È operativo, anche in Umbria, il Protocollo nazionale sui sistemi di video-allarme collegati con le sale operative delle Forze di Polizia. L’annuncio arriva dalla Confcommercio regionale, che ha aderito alla giornata nazionale “Legalità, ci piace!”. L’iniziativa vuole promuovere e rafforzare la cultura della legalità: un prerequisito fondamentale per la crescita e lo sviluppo. E con l’occasione, l’associazione annuncia l’operatività, anche in Umbria, del Protocollo quadro per la sicurezza sottoscritto lo scorso febbraio con il Ministero dell’Interno e incentrato sul concetto di sicurezza partecipata.
Intanto l’associazione di categoria presieduta da Giorgio Mencaroni ha diffuso i dati di un’indagine annuale che prende in esame la percezione della sicurezza tra imprese e consumatori. Furti, rapine e atti di vandalismo la preoccupazione più grande degli imprenditori del terziario. Anche abusivismo e contraffazione incidono pesantemente. L’acquisto dei prodotti contraffatti per molti cittadini è “normale”, anche se si conoscono i rischi, e avviene soprattutto online.
Video-allarme: la collaborazione tra imprese e forze dell’ordine decisiva nel controllo di prossimità
“Crediamo nell’efficacia di azioni concrete di collaborazione tra imprenditori e Forze dell’Ordine – spiega il presidente di Confcommercio Umbria Giorgio Mencaroni -. E faremo tutto il possibile per dare concretezza operativa al Protocollo del video-allarme. Si tratta di garantire sempre maggiori livelli di protezione e sicurezza agli esercizi commerciali e alle imprese. Grazie al collegamento dei sistemi di video-allarme con le sale operative delle Forze di Polizia, in caso di rapina, sarà possibile trasmettere segnalazioni e immagini in tempo reale. Gli imprenditori interessati possono fin da subito prendere contatto con gli uffici Confcommercio su tutto il territorio umbro per aderire al Protocollo”.
Intanto la Confcommercio ha svelato i dati dell’indagine tra imprese e consumatori su illegalità, contraffazione e abusivismo. L’usura, l’estorsione ed il racket, i furti e gli atti di vandalismo sono i fenomeni criminali percepiti in maggior aumento dalle imprese del commercio, turismo e servizi del Centro Italia, tra cui è ricompresa anche l’Umbria. Che però, ha il vantaggio di essere costituita soprattutto da piccoli o medi centri, in cui i fenomeni illegali sono molto meno avvertiti. Le percentuali sui furti e gli atti vandalici, rispettivamente del 19,3% e del 18,8%, sono inferiori ai valori nazionali, pari al 23,5% al 21,1%.
“Legalità, ci piace”, oltre al video-allarme, intervistate 1.600 imprese e altrettanti consumatori
L’indagine è stata realizzata da Confcommercio Imprese per l’Italia in occasione della undicesima edizione di “Legalità, ci piace”. Il sondaggio ha interessato un campione di 1.600 imprese e altrettanti consumatori, ed è suddiviso per macro aree territoriali.
Il 36,8% degli imprenditori del Centro teme il rischio di essere esposto a fenomeni criminali quali furti, rapine, atti vandalici, aggressioni. Il dato è più alto di quello nazionale. I furti sono il crimine che preoccupa di più gli imprenditori del terziario sul piano della sicurezza della propria impresa/della propria persona/dei collaboratori (35,9%). Significativo che al secondo posto gli imprenditori mettano tra i pericoli le truffe e frodi informatiche (26,4%, anche qui sopra la media nazionale del 23,8%, con punte del 30% nei centri di medie dimensioni). Che superano in questa classifica negativa le rapine (21,3%, in Italia 18,4%), gli atti vandalici e le spaccate (17,3%).
C’è una sensibile differenza di percezione – per quasi tutti i fenomeni – tra piccoli, medi e grandi centri. Gli imprenditori che hanno la sensazione di un aumento delle aggressioni e degli atti di violenza nei piccoli centri sono il 4,9%, nei medi del 7,7% contro il 28% dei grandi centri. Per le rapine sono il 4,9% nei piccoli centri, il 7,4% nei medi e il 27,6% nei grandi. Per quanto riguarda i furti, la sensazione di incremento nelle grandi città è il triplo (34,5%) rispetto ai centri minori.
Usura e racket, taccheggio e abusivismo preoccupano le imprese del commercio e del terziario
Il 22% degli intervistati dichiara di essere “molto preoccupato” per il rischio di usura e racket, valore che coincide con il dato nazionale. Di fronte a questi fenomeni, Il 62,5% degli intervistati ritiene che si dovrebbe sporgere denuncia. Le forze dell’ordine (42,2%) infatti sono il soggetto ritenuto più vicino agli imprenditori minacciati.
Per il 69,4% delle imprese del Centro il fenomeno del taccheggio è rimasto invariato rispetto all’anno scorso, solo per un 15,1% (18,2% il dato nazionale) le cose vanno meglio. Eppure rispetto alla pervasività di questo fenomeno e agli ingenti danni economici che crea, ben il 44,1% non adotta alcuna misura di contrasto.
Il 60,2% delle imprese del terziario del Centro, valore leggermente inferiore al dato italiano del 62,8%, ritiene di essere penalizzato dall’abusivismo e dalla contraffazione. Prima di tutto in termini di concorrenza sleale. Ma anche per la riduzione dei ricavi e del fatturato, che porta con sé l’impossibilità di assumere nuovo personale o mantenere quello esistente, a causa dell’aumento dei costi.
L’82% delle imprese ha investito in misure di sicurezza, in particolare in sistemi di videosorveglianza e di allarmi antifurto. Valore superiore a quello nazionale.
L’identikit del consumatore illegale: incidenza maggiore tra gli uomini tra i 18 e i 34 anni
Il 24,3% dei consumatori del Centro ha acquistato prodotti o servizi illegali nel 2023 (quota in linea con quella nazionale). Di questi, Il 63,2% ha utilizzato canali di vendita online (dato inferiore a quello nazionale) e, in particolare, il 40,1% ha effettuati acquisti esclusivamente online. I valori sono inferiori al dato Italia.
I capi di abbigliamento (57,7%) e pelletteria (31,1%) sono i prodotti illegali più acquistati. La maggior parte dell’intrattenimento (80,7% della musica, film, abbonamenti tv, etc.), e i prodotti di elettronica (per il 69,1%) passano dagli acquisti online.
I consumatori che acquistano prodotti o servizi illegali lo fanno soprattutto per ragioni economiche (70,5%, dato di poco inferiore a quello nazionale). Pensano cioè di fare un buon affare, risparmiando. Per il 72,7% l’acquisto di prodotti o servizi illegali è piuttosto normale ed è utile per chi è in difficoltà economiche, valore superiore a quello nazionale pari al 74,4%. Il 64,3% dei consumatori del Centro è informato sul rischio di sanzioni amministrative per gli acquisti illegali (dato leggermente inferiore alla quota Italia). Chi acquista “illegale” lo fa in modo consapevole (per il 68%, dato in linea al valore Italia) e la quasi totalità (il 98%, percentuale in linea con quella nazionale) sa che ciò può comportare dei rischi. In particolare, i rischi più indicati sono per la salute (69,5%), per la sicurezza (53,7%), per la bassa qualità dei prodotti (50,7%).
Il 67% dei consumatori ritiene che sui canali di vendita online sia più facile cadere nella trappola dell’acquisto inconsapevole di articoli contraffatti (dato in linea con quello nazionale) e al 20,6% degli intervistati è capitato di acquistare online prodotti contraffatti credendo che fossero originali (valore più basso della quota Italia). Gran parte dei consumatori (78,2%, dato inferiore a quello nazionale) è d’accordo nel considerare le piattaforme di commercio elettronico e i social media direttamente responsabili, e quindi sanzionabili, per la vendita di prodotti contraffatti sul loro canale online da parte di terzi.
Infine, l’identikit del “consumatore illegale”. È uomo, soprattutto tra i 18 e i 34 anni, ha in prevalenza un livello d’istruzione medio-superiore, è soprattutto impiegato, operaio o studente.