La Cattedrale dei Santi Mariano e Giacomo ha accolto anche quest’anno, nel giorno della sua memoria liturgica, il cuore vibrante della città e della diocesi eugubina. Il 16 maggio, giorno consacrato a Sant’Ubaldo, si è svolta la solenne celebrazione del pontificale, presieduta dal vescovo Luciano Paolucci Bedini e concelebrata dal vescovo Giorgio Barbetta – originario della diocesi di Gubbio e oggi vescovo nella peruviana diocesi di Huari – insieme a tutto il clero diocesano e al vicario generale don Mirko Orsini.
Presenti in Cattedrale anche le autorità civili e militari, i sindaci dei comuni del territorio diocesano e le delegazioni delle città gemellate con Gubbio, a testimoniare un vincolo che unisce la devozione popolare alla vita istituzionale. Una celebrazione partecipata, solenne e intensa.
L’omelia del vescovo Luciano ha toccato corde profonde e universali.
“Carissimi amici, fratelli e sorelle, si compiono oggi, in questa solenne liturgia, la memoria gioiosa e l’omaggio devoto del popolo eugubino offerti al santo patrono Ubaldo”, ha esordito il presule, salutando con affetto sincero tutte le autorità presenti, le realtà associative, i rappresentanti delle città gemellate e le forze dell’ordine che “hanno vigilato sullo svolgimento sicuro e rispettoso della nostra festa.”
Un ringraziamento speciale è stato rivolto anche ai protagonisti della giornata del 15 maggio: i Capitani e i Capodieci della Corsa dei Ceri, ai quali è stato riconosciuto il merito di “averci guidati fin sulla soglia della dimora santa del nostro Vescovo Ubaldo.”
In sintonia con l’Anno Giubilare, monsignor Paolucci Bedini ha proposto la figura di Sant’Ubaldo come “pellegrino di speranza”, discepolo e maestro di quella virtù teologale che oggi più che mai interpella l’anima dei credenti.
“Il Beato Ubaldo, testimone credibile della fede in Cristo e autentico animatore del suo amore di carità verso i più poveri e bisognosi, è per noi anche un consolante esempio di discepolo e maestro della speranza.”
L’omelia ha attraversato le Scritture, in particolare il passo tratto dal Siracide, che traccia l’identikit del sommo sacerdote come “colui che riparò il tempio, fortificò la città nell’assedio e impedì la caduta del popolo. È la fotografia di quanto il nostro Vescovo santo ha vissuto per la sua Diocesi e la sua Città.”
Sant’Ubaldo, ha ricordato il vescovo, seppe mantenere la fiducia, sostenere l’unità, credere nella protezione divina anche nei momenti più oscuri.
“Anche laddove tutto appariva perduto, e nulla sembrava volgere al bene, Sant’Ubaldo ha saputo attingere all’unica sorgente della vera speranza.”
Una speranza che non è evasione, ma impegno: “la forza e il coraggio per affrontare il male continuando a credere nel bene.” La radice salda della speranza è Gesù risorto, “Colui che ha attraversato le porte del male e della morte con la sola forza dell’amore di Dio.”
Centrale, nell’omelia, anche la lettura dalla lettera di San Paolo agli Efesini, che invita alla riconciliazione, al perdono e alla misericordia reciproca:
“Scompaiano da voi ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenza… Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda. Se siamo fondati nella misericordia di Dio – ha detto il vescovo – non abbiamo più nulla da temere.” È da questa certezza che nasce la speranza cristiana, capace di trasformare il cuore e le relazioni.
Anche in questo, Sant’Ubaldo si fa testimone e guida: “Ci invita a imitare il suo esempio e ad accogliere il suo insegnamento.”
Il Vangelo proclamato nella solennità eugubina ha richiamato le parole di Gesù ai discepoli:
“Rallegratevi non perché i demòni si sottomettono a voi, ma perché i vostri nomi sono scritti nei cieli. La speranza non racconta la nostra forza, ma la grazia in cui viviamo”, ha osservato il vescovo. È la grazia di Cristo risorto, il dono dello Spirito, la vera sorgente di speranza che ci permette di affrontare ogni prova.
Sant’Ubaldo, ha concluso il vescovo Luciano, è stato un uomo di Dio immerso nella storia, pastore attento ai bisogni materiali e spirituali della sua gente.
“La speranza va attinta alla sorgente della misericordia, ma poi va anche organizzata e servita con l’impegno e il sacrificio personale.Va resa concreta con gesti e segni di vicinanza, va custodita nella carità operosa, appresa sotto lo sguardo di autentici testimoni.”
L’omelia si è conclusa con una preghiera rivolta al Santo Patrono, carica di fiducia e di umanissima invocazione: “Vescovo Ubaldo, patrono santo della nostra terra… accompagnaci nel cammino, tienici per mano e conducici nei sentieri più faticosi.”
Una liturgia che ha lasciato impressa nel cuore dei presenti la certezza che la speranza è una realtà viva, fondata non sulle parole, ma sull’amore crocifisso e risorto. Un’eredità che il popolo di Gubbio continua a portare nel cuore ogni 16 maggio, ai piedi dell’altare del suo Santo.