28 Jul, 2025 - 17:03

Visionarie, pioniere, combattenti: le donne umbre che hanno sfidato i limiti del loro tempo per dare voce a una nuova Umbria

Visionarie, pioniere, combattenti: le donne umbre che hanno sfidato i limiti del loro tempo per dare voce a una nuova Umbria

Avete mai provato a guardare l’Umbria con occhi diversi, seguendo il filo invisibile di chi, contro ogni convenzione, ha scelto di non restare in silenzio? In una terra spesso raccontata attraverso la quiete dei suoi paesaggi e la sobrietà della sua tradizione, sono esistite — ed esistono — donne che hanno infranto i limiti del proprio tempo, ridisegnando i confini di ciò che sembrava possibile. Visionarie, pioniere, combattenti: non semplici definizioni, ma vite reali, intrecciate a doppio filo con la storia di questa regione. Donne che hanno osato dove altri tacevano, che hanno saputo farsi ascoltare in epoche in cui era difficile persino parlare. Alcune sono rimaste nei libri, altre nei racconti tramandati, altre ancora vivono nei gesti quotidiani di chi oggi raccoglie quell’eredità fatta di tenacia, passione e desiderio di cambiamento.

Ripercorrere i loro passi non significa solo rendere omaggio al passato: significa aprire gli occhi su una parte viva, potente e spesso taciuta dell’identità umbra. Perché attraverso le loro lotte, le loro conquiste, i loro sogni, possiamo ancora oggi leggere una regione diversa: più consapevole, più coraggiosa, più libera.

E voi, siete pronti ad ascoltare le loro storie?

Santa Chiara d’Assisi (1193–1253) – la donna che cambiò per sempre Assisi e l’Umbria

Ci sono donne che non alzano la voce, eppure cambiano per sempre la storia. Santa Chiara d’Assisi è una di loro. Nata in una famiglia nobile e destinata a un futuro agiato, scelse invece di fuggire di casa nella notte della Domenica delle Palme del 1211, per seguire un ideale tanto folle quanto rivoluzionario: una vita di povertà assoluta, preghiera e servizio, al fianco di un giovane che allora pochi capivano davvero — Francesco d’Assisi.

Quella scelta diede inizio a qualcosa di immenso. Nel piccolo convento di San Damiano, poco fuori le mura di Assisi, Chiara fondò l’Ordine delle Povere Dame — le future Clarisse — e trasformò quel luogo in un cuore pulsante di spiritualità e resistenza. Sì, perché la sua non fu solo un’opera di fede, ma un atto di sfida alle gerarchie del tempo, alle imposizioni maschili della Chiesa, alle comodità della sua condizione sociale.

Chiara volle e difese con forza un privilegio allora inaudito: vivere senza nulla, senza rendite, senza compromessi. Una povertà radicale, ispirata direttamente al Vangelo, che lei seppe trasformare in regola e modello, lottando per anni perché fosse riconosciuta. Lo ottenne poco prima di morire, nel 1253, con una bolla papale che sanciva per la prima volta nella storia della Chiesa un ordine religioso femminile interamente autonomo nei principi spirituali.

E mentre Francesco attraversava le città predicando con fervore, Chiara custodiva l’anima del movimento, mantenendone vivo lo spirito nel silenzio di San Damiano. Fu lì che accaddero i miracoli: pane che si moltiplicava per sfamare le sorelle, nemici che si fermavano davanti al Santissimo, corpi che guarivano, cuori che si aprivano. Ma il miracolo più grande fu il suo esempio: una giovane donna che seppe riscrivere il ruolo della femminilità all’interno della Chiesa, tracciando un sentiero nuovo, capace di guidare e ispirare generazioni a venire.

Oggi, il nome di Chiara è legato indissolubilmente ad Assisi. La Basilica a lei dedicata custodisce le sue spoglie e quel Crocifisso che parlò a Francesco. Ma la sua vera eredità è più profonda: è un pensiero che si fa preghiera, un gesto che si fa scelta, una fede che si fa libertà. In lei, l’Umbria ha trovato la sua più dolce rivoluzione: una donna che ha detto “no” alle regole del mondo per poter dire “sì” a un mondo nuovo.

Beata Angelina da Montegiove (1357–1435) – la nobildonna che aprì le porte della fede al mondo

Immaginate una giovane donna, nata tra le mura di un castello nei dintorni di Orvieto, avvolta dal lusso e dalle responsabilità di una nobile casata, ma segnata precocemente da lutti profondi e dalla vedovanza in giovane età. Angelina da Montegiove avrebbe potuto piegarsi alla rassegnazione o ritirarsi nel silenzio dell’isolamento, ma invece trasformò il proprio dolore in una forza dirompente, dando vita a una nuova visione di fede e dedizione al prossimo, capace di rivoluzionare il modo stesso di vivere la spiritualità femminile.

Nel cuore del XIV secolo, in un’epoca in cui le donne erano spesso relegate alla clausura o al silenzio, Angelina volle aprire una porta inedita: fondò a Foligno il monastero di Sant’Anna, una comunità di terziarie francescane senza clausura, che vivessero nel mondo ma con lo spirito del convento. Grazie alla sua tenacia e alla sua visione, ottenne da Papa Bonifacio IX il riconoscimento ufficiale di questo modello innovativo, rompendo gli schemi rigidi della vita monastica tradizionale. Qui, lontano dalle mura strette del claustrum, Angelina promosse una spiritualità attiva, fatta di preghiera profonda ma anche di impegno concreto verso i poveri e gli emarginati. La sua comunità divenne un faro di luce per molte donne che desideravano vivere la loro fede senza rinunciare alla libertà di servire il prossimo.

Angelina morì nel 1435, lasciando un’eredità spirituale e sociale che ha attraversato i secoli. La sua figura resta un invito a guardare oltre le convenzioni, a vivere la fede come atto di coraggio e amore verso il mondo.

Assunta Pieralli (1807–1865) – l’anima e la voce della donna nel Risorgimento umbro

Nata a Lippiano, un piccolo borgo incastonato tra Perugia e Città di Castello, Assunta Pieralli crebbe in una famiglia benestante che le permise di sottrarsi alle consuete incombenze domestiche per dedicarsi con passione allo studio. In un’epoca in cui le donne erano spesso relegate ai ruoli più limitati, lei sfidò i confini del suo tempo coltivando una profonda passione per la letteratura, la poesia e la storia. Autodidatta e determinata, apprese il latino, il francese e la pedagogia grazie all’aiuto di intellettuali locali, tra cui il sacerdote Ottavio Pieralli, suo fratello, e altri amici della famiglia che ne incoraggiarono la sete di conoscenza.

Inizialmente i suoi versi furono semplici componimenti occasionali, dedicati a momenti sociali, ma ben presto la sua poesia divenne un potente strumento di impegno civile e patriottico. Nel 1848, in un’Italia divisa e attraversata dalle lotte per l’indipendenza, Pieralli pubblicò su La donna italiana — rivista militante diretta da Cesare Bordiga — due poesie che celebravano con fervore la lotta per l’unità nazionale e ricordavano il sacrificio di un giovane eroe perugino caduto a Cornuda. Quei versi, rari e preziosi, raccontano il coraggio di una donna che volle farsi voce in un mondo che troppo spesso ignorava le donne, dando un contributo fondamentale a un’epoca di grandi trasformazioni.

Non solo poetessa, Assunta fu anche un’educatrice instancabile e pionieristica. Una delle prime donne a insegnare in una scuola normale femminile, nel 1861 venne nominata docente di storia e geografia presso l’Istituto Magistrale Femminile di Perugia, un ruolo di grande responsabilità in un’Italia che stava faticosamente costruendo la sua identità unita. La scuola in cui insegnò porta oggi il suo nome, a testimonianza del suo prezioso contributo nella formazione delle giovani generazioni, in particolare delle ragazze, alle quali trasmise non solo conoscenze, ma anche il valore dell’impegno civile e culturale.

L'eredità di Assunta Pieralli vive ancora oggi, incarnata nel Liceo Statale a lei dedicato, dove ogni giorno ragazzi e ragazze imparano a guardare il mondo con occhi critici e cuore aperto, ispirati dalla forza di una donna che seppe unire la bellezza delle parole alla forza delle idee, lasciando un segno indelebile nella storia culturale e sociale dell’Umbria.

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Francesco Mastrodicasa
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