14 Jul, 2025 - 19:20

Amanda Knox, la sua verità su Disney+: arriva la miniserie sul caso che ha diviso il mondo

Amanda Knox, la sua verità su Disney+: arriva la miniserie  sul caso che ha diviso il mondo

A distanza di sedici anni dal delitto di Perugia, Amanda Knox torna protagonista. Stavolta però non nelle aule giudiziarie né nelle cronache giudiziarie, ma nel ruolo di produttrice esecutiva di una serie televisiva che porta il suo nome e il suo punto di vista. The Twisted Tale of Amanda Knox arriva su Disney+ il 20 agosto, con due episodi subito disponibili e uno a settimana fino a completare la stagione. Una produzione che non si limita a rievocare il caso Meredith Kercher, ma lo ricostruisce secondo la prospettiva di chi per anni è stata – a torto o a ragione – al centro della scena.

Il coinvolgimento diretto di Amanda Knox, affiancata da Monica Lewinsky, impone una riflessione sul senso e sull’opportunità di una narrazione che rischia di diventare autoreferenziale. Non si tratta di un documentario d’inchiesta né di una docuserie neutrale: qui è la stessa Knox a orientare la bussola, a decidere cosa mostrare, come mostrarlo e a chi dare voce.

Un cast prestigioso per la miniserie di Amanda Knox in onda su Disney+

Il progetto, firmato da KJ Steinberg (This Is Us), punta sulla potenza emotiva e mediatica della storia. Grace Van Patten interpreta Knox, affiancata da Sharon Horgan, John Hoogenakker, Francesco Acquaroli, Giuseppe De Domenico (nei panni di Raffaele Sollecito) e Roberta Mattei. Ma il valore del cast e della messa in scena non può oscurare una domanda centrale: questa serie offre uno sguardo critico sul caso o una legittimazione postuma?

La narrazione parte dalla notte del 1° novembre 2007 e attraversa i processi, la detenzione, l’assoluzione. Lo fa attraverso simboli (come il film Il favoloso mondo di Amélie, che Knox dichiara di aver visto mentre avveniva l’omicidio) e interpretazioni che puntano a ricostruire il vissuto psicologico di Amanda Knox. Ma proprio questa centralità rischia di marginalizzare la vera vittima della storia: Meredith Kercher, di cui si parla sempre meno man mano che la serie avanza.

La verità di Amanda Knox sull'omicidio Kercher in 8 episodi

Secondo Steinberg, come riportato da Entertainment Weekly, la serie è "l’anatomia di un bias". La storia di Amanda Knox è anche una storia di rappresentazione: la stampa sensazionalistica, l’opinione pubblica affamata di colpevoli, la costruzione di stereotipi. Ma quando è la stessa persona a cui il pregiudizio è stato applicato a raccontare l’intera vicenda, il rischio è quello di scivolare nella rimozione delle ambiguità, nella costruzione di una nuova narrazione unilaterale.

Il racconto, pur non volendo sovvertire le sentenze, seleziona necessariamente cosa mostrare e cosa omettere. E in questa selezione risiede il cuore critico del progetto. Perché ogni operazione narrativa – ancor più se firmata dalla diretta interessata – è un atto politico. La scelta di produrre la serie con Disney+, piattaforma popolare e trasversale, rafforza l’intento di raggiungere un pubblico vasto, ma pone anche interrogativi su come un dramma reale possa diventare intrattenimento globale.

Raccontare Amanda, ma senza dimenticare Meredith

Non si può ignorare il contesto storico e mediatico in cui nasce questa serie. Viviamo un’epoca in cui la narrazione autobiografica è strumento di potere. Knox, oggi scrittrice e podcaster, rivendica il diritto di raccontare la propria verità. Ma il diritto alla verità – quella collettiva, giudiziaria e storica – non dovrebbe essere subordinato all’esigenza di affermazione personale.

The Twisted Tale of Amanda Knox è un’opera necessaria? Forse. Ma è anche una narrazione fragile, perché costruita da chi ha ancora tutto l’interesse a difendere la propria immagine. Una serie che merita di essere guardata con attenzione, ma anche con senso critico. Perché se è vero che Knox ha diritto alla parola, è altrettanto vero che Meredith Kercher ha diritto al ricordo. E il pubblico ha diritto a una narrazione che non sacrifichi la complessità sull’altare dell’autonarrazione.

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Giorgia Sdei
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