Il conto alla rovescia verso l’autonomia energetica dell’Umbria ha ufficialmente preso il via. Con l’approvazione del disegno di legge “Misure urgenti per la transizione energetica e la tutela del paesaggio umbro”, la Giunta regionale compie una scelta strategica che prova a coniugare rapidità di sviluppo e rispetto per il territorio. Un equilibrio difficile, ma necessario: da una parte la necessità di produrre energia pulita, dall’altra la volontà di difendere un paesaggio che non può essere ridotto a mera superficie disponibile.
“È il risultato di un grande percorso di partecipazione”, ha dichiarato l’assessore regionale all’energia e al paesaggio Thomas De Luca, evidenziando come il testo sia stato modellato attraverso quasi cento incontri pubblici in tutta l’Umbria, sei plenarie e numerose proposte accolte da enti locali, tecnici e cittadini.
Il fulcro del provvedimento sta nella definizione netta delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti FER (rinnovabili). In parole chiare: chi realizza impianti in zone dichiarate compatibili avrà tempi autorizzativi ridotti e iter semplificati, mentre per le aree vietate il messaggio è inequivocabile. “Presentare progetti nelle aree non idonee sarà un rischio altissimo di bocciatura, prossimo alla certezza di veder andare in fumo il proprio investimento”, ha spiegato De Luca.
Il disegno di legge, adottato in attuazione del D.Lgs. 199/2021, arriva in un contesto reso ancora più complesso dall’incertezza normativa nazionale: “Il Governo è in ritardo nell’adeguamento del decreto attuativo, e in questo vuoto normativo l’Umbria è diventata bersaglio di progetti invasivi, totalmente fuori scala”, denuncia l’assessore.
Le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER), invece, vengono riconosciute come strutture prioritarie: ogni area destinata alle CER sarà considerata automaticamente idonea, in modo da incentivare l'autoproduzione, il consumo locale e il contrasto alla povertà energetica.
La finalità strategica del provvedimento è chiara: zero emissioni nette e indipendenza energetica entro il 2050. Un obiettivo che l’Umbria punta a raggiungere attraverso un mix tecnologico avanzato, che include non solo il fotovoltaico ma anche accumulo gravitazionale, idroelettrico da pompaggio e idrogeno verde. Il modello è quello della generazione distribuita, con impianti di piccola e media taglia installati in prossimità del fabbisogno energetico.
Il disegno di legge pone forti vincoli sull’impatto ambientale, e prevede misure a tutela della biodiversità e dell’identità culturale del paesaggio, specie per gli impianti agrivoltaici in zone sensibili. Non mancano obblighi di compensazione ambientale e territoriale, con quote rilevanti dei proventi che dovranno essere riversate nei territori coinvolti o nelle CER. A ciò si aggiungono garanzie finanziarie per lo smantellamento degli impianti, per evitare future cattedrali nel deserto.
Il contesto in cui nasce la nuova normativa è segnato da una moratoria silenziosa che, di fatto, ha bloccato progetti virtuosi e paralizzato molte imprese locali. “Mentre i grandi progetti speculativi avanzano indisturbati, le imprese umbre e le Comunità Energetiche sono ferme”, denuncia ancora De Luca. In questo quadro, la Regione ha deciso di agire autonomamente, anche a costo di anticipare il legislatore nazionale.
Con l'approvazione in Giunta e il passaggio ora all’Assemblea Legislativa, l’Umbria punta a diventare un modello di transizione energetica responsabile, che non subisce ma governa la trasformazione. Il traguardo è fissato: approvazione entro l’estate. I margini ci sono, la pressione anche.
Per una Regione spesso esclusa dalle grandi rotte dello sviluppo industriale, questa potrebbe essere la carta buona per scrivere un futuro sostenibile con regole proprie. E, per una volta, giocare d’anticipo.