L’altro, che si trovava in auto, custodiva un’ingente somma di denaro - circa 70 mila euro - nascosta in un doppiofondo ricavato sotto i sedili.
Le indagini hanno poi portato a una perquisizione in un’abitazione collegata ai due sospetti: lì sono stati scoperti altri due chili di stupefacente, bilancini di precisione, materiale per il confezionamento e 7.500 euro in contanti. Ma il vero snodo dell’operazione si è rivelato a Castelnuovo Berardenga, nel Senese, dove gli agenti hanno rinvenuto oltre dieci chili di cocaina pura e ulteriori 16 mila euro.
Secondo gli investigatori, la droga sequestrata avrebbe fruttato sul mercato clandestino diverse centinaia di migliaia di euro, segno della portata internazionale del traffico. Un risultato che conferma l’Umbria come territorio di transito strategico per i cartelli della droga, ma al tempo stesso mette in evidenza l’efficacia delle indagini coordinate dalla procura di Perugia.