Il destino giudiziario di Andrea Rossi, commercialista condannato per l’omicidio di Vitalina Balani, è stato definitivamente segnato. La Corte d’Appello di Perugia ha confermato la sentenza all’ergastolo. A distanza di 18 anni dal brutale assassinio, la perizia richiesta dagli avvocati di Rossi non ha fornito prove sufficienti per cambiare il corso della giustizia. La vicenda, drammatica e intricata, ruota attorno a un debito mai restituito.
Andrea Rossi, la perizia dell’anatomopatologo e i tentativi di revisione
Uno dei momenti chiave di questa fase processuale è stata la perizia affidata dalla difesa a Mauro Bacci, un noto anatomopatologo. Quest’ultimo, basandosi sull’analisi delle foto del cadavere della vittima e sull’osservazione delle macchie ipostatiche, aveva tentato di spostare l’orario della morte di Vitalina Balani di almeno 8 ore, arrivando fino a 15. Il tentativo era quello di creare un margine temporale tale da scardinare l’intero impianto accusatorio. Fino a quel momento si sosteneva che l’omicidio fosse avvenuto tra le 13:30 e le 14:00. In quell’intervallo di tempo, infatti, Rossi non disponeva di un alibi.
La difesa ha cercato di far leva su questo aspetto, ma lo stesso Bacci ha specificato che si tratta di valutazioni non basate su certezze assolute. “In questa materia non si può discutere in termini di certezze“, ha detto. Questa dichiarazione ha segnato un momento decisivo, soprattutto quando il procuratore generale, Paolo Barlucchi, ha detto che la sentenza d’appello era, a suo giudizio, solida e priva di falle. “È ineccepibile e inattaccabile e non ce ne può essere una migliore e più chiara su tutti i motivi possibili e immaginabili”. Nonostante le argomentazioni della difesa, l’accusa non ha ravvisato in questa nuova perizia la prova determinante per una revisione. “Non c’è la pistola fumante”, ha proseguito Barlucchi, ribadendo che, secondo il professor Bacci, la datazione della morte era un tema affrontabile solo in termini di approssimazione.
Le dichiarazioni contraddittorie e il movente economico
Il quadro delle indagini è stato arricchito da una serie di contraddizioni emerse nelle dichiarazioni di Andrea Rossi. Il commercialista ha fornito numerose versioni sui fatti accaduti in quella giornata, modificando le sue affermazioni più volte. Ovviamente, questo comportamento ha contribuito a rafforzare il sospetto su di lui. “Ha dato 80 versioni diverse su cosa ha fatto in quell’intervallo temporale, modificandole 40 volte ciascuna”, ha dichiarato il sostituto procuratore generale Barlucchi.
Secondo l’accusa, Rossi avrebbe avuto un motivo forte per eliminare la Balani, legato ai suoi debiti finanziari con la vittima. Vitalina Balani, una donna di 70 anni, era la moglie di un costruttore anziano e benestante e cliente del commercialista. Le aveva prestato una somma di due milioni di euro che Rossi aveva sperperato in breve tempo. Soldi investiti in beni di lusso e altri acquisti personali. Di fronte alla richiesta di restituzione del denaro, Rossi si sarebbe trovato in una situazione senza via d’uscita. Come ha affermato l’accusa, “uccidere Balani significava per Rossi azzerare il più grande dei suoi debiti”.
L’eliminazione della donna, secondo la tesi della procura, avrebbe garantito a Rossi non solo la risoluzione dei suoi problemi finanziari, ma anche la possibilità di accedere nuovamente a fondi che avrebbero permesso di vivere senza preoccupazioni economiche. “Rossi avrebbe fatto il botto con l’omicidio della Balani. Avrebbe salvato tutto, si sarebbe rimesso in pari e avrebbe avuto abbastanza da lasciare una eredità e vivere sopra le sue possibilità”, ha dichiarato il procuratore Barlucchi.
Gli indizi che hanno portato alla condanna
La costruzione del caso contro Rossi si è basata su una serie di indizi che hanno disegnato un quadro chiaro agli occhi degli investigatori. Il 14 luglio 2006, giorno del delitto, Rossi aveva un appuntamento con Vitalina Balani per regolare i conti. Tra i pochi a sapere che quel giorno la donna si trovava a Bologna, Rossi era stato individuato come sospetto grazie a una serie di incongruenze nelle sue dichiarazioni e comportamenti. Il suo alibi non ha retto e, come è emerso dalle indagini, il suo telefono cellulare risultava spento durante l’ora dell’omicidio.
Uno degli aspetti più rilevanti è stato il ritrovamento di file cancellati sul computer di Rossi, in cui erano contenuti dati relativi ai debiti con la Balani. L’azione di cancellazione avvenne la stessa sera dell’omicidio, fatto che sollevò ulteriori sospetti, in quanto solo l’assassino poteva sapere della morte della vittima in quel momento. Inoltre, nelle indagini emerse la sottrazione di alcune pagine del quaderno di Balani, dove la donna annotava scrupolosamente i conti. Le pagine mancanti furono rinvenute proprio nello studio del commercialista, aggiungendo un ulteriore tassello alla colpevolezza dell’imputato.
Anche le intercettazioni giocarono un ruolo cruciale. Rossi fu ascoltato mentre cercava di depistare le indagini e manipolare le testimonianze, tentando persino di ottenere dal marito novantacinquenne della vittima una dichiarazione liberatoria e ulteriore denaro, nonostante il delitto fosse già stato commesso.
L’avvocato di parte civile, Francesco Cardile, rappresentante dei nipoti della vittima, ha infine chiosato la sua requisitoria sostenendo che non vi erano elementi nuovi che potessero mettere in discussione la colpevolezza di Andrea Rossi: “Non c’è nessuna nuova prova, nessun ragionevole dubbio che possa smontare il giudizio di colpevolezza”.