La questione delle autonomie scolastiche riaccende il dibattito tra Roma e l’Umbria. Stefano Bandecchi, presidente della Provincia di Terni e sindaco della città, ha scritto al ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara per denunciare il rischio di una contrazione del numero di istituti autonomi: se le attuali previsioni saranno confermate, si passerà da 134 a 130 autonomie già dal 2026-2027.
Un calo che, secondo l’amministratore, colpirebbe soprattutto le aree interne, dove le difficoltà logistiche e demografiche sono già una realtà quotidiana. In contesti montani o rurali, il taglio delle autonomie potrebbe tradursi in accorpamenti forzati e perdita di servizi, con ripercussioni dirette sulla qualità dell’offerta formativa e sulla vita delle comunità.
La scintilla è scattata dopo un incontro tecnico tra Ministero, Regione, Province e Comune di Terni sulle linee guida per la rete scolastica del triennio 2026-2029. Bandecchi, insoddisfatto di una discussione centrata quasi esclusivamente su tabelle e parametri, ha chiesto un confronto “politico e sociale” per ridiscutere i criteri di assegnazione di dirigenti scolastici e direttori dei servizi generali e amministrativi.
Ha quindi invitato a “rivedere urgentemente i parametri per le assegnazioni del contingente organico dei dirigenti scolastici e delle posizioni di lavoro di direttore dei servizi generali ed amministrativi per l’anno scolastico 2026-2027, non più solo in virtù di meri calcoli matematici ma anche, come il decreto interministeriale n. 124 del 30/06/2025 sottolinea, in relazione soprattutto agli aspetti sociali e territoriali per lo sviluppo delle zone interne”.
Il presidente richiama il decreto interministeriale 124 del 30 giugno 2025, che già prevede l’inclusione di fattori sociali e territoriali nello sviluppo delle zone interne. “Nessuna Regione come l’Umbria può essere considerata di per sé ‘interna’ e quindi ‘speciale’ nella visione puramente sociale” ha scritto nella missiva. Sottolineando come l’Umbria, per conformazione geografica e densità abitativa, richieda misure su misura. Nei piccoli centri, un’eventuale fusione di istituti potrebbe significare per gli studenti viaggi lunghi e dispendiosi, con conseguente aumento della dispersione scolastica.
Nel suo intervento, Bandecchi contesta anche le cifre fornite dal Ministero. “Prendendo a riferimento il fattore percentuale appare irragionevole qualsiasi scostamento in diminuzione di tale valore" - afferma - "in quanto non aderente ai principi dettati dalla norma stessa, che tendono a salvaguardare le zone più disagiate, quali quelle del territorio umbro. Viceversa l’indicatore dovrebbe essere rettificato in aumento, andando ad incrementare il valore dell’organico, secondo le intenzioni della norma”.
“Conosciamo la sensibilità del Ministro verso il futuro dell’Italia e chiediamo quindi urgentemente una riunione che non preveda più solo aspetti tecnici, che non potranno mai essere la soluzione dei problemi territoriali e nazionali, ma che tenga conto anche e soprattutto delle priorità sociali evidenziate” ha sottolineato il presidente della Provincia di Terni.
L’incontro, nelle intenzioni del presidente, dovrà coinvolgere più livelli istituzionali e considerare anche i dati socio-economici, la distribuzione della popolazione e l’accessibilità ai servizi educativi.
Per rafforzare la posizione dell’Umbria, la lettera è stata inviata anche alla Regione e alla Provincia di Perugia, con l’obiettivo di creare un fronte istituzionale unito. La partita è delicata: le scelte per il prossimo triennio sono imminenti e il rischio è di compromettere il futuro scolastico di intere comunità. Sullo sfondo, resta la sfida di conciliare esigenze di razionalizzazione con il diritto degli studenti a un’istruzione di qualità vicino a casa.
La riduzione delle autonomie scolastiche non è solo una questione di numeri, ma riguarda il diritto allo studio, la coesione sociale e la sopravvivenza dei piccoli centri. Per questo, in Umbria, la discussione è destinata a restare aperta fino a quando non sarà trovata una soluzione che metta al centro le persone, prima delle statistiche. La decisione finale avrà un impatto che andrà oltre il 2026, tracciando la rotta dell’istruzione regionale per il prossimo decennio.