04 May, 2025 - 13:30

Una città in cammino: la discesa dei Ceri e l’abbraccio del popolo

Una città in cammino: la discesa dei Ceri e l’abbraccio del popolo

La discesa dei Ceri dal Monte Ingino alla città, avvenuta oggi, prima domenica di maggio, è stata ancora una volta una celebrazione collettiva di identità, memoria e futuro. Non solo un rito, ma una coreografia popolare, fatta di volti, gesti e suoni che si ripetono di generazione in generazione e che si imprimono nella carne viva della città.

Quest’anno, anche grazie a un clima favorevole e a un sole che ha accompagnato il corteo dal mattino fino alle ultime girate in Piazza Grande, l’affluenza è stata straordinaria. Centinaia di turisti, incuriositi o affascinati, hanno affiancato migliaia di eugubini di ogni età, confermando che la Festa dei Ceri è molto più di una festa: è un'identità collettiva che si rinnova.

I bambini sui Ceri: il futuro in spalla

Tra le immagini più toccanti della giornata, quella dei bambini caricati sui Ceri in posizione orizzontale, fiori in mano, accompagnati dagli sguardi attenti di genitori e ceraioli. Un momento che commuove e spiega, meglio di mille discorsi, cosa significhi “appartenere” a Gubbio.

“I nostri figli li mettiamo sopra i Ceri perché imparino fin da piccoli dove sono le radici” – confida un padre, mentre accompagna il piccolo lungo lo stradone. È un passaggio simbolico, ma reale, un gesto che fonde affetto e formazione, gioco e rito. I Ceri, portati a spalla e tenuti bassi durante la discesa, diventano per qualche ora un ponte vivente tra il presente e la promessa del domani.

Tamburi, fiati e passi lenti: il suono del popolo

Ad accompagnare la discesa, come sempre, le bande musicali dei tre Ceri: Sant’Ubaldo, San Giorgio e Sant’Antonio. I tamburini aprono la strada con il loro ritmo secco e cadenzato, seguiti dai fiati che eseguono marce tradizionali e melodie popolari.

L'armonia che ne nasce è quella di un unico popolo che suona se stesso, che racconta il suo legame con la terra, con la fede, con la corsa che verrà. I suoni si fondono con le voci, con il passo lento della folla, con l’eco del Campanone che saluta la città in festa.

Le tre girate attorno al pennone e i "matti" di Gubbio 

L’apice della discesa si raggiunge, come da tradizione, in Piazza Grande, davanti al pennone centrale dove si concentrano emozioni, applausi e commozione. 

“Questo è il momento in cui tutto si stringe: la musica, il popolo, la pietra della piazza, i secoli, racconta una spettatrice che non manca mai. Le girate non sono solo una prova d’orgoglio, ma un’offerta simbolica della città al suo stesso cuore. Qui, nella pietra viva del Palazzo dei Consoli, il rito tocca il centro esatto del suo significato: la circolarità del tempo, il ritorno che è anche attesa.

Un cammino tra sacro e popolare

Come abbiamo ricordato in un articolo precedente, la discesa dei Ceri non è solo un atto logistico, ma un pellegrinaggio urbano che parte dalla Basilica di Sant’Ubaldo e si conclude nella Sala dell’Arengo, sede del potere civico medievale. È un viaggio tra la verticalità della fede e l’orizzontalità del vivere insieme.

Lì, tra le mura che ospitarono i boni homines del Comune medievale, i Ceri riposeranno fino al 15 maggio, come testimoni silenziosi di un'attesa che cresce ogni giorno. In quell’attesa si riflette la città intera, che si prepara all’esplosione della corsa come a una nascita ciclica, sempre nuova eppure identica da secoli.

Il miracolo dell’affluenza: Gubbio città del mondo

Quest’anno, il clima sereno ha favorito una partecipazione record, sia da parte dei turisti sia degli stessi eugubini. Molti di coloro che abitano fuori, o che tornano solo per l’occasione, non hanno voluto mancare all’appuntamento con il cuore della propria identità. Il monte si è riempito presto, la città ha risposto presente.

Siamo partiti all’alba da Roma per esserci, per far vedere a nostra figlia cosa significa essere di Gubbio – racconta una giovane coppia. Il volto della città si è fatto accogliente, le vie si sono popolate di voci, di canti, di foto, di abbracci. Il “popolo dei Ceri” si è mostrato nella sua forma più pura: una comunità che sa accogliere, custodire, tramandare.

Una comunità che si fa rito

La discesa dei Ceri è la conferma che la Festa non è fatta solo di corsa, ma di cammino. È il momento in cui il popolo si guarda, si riconosce e si riunisce attorno a un gesto condiviso. È un teatro senza spettatori, dove ogni volto è parte, ogni passo è memoria.

Come ricordava Don Mirco Orsini nella messa di apertura, “i Ceri non possono lasciarci come ci hanno trovato. La festa, dunque, non è evasione ma trasformazione. E la discesa è il tempo in cui questa trasformazione comincia: nella lentezza del passo, nella musica delle bande, nella fiducia dei bambini caricati in spalla.

Verso il 15 maggio: l’attesa che cresce

Ora che i Ceri sono arrivati in città, custoditi nella Sala dell’Arengo, l’attenzione si sposta sulla preparazione del giorno centrale della festa: il 15 maggio. Ma già questa discesa ha tracciato un solco: ha messo in movimento la città, ha fatto vibrare la sua memoria, ha dato voce al suo cuore.

I tamburi ora tacciono, ma l’eco resta. Ritornaranno a rullare prima dell'alba del 15 maggio. Il cammino è appena cominciato. E Gubbio, con il suo passo lento e sicuro, si avvicina ancora una volta a se stessa.

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Mario Farneti
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