18 Jul, 2025 - 10:33

Uomini e donne di fede in Umbria con l'Umbria nel cuore: chi sono i grandi testimoni della fede nati nella regione

Uomini e donne di fede in Umbria con l'Umbria nel cuore: chi sono i grandi testimoni della fede nati nella regione

Vi siete mai chiesti quanta spiritualità possa racchiudere una terra come l’Umbria? Una terra unica, che sembra custodire in ogni pietra, in ogni scorcio, in ogni respiro di vento, una dimensione più profonda dell’esistenza. Non è un caso se, nel cuore verde d’Italia, hanno preso vita alcune delle figure più emblematiche e intense della fede cristiana: uomini e donne capaci di incarnare, con radicalità e dolcezza, il messaggio evangelico. 

Vi accompagniamo in un viaggio che non è solo geografico, ma soprattutto interiore. Un percorso tra borghi e monasteri, tra silenzi e preghiere, per riscoprire volti che hanno lasciato un segno indelebile nel cammino spirituale dell’umanità. Alcuni nomi sono scolpiti nella memoria collettiva: santi, mistici, fondatori di ordini religiosi. Altri, meno noti, sono comunque portatori di una luce preziosa, il cui esempio continua a parlarci con forza e attualità.

Tutti, però, hanno qualcosa in comune: l’Umbria nel cuore. Ne sono figli spirituali, scolpiti dal suo paesaggio sobrio e meditativo, nutriti da una cultura che intreccia fede e bellezza, silenzio e contemplazione. E proprio da queste radici hanno saputo fiorire, diventando fari di luce, esempi di amore, giustizia e speranza. In queste righe, proveremo a restituirvi la profondità delle loro vite. Perché anche oggi, più che mai, abbiamo bisogno di testimoni. E forse, guardando all’Umbria, possiamo ritrovare un frammento di quella luce.

San Francesco d’Assisi (1181–1226) – Il poverello che rese grande l’Umbria agli occhi del mondo

C'è un’anima che ancora oggi aleggia tra le colline assisane, silenziosa ma potente, capace di parlare al cuore di chi sa ascoltare. È l’anima di Francesco, il giovane figlio di un ricco mercante, che un giorno scelse di spogliarsi di tutto per abbracciare tutto. Sì, proprio così: spogliarsi del superfluo per abbracciare la nudità della vita, del Vangelo, del Creato.

Nato ad Assisi tra il 1181 e il 1182, Francesco Bernardone incarna l’essenza più luminosa dell’Umbria: una terra che non urla ma sussurra, che non si impone ma accoglie, che custodisce nel suo silenzio la voce più autentica della spiritualità. Dopo un’esistenza giovanile tra feste e sogni cavallereschi, il richiamo dell’Assoluto lo travolse come una brezza leggera e potente insieme. Lasciò tutto: ricchezze, privilegi, ambizioni. E nel gesto radicale di spogliarsi davanti al vescovo, nacque non solo un nuovo uomo, ma anche un nuovo modo di credere, di servire, di amare.

Fondatore dell’Ordine dei Frati Minori, Francesco non impose dottrine: offrì esempi. Non alzò la voce: abbassò se stesso. Non cercò il potere: cercò i poveri, i lebbrosi, i dimenticati. La sua fede non fu mai dogmatica ma esperienziale, fatta di gesti semplici e profondi, come baciare un malato o chiamare “fratello” ogni essere vivente.

E fu proprio in questa comunione con il creato che trovò parole nuove per lodare Dio: nacque così il meraviglioso Cantico delle Creature, il primo grande inno poetico in lingua volgare. Non un testo liturgico, ma una carezza poetica, che restituisce dignità e sacralità a ogni frammento della vita: dal sole alla luna, dall’acqua al fuoco, dalla terra alla morte. Un canto che ancora oggi risuona come una preghiera laica e universale, capace di unire credenti e non credenti nella meraviglia della gratitudine.

Visitare oggi i luoghi francescani — la Basilica, l’Eremo delle Carceri, la Porziuncola — non è solo un pellegrinaggio geografico, ma un ritorno all’essenziale, un invito a rimettere ordine nel nostro mondo interiore. Perché Francesco non fu solo un santo: fu, ed è ancora, un compagno di viaggio per chiunque cerchi una fede viva, incarnata, fatta di tenerezza e coraggio.

Santa Rita da Cascia (1381–1457) – La forza mite dell’impossibile

Avete mai pensato a quanta luce possa nascere anche dal dolore più profondo? Santa Rita da Cascia, nata nel piccolo borgo di Roccaporena, in Umbria, è l’esempio vivente di come la fede possa trasformare le ferite dell’anima in segni di speranza per il mondo intero. Conosciuta oggi come la “Santa delle cause impossibili”, Rita non è soltanto una figura di devozione popolare: è il simbolo eterno di una donna che ha saputo attraversare la sofferenza con dignità, fede e una straordinaria dolcezza interiore.

La sua vita fu tutt’altro che semplice. Fin da bambina, obbedì al volere dei genitori e, a soli dodici anni, sposò un uomo dal carattere violento. Ma invece di lasciarsi sopraffare dal dolore, trasformò ogni sofferenza in preghiera incessante, intercedendo con fervore perché il marito trovasse una nuova via. E così fu: il Signore esaudì il suo supplicare, cambiando il cuore dell’uomo e portando pace in quella casa, almeno per un tempo, prima che una faida crudele gli portasse via la vita. Rita diventò madre di due figli, ma quando i ragazzi, colmi di rabbia, cercarono vendetta, fu ancora la sua fede a guidarla. Pregò intensamente che Dio li chiamasse a sé, piuttosto che vederli cadere nel peccato, e così accadde. Solo allora, libera da vincoli familiari e dal peso del rancore, poté entrare nel convento agostiniano, non prima però di riuscire a pacificare le famiglie in lotta.

Tra le mura del convento, iniziò un cammino ancora più profondo, segnato da lunghi anni di silenzio, contemplazione e totale unione alla Passione di Cristo. Nel 1428, durante una visione, una spina della corona di Gesù si impresse sulla sua fronte: non una ferita immaginaria, ma una piaga reale, che Rita portò per il resto della sua vita come segno visibile della sua partecipazione al dolore redentivo. Negli ultimi anni, quando la malattia la afflisse per oltre quattro lunghi anni, chiese un ultimo miracolo: una rosa e qualche fico dal giardino di Roccaporena in pieno inverno. Entrambe le richieste furono esaudite, consacrando la rosa come simbolo immortale del suo coraggio e della sua fede.

Dopo la sua morte, la fama di Rita si diffuse rapidamente. Beatificata nel 1626 e canonizzata nel 1900, divenne universalmente riconosciuta come la “Protettrice delle cause impossibili”. Il suo corpo, ritrovato incorrotto più di un secolo dopo, emanava un profumo dolce e persistente, segno per i fedeli della sua santità viva e presente.

Oggi, il Santuario di Cascia, con il convento, l’oratorio della stigmata, la sua cella e il giardino delle rose, continua a essere meta di un flusso incessante di pellegrini. In ogni angolo, si avverte la sua presenza discreta eppure intensa: una donna che ha saputo trasformare il proprio dolore in preghiera, la propria sofferenza in speranza.

Beata Angela da Foligno (1248–1309) – la testimonianza di una fede che non conosce confini

Angela nacque nel 1248 a Foligno, in una famiglia benestante, e trascorse la sua giovinezza immersa in una vita mondana, lontana dalla ricerca spirituale. Sposò un uomo di rango e visse con lui una vita agiata, dedicandosi alla famiglia senza curarsi più di tanto delle cose dell’anima. Tuttavia, tutto cambiò radicalmente intorno al 1285, quando una serie di eventi drammatici — tra cui un terremoto e conflitti locali — la spinsero a guardare con occhi nuovi l’esistenza. Questa presa di coscienza la condusse a un cammino di conversione profonda e sincera: Angela scelse di abbracciare la penitenza, riconciliandosi con Dio e scegliendo di vivere una vita di povertà e umiltà entrando nel Terz’Ordine Francescano. Non fu un percorso facile, dovette affrontare l’opposizione della famiglia e molte difficoltà, ma la sua determinazione e fede furono più forti di ogni ostacolo.

Nel silenzio e nella preghiera del suo nuovo stile di vita, Angela visse intense esperienze mistiche che portarono alla luce una spiritualità intensa e autentica. Il suo "Memoriale", un testo redatto dal suo confessore fra’ Arnaldo, racconta il suo cammino interiore attraverso trenta tappe di purificazione e unione con Dio. In queste pagine emergono visioni, estasi e una profonda riflessione sul peccato, la misericordia, l’umiltà e l’amore divino, che rendono la sua esperienza unica e straordinaria. 

Angela non fu solo una mistica in contemplazione, ma anche una guida spirituale concreta: scrisse lettere, offrì consigli e accompagnò con amore e saggezza quanti si rivolgevano a lei in cerca di luce. La sua vita è un esempio di come la fede possa radicarsi nel quotidiano, trasformando il dolore e il dubbio in forza e speranza. Morì nel 1309 a Foligno, dove il suo corpo riposa nella chiesa di San Francesco. Sebbene il suo culto fosse già vivo da secoli, fu riconosciuta ufficialmente nel 1701 e nel 2013 Papa Francesco ne ha riconosciuto il culto equipollente, confermando il valore spirituale e umano della sua testimonianza.

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Francesco Mastrodicasa
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