25 May, 2025 - 10:30

L’Umbria scommette sull’export: Terni accelera, Perugia tiene il passo. 4 miliardi di giro d'affari, ma i dazi USA impongono nuove rotte

L’Umbria scommette sull’export: Terni accelera, Perugia tiene il passo. 4 miliardi di giro d'affari, ma i dazi USA impongono nuove rotte

In Umbria, a volte, le statistiche raccontano meno della realtà. Una regione che rappresenta appena lo 0,9% dell’export italiano potrebbe sembrare marginale. Eppure, dietro a quella cifra, c’è il fermento di un sistema produttivo che vuole giocarsi la partita globale. Lo dimostra il dato 2024: 4 miliardi di euro in esportazioni, con una crescita che supera la media nazionale.

Tra il 2023 e il 2024 le esportazioni sono aumentate del 5,7% a Perugia e del 4,3% a Terni, ben sopra la media nazionale (+1,5%). Si tratta di segnali incoraggianti, specie se considerati insieme alla crescita dell’occupazione (+1,8% Perugia, +7,7% Terni) e al boom di entrate previste per nuovi lavoratori (+50,3% e +15,8%). Una quota che nasconde fermento, dinamismo e un potenziale inespresso.

Ma l’Umbria è ancora un laboratorio in cerca di identità, dove la voglia di internazionalizzarsi si scontra con limiti strutturali, dipendenze pericolose e un tessuto imprenditoriale ancora troppo polverizzato.
Eppure c’è chi, in questo laboratorio, ha acceso i motori.

Le microimprese umbre alla frontiera: 142 aziende pronte al salto

Secondo il rapporto Unioncamere - Centro Studi Tagliacarne, in Umbria ci sono 142 imprese che hanno tutte le carte in regola per esportare, ma che ancora non l’hanno fatto o lo fanno solo in modo occasionale. Si tratta perlopiù di micro e piccole imprese artigiane, con meno di dieci addetti, radicate nei distretti territoriali e con forti specializzazioni in settori come meccanica, agroalimentare, tessile, legno-arredo. Un patrimonio industriale che il mondo apprezza, ma che spesso resta nascosto nelle pieghe del mercato interno.
"Il fatto che crescano le esportazioni sia a Perugia che a Terni, e che vi sia un numero rilevante di imprese pronte a entrare nei mercati internazionali - dichiara Giorgio Mencaroni, presidente della Camera di Commercio dell’Umbria - ci dice che il nostro sistema produttivo ha voglia di mettersi in gioco. Questo è un segnale di fiducia, ma anche una responsabilità. Dobbiamo accompagnare le imprese con strumenti concreti: dalla formazione alla promozione all’estero, fino alla logistica e alla digitalizzazione".
La sfida è chiara: valorizzare le imprese potenziali esportatrici e trasformarle in ambasciatrici del made in Umbria. Il tessuto economico locale, misto tra industria e servizi, ha un equilibrio raro. Ma servono infrastrutture moderne, reti digitali e un deciso cambio di passo sul piano delle competenze e dell’accesso ai mercati.

Esportare, ma dove? Il nodo USA con i dazi di Trump e la necessità di nuove rotte

La voglia di aprirsi al mondo c’è. Ma per molti imprenditori umbri, il mondo si chiama ancora Stati Uniti. Il 65% delle nuove esportatrici si affida esclusivamente al mercato americano. Un dato che, alla luce dei dazi e delle incertezze politiche, suona più come un rischio che un’opportunità. Il protezionismo statunitense, già emerso sotto l’amministrazione Trump e tutt’altro che tramontato, impone una riflessione: diversificare o soccombere.
Guardare altrove è oggi una priorità strategica. Le imprese umbre devono puntare all’Europa centrale, al Medio Oriente, all’Asia in espansione, ai mercati dinamici del Sud globale. Per farlo, servono politiche locali più calibrate, progetti di accompagnamento e reti pubblico-private che offrano una guida sicura in territori nuovi.
Oltre al sostegno camerale, è il momento di sfruttare a pieno le leve del PNRR, dei fondi strutturali europei e delle sinergie con università, ITS e sistema della formazione linguistica e culturale. L’obiettivo non è solo esportare prodotti, ma costruire relazioni economiche durature, capaci di rafforzare la competitività e l’identità industriale dell’Umbria nel lungo periodo.

Il futuro non è scritto: l’Umbria può sorprendere sui mercati internazionali di prodotti e servizi

Con 142 imprese pronte all’internazionalizzazione e settori strategici come l’agroalimentare, la componentistica elettronica e i servizi digitali, l’Umbria ha gli asset per giocare un ruolo da protagonista nell’export nazionale. Ma la sfida è sistemica: occorre coordinare le forze, creare un ecosistema favorevole, superare il nanismo produttivo con alleanze e politiche mirate.
"Essere piccoli non deve significare essere marginali - sottolinea ancora Mencaroni -. La nostra forza è nella qualità, nella flessibilità e nella capacità di innovare. Ma dobbiamo superare la logica del “fare da soli” e costruire filiere coese, capaci di competere sui mercati internazionali. Solo così l’Umbria potrà diventare un nodo strategico nel nuovo scenario del made in Italy globale".
Il mondo non aspetta. Ma l’Umbria, oggi più che ieri, sembra pronta a partire. E, forse, a sorprendere.

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Federico Zacaglioni
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