12 Aug, 2025 - 14:00

ZES in Umbria, Luca Bianchi (Svimez): “Occasione storica per un nuovo modello di sviluppo, ma serve una strategia”

ZES in Umbria, Luca Bianchi (Svimez): “Occasione storica per un nuovo modello di sviluppo, ma serve una strategia”

L’Umbria entra ufficialmente nell’ambito della ZES Unica (la Zona Economica Speciale), insieme alle Marche, con l’obiettivo di attrarre investimenti, accelerare le autorizzazioni e dare nuova linfa a un’economia in sofferenza. Per Luca Bianchi, direttore dello Svimez, si tratta di “un’opportunità per sperimentare un nuovo modello di sviluppo capace di rilanciare le aree in declino” - ma senza un piano mirato e un’azione coordinata, il rischio è che resti un intervento spot.

Un riconoscimento che fotografa anche un declino economico

L’estensione della Zona Economica Speciale all’Umbria è, per Bianchi, una “buona notizia” che tuttavia fotografa una realtà preoccupante: la progressiva perdita di competitività del Centro Italia, e in particolare delle regioni umbro-marchigiane.

I numeri parlano chiaro: il PIL pro capite dell’Umbria, che nel 2000 superava di oltre 20 punti la media europea, è sceso al 100% nel 2009 e oggi è fermo all’83%. Nello stesso arco di tempo le Marche sono passate dal 116% al 91%. Sono le uniche due regioni italiane fuori dal Mezzogiorno con valori inferiori alla media UE.

Per Bianchi, questo è il segnale di una frattura interna al Centro Italia: “Il Lazio cresce trainato da Roma, mentre Umbria e Marche non riescono a recuperare un tasso di crescita significativo”.

La fotografia economica è il risultato di fattori strutturali: tessuto industriale sotto pressione, mercati di sbocco fragili, export colpito dalle politiche protezionistiche internazionali e infrastrutture carenti - in particolare nei collegamenti est-ovest che limitano l’accesso ai porti e alle principali arterie di scambio.

ZES come leva di rilancio, ma servono settori chiari e investimenti infrastrutturali

L’esperienza della ZES Unica nel Mezzogiorno - dopo la trasformazione da interventi frammentati a strategia unitaria - ha mostrato risultati concreti: aumento degli investimenti privati, semplificazione autorizzativa e riduzione dei tempi burocratici.

Replicare questo modello in Umbria è possibile, ma solo con un approccio mirato. “Perché funzioni - sottolinea Bianchi - serve individuare settori di specializzazione e interventi puntuali in grado di rafforzare il tessuto industriale e turistico. E soprattutto un programma infrastrutturale che superi i divari logistici che penalizzano l’area”.

L’analisi di Svimez mette in evidenza due priorità:

  • Collegamenti ferroviari e stradali est-ovest per connettere l’Umbria ai porti adriatici e tirrenici in tempi competitivi.

  • Digitalizzazione e innovazione per sostenere le filiere manifatturiere locali e attrarre investimenti tecnologici.

Bianchi ricorda inoltre il tema delle aree interne, dove il drammatico spopolamento si accompagna a un indebolimento dei servizi essenziali - dalla scuola alla sanità. “Senza una politica di riequilibrio e un investimento straordinario, queste zone rischiano un abbandono irreversibile”.

Un piano coordinato tra Umbria e Marche per evitare concorrenza interna

Per il direttore dello Svimez, la chiave sarà la cooperazione interregionale. “Umbria e Marche devono puntare su complementarità e non su competizione interna. Solo un modello di sviluppo integrato, basato su innovazione e valorizzazione delle vocazioni territoriali, potrà invertire il trend”.

La sfida è duplice: da un lato garantire che la ZES Unica non diventi solo un incentivo fiscale, ma uno strumento di politica industriale; dall’altro, evitare che le misure si disperdano in micro-interventi senza impatto sistemico.

Secondo Bianchi, serve un tavolo permanente di monitoraggio tra governo, regioni e rappresentanze produttive, capace di definire obiettivi misurabili e verificare l’efficacia delle misure nel tempo.


Per l’Umbria, l’ingresso nella ZES Unica rappresenta una svolta potenziale, ma anche un banco di prova. È la prova che la regione è ormai percepita come area in difficoltà - ma anche che esistono margini di rilancio se si interviene in modo strutturale.

Senza un progetto organico che combini incentivi, infrastrutture e politiche industriali mirate, il rischio è che la ZES resti un titolo di cronaca e non un reale strumento di rinascita. Con una strategia condivisa, invece, può diventare il punto di partenza per un nuovo ciclo di crescita.

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Federico Zacaglioni
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