23 Apr, 2025 - 21:00

Vite Ceraiole: Gubbio celebra tre protagonisti della Festa dei Ceri del dopoguerra

Vite Ceraiole: Gubbio celebra tre protagonisti della Festa dei Ceri del dopoguerra

Sabato 26 aprile alle ore 16.30, presso la Sala Trecentesca del Comune di Gubbio, si terrà la terza edizione di "Vite Ceraiole", un evento dedicato alla memoria e alla celebrazione di tre grandi figure del mondo ceraiolo eugubino del dopoguerra. Dopo le emozionanti edizioni precedenti, dedicate a Vittorio Baldelli (2023) e a Sandro del Forno e Peppe Marzani (2024), quest’anno si torna a raccontare la vita, la passione e l’impegno di tre uomini che hanno scritto pagine significative della Festa dei Ceri.

I protagonisti di questa edizione:

  • Omero Migliarini per Sant'Ubaldo

  • Aldo Ambrogi (Didà) per San Giorgio

  • Ermete Bedini per Sant'Antonio

Tre ceraioli, tre storie, tre volti che hanno incarnato il significato profondo della festa e della tradizione che lega ogni eugubino al cuore della città.

"L’incontro è aperto a tutti gli amici, ceraioli e non, che abbiano piacere di rivivere e riscoprire tre persone meravigliose che hanno fatto un pezzo di storia ceraiola ed eugubina", spiegano gli organizzatori.

L’iniziativa è patrocinata dal Comune di Gubbio e dall’Università dei Muratori e Scalpellini e Arti Congeneri, e nasce dallo spirito volontario di un gruppo di appassionati, che ha scelto di raccontare la storia dei Ceri attraverso le storie di vita, valorizzando l’identità e la memoria collettiva di una città che nel 15 maggio riconosce la sua essenza più autentica.

Il significato del 15 maggio: tra storia, devozione e identità

Il 15 maggio è una data incisa nell’anima degli eugubini. È il giorno in cui, dal 1160, si commemora il trapasso di Sant’Ubaldo, vescovo e patrono di Gubbio. Ma la festa è molto più di una celebrazione religiosa: è un’esplosione di identità popolare, comunità, orgoglio cittadino. È il giorno in cui l’intera città si ritrova, si riconosce e si rinnova.

Secondo la tradizione, il popolo di Gubbio, per onorare la memoria del suo amato vescovo, costruì dei grandi ceri lignei da portare in processione fino alla basilica sulla cima del monte Ingino, dove il corpo di Sant’Ubaldo è custodito. Quella che oggi chiamiamo Festa dei Ceri nasce proprio da quel gesto spontaneo di devozione.

I tre Ceri, consacrati ai Santi Ubaldo, Giorgio e Antonio, sono portati a spalla da squadre di ceraioli che, con uno sforzo collettivo e spettacolare, li corrono per le strade della città fino al monte. Il rito è rimasto pressoché immutato nei secoli: il 15 maggio di ogni anno, sin dal primo mattino, la città si colora, si accende, si trasforma.

La vigilia, il 14 maggio, è un altro momento carico di pathos e di preparativi. Le famiglie si riuniscono, le taverne si riempiono, si preparano le cene tradizionali e si ripassano i canti e le urla rituali. Tutti sanno che ciò che accadrà il giorno dopo non è solo folclore, ma un’eredità viva, una testimonianza di fede e una dichiarazione d’amore per la città.

Come ha detto più volte lo storico Giovanni Manuali, "La Festa dei Ceri è il linguaggio con cui Gubbio dice a se stessa chi è, da dove viene e dove vuole andare". Non è un caso che la corsa venga preceduta da momenti di raccoglimento, messe, benedizioni e che culmini nel ritorno dei Ceri all’interno della basilica, simbolo del rientro di ogni eugubino sotto la protezione del Santo.

Un evento per ricordare chi ha custodito la tradizione

L’incontro del 26 aprile è parte di questo grande tessuto simbolico. Ricordare Omero Migliarini, Aldo Ambrogi e Ermete Bedini non è solo un omaggio individuale, ma un modo per onorare la generazione che ha ricostruito il legame con i Ceri nel secondo dopoguerra, che ha saputo rimettere insieme una città provata, riportando il cuore al centro: la corsa, la festa, la fede, la famiglia.

Attraverso foto, testimonianze, letture e contributi filmati, i presenti potranno immergersi nella storia personale e collettiva di tre uomini che hanno amato i Ceri come si ama un figlio: senza riserve, con fatica, con emozione.

"Questi incontri servono a riscoprire il significato profondo della festa", dichiarano i promotori, "perché ogni ceraiolo, nel suo piccolo, porta avanti un pezzo di questa tradizione. La festa è fatta di volti, di nomi, di gesti tramandati e ripetuti, sempre uguali e sempre nuovi".

“Vite Ceraiole” è, dunque, un’occasione per fermarsi a riflettere, per dire grazie, per ricordare e per prepararsi, ancora una volta, a vivere il 15 maggio come una liturgia civile e spirituale, che unisce e trasfigura.

Perché, a Gubbio, correre sotto il Cero significa correre con il cuore.

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Mario Farneti
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