La Tenuta di Villa Fassia, immersa nei boschi dolci e nelle acque quiete dell’altopiano a sud di Gubbio, continua a rivelarsi un luogo in cui passato, paesaggio e ricerca contemporanea dialogano con naturalezza. Un dialogo che oggi ha trovato nuova linfa grazie alla visita guidata dalla Dott.ssa Agronomo Carla Schiaffelli, presidente dell’ente “Giardini Maestri ETS”, nell’ambito del primo convegno italiano dedicato alla presentazione — nella stessa Villa Fassia — del Metodo Effetto Topofilia della scienziata austriaca di origini italiane Roberta Rio, un approccio scientifico riconosciuto a livello europeo che studia la relazione viva tra esseri umani e luoghi.

Un appuntamento denso, ricco di suggestioni e di spunti storici, dove lo sguardo tecnico della Schiaffelli e quello interdisciplinare della Rio si sono intrecciati per restituire ai presenti una visione più profonda del paesaggio di Fassia e del suo Genius loci.
La storia di Villa Fassia è quella di molte dimore umbre che, tra XIX e XX secolo, hanno intrecciato agricoltura, forestazione, sperimentazione botanica, architettura e ospitalità. Il nucleo originario della villa venne ampliato nel Novecento, mentre la vastissima tenuta — oltre 450 ettari — divenne nel tempo luogo di allevamenti, colture, boschi, seminativi, laghetti artificiali e aree dedicate alla fauna selvatica. Un paesaggio produttivo e insieme contemplativo, modellato nel rispetto delle curve di livello, della vocazione dei suoli e del ritmo naturale delle acque.
Negli anni Ottanta e Novanta la Tenuta si è poi trasformata in un laboratorio di comunità, accogliendo realtà associative, gruppi spirituali, attività teatrali, progetti ecologici e residenze artistiche. È un luogo che ha continuato — e continua — a stratificare significati, memorie, storie individuali e collettive, divenendo uno dei contesti più carichi di identità del territorio eugubino.
In questo scenario, la visita guidata della Dott.ssa Schiaffelli si è naturalmente inserita come un percorso di lettura paesaggistica, mostrando come il verde di Fassia sia non solo un “fondale”, ma un organismo vivo, dotato di funzioni ecologiche, estetiche e simboliche.
La Dott.ssa Carla Schiaffelli, agronoma ed esperta nella progettazione e nella gestione del verde ornamentale, ha guidato i partecipanti attraverso un itinerario che ha toccato alberature storiche, aree di rimboschimento, zone idriche e impianti paesaggistici.

Ha sottolineato l’importanza — oggi più che mai — di una gestione del verde che sappia tenere insieme:
biodiversità,
funzione ecologica,
manutenzione consapevole,
armonia estetica,
e soprattutto rispetto della vocazione originaria del luogo, riprendendo i principi della Dott.ssa Rio e del Metodo Effetto Topofilia.
In più di un passaggio, la Schiaffelli ha ricordato l’eredità di maestri come Pietro Porcinai, il massimo paesaggista italiano del Novecento, pioniere dell’integrazione tra verde e architettura.
Nel tratteggiare la storia dei giardini italiani moderni, la Schiaffelli ha evocato la figura di Porcinai, scomparso nel 1986 ma ancora oggi modello imprescindibile: l’uomo che riportò in Italia la cultura nord-europea del giardino come “spazio vivente”, libero dalle costrizioni formali, aperto al dialogo con la topografia naturale e capace di coniugare tecnica e poesia.
Porcinai — autore di oltre 900 progetti in Italia e nel mondo — considerava ogni intervento paesaggistico un atto di cura prima che di progettazione. Un’idea perfettamente in linea con l’approccio che la Schiaffelli porta avanti con il suo centro di formazione “Giardini Maestri ETS”, impegnato a diffondere una cultura del verde fondata su conoscenza scientifica, sensibilità e responsabilità.
La giornata è culminata nella presentazione del Metodo Effetto Topofilia da parte della scienziata Roberta Rio, un metodo d’indagine riconosciuto scientificamente che esplora il rapporto dinamico tra gli esseri umani e i luoghi, misurandone memorie, tracce energetiche, correlazioni storiche e ricadute psicofisiche.
Rio ha ricordato come il termine “topofilia” — amore per i luoghi — sia solo un punto di partenza. L’“Effetto Topofilia”, invece, rappresenta un approccio interdisciplinare che unisce:
studi storici,
osservazione geomorfologica,
archeologia del paesaggio,
psicologia del profondo,
neuroscienze,
e misurazioni fisiche contemporanee.
Durante l’incontro, la scienziata ha spiegato come ogni luogo sia la stratificazione vivente di eventi, memorie, traumi, guarigioni e gesti umani che continuano ad agire nel presente.

«Il Genius loci — ha ricordato — si rivela solo agli animi gentili. A chi ascolta prima di interpretare».
Il suo intervento è stato un viaggio tra filosofia antica, architettura sacra, esempi storici, racconti di ricerca sul campo e una respirazione guidata che ha permesso ai partecipanti di sperimentare in prima persona una diversa percezione dello spazio.
Ciò che è emerso dalla giornata alla Tenuta di Villa Fassia è una visione unitaria, in cui paesaggio, storia, architettura, ecologia, percezione e identità si intrecciano. Carla Schiaffelli e Roberta Rio — con linguaggi diversi ma complementari — hanno accompagnato i presenti in un percorso che ha mostrato come il luogo non sia un contenitore neutro, ma un partner: un interlocutore che chiede attenzione, rispetto, ascolto.
In un’epoca in cui si costruisce spesso contro la natura del paesaggio, Fassia diventa un esempio virtuoso: un luogo che ha conservato la propria anima grazie a scelte responsabili, studi mirati e alla presenza di professionisti che ne riconoscono il valore profondo.
La visita guidata di Carla Schiaffelli e la presentazione del Metodo Effetto Topofilia di Roberta Rio hanno riportato al centro del discorso pubblico un tema essenziale: abitare non significa semplicemente vivere in un luogo, ma entrare in relazione con esso.
In questo senso, Villa Fassia — con il suo lago, i suoi prati, le sue querce secolari e le sue vene di storia — è più di una tenuta: è un laboratorio vivente di paesaggio, uno spazio in cui le persone possono riscoprire il legame profondo con la terra, con la memoria e con la propria identità.
«Non possediamo i luoghi — ha ricordato Rio — così come non possediamo questo istante. Possiamo solo imparare ad averne cura».