19 Mar, 2025 - 21:10

Umbria, sanità regionale in crisi: tra piano di rientro e rischio commissariamento

Umbria, sanità regionale in crisi: tra piano di rientro e rischio commissariamento

La sanità regionale è in apnea. Un buco da 243 milioni di euro si allarga nei conti pubblici, e il tavolo della giunta si trasforma in un campo minato. Mercoledì, in un clima tutt'altro che sereno, la questione è stata affrontata in una riunione straordinaria. I numeri sono impietosi: il rosso certificato dalla società di revisione Kpmg pesa sulle casse della Regione, anche se, depurato delle voci interne, si ridimensiona a 90 milioni. Una zavorra comunque insostenibile senza interventi drastici.

Il comunicato ufficiale: il nodo delle scelte future

Dopo ore di discussioni e nervi tesi, Palazzo Donini ha buttato giù un comunicato che suona più come un avvertimento che come una rassicurazione. Il commissariamento è uno spauracchio da tenere alla larga, perché significherebbe tasse alle stelle, superticket, tagli ai servizi e assunzioni congelate. Un incubo per la sanità pubblica. Dalla giunta assicurano di voler evitare il disastro con "scelte coraggiose ed eque", una formula che lascia intendere sacrifici ma senza precisare chi dovrà pagare il conto.

Le strade percorribili: le tappe decisive

Le scadenze sono strette e i margini di manovra sempre più risicati. Se entro la fine dell'anno la Regione non troverà una soluzione, da Roma potrebbe partire una diffida con scadenza 30 aprile. Se la risposta non convincerà, nel giro di un mese arriverà il commissario a prendere il comando. Prima di quel momento, ad aprile, si giocherà una partita decisiva tra la giunta e il Ministero dell’Economia, dove si cercherà di capire se c’è spazio per evitare il tracollo.

Una delle carte sul tavolo è un piano di rientro che permetterebbe alla Regione di mantenere il controllo della sanità, ma sotto stretto monitoraggio statale. Se però gli impegni presi venissero disattesi, la presidente regionale finirebbe direttamente sulla sedia del commissario, con poteri limitati e il fiato del governo sul collo.

I tagli nazionali e il loro impatto sulla Regione

Come se il buco nei conti non fosse già abbastanza profondo, la nuova legge di bilancio arriva come una zavorra. Tra il 2025 e il 2027, la Regione dovrà rinunciare a 28,5 milioni di euro, a cui seguiranno altri 42,2 milioni tra il 2028 e il 2029. Ma non è finita qui: nel prossimo triennio si prevedono ulteriori tagli per 40 milioni. Un colpo dietro l’altro che complica ancora di più la ricerca di soluzioni senza dover passare dal bancomat dei cittadini.

La possibile manovra fiscale: ispirazione da altre Regioni

Tra le righe delle dichiarazioni ufficiali si intuisce la strategia che potrebbe emergere per evitare un aumento generalizzato delle imposte. Si punta a distribuire il peso delle correzioni di bilancio senza stritolare chi ha meno margini di manovra. Il modello arriva da altre Regioni, dove si è deciso di far pagare di più a chi può permetterselo.

L’Emilia-Romagna ha tirato fuori dal cilindro una tassa di scopo, un modo elegante per dire che chi guadagna di più dovrà contribuire di più. Addizionale Irpef ritoccata per i redditi più alti, un colpetto all’Irap, aumento del bollo auto e rincari su alcune prestazioni sanitarie. Un pacchetto che dovrebbe servire a tappare un buco da 200 milioni di euro.

L’Abruzzo, che deve rimediare a un deficit di 120 milioni legato ai costi dei farmaci e alla migrazione sanitaria, sta seguendo una strada simile, ma il dibattito è infuocato. Nella maggioranza i nervi sono tesi, ma alla fine sembra inevitabile mettere mano alle tasse per tenere a galla il sistema.

Lo scontro politico si infiamma

Maggioranza e opposizione si guardano in cagnesco, e il muro contro muro si fa sempre più acceso. La presidente Stefania Proietti e la sua giunta scaricano il fardello sulle amministrazioni precedenti, accusandole di aver lasciato la sanità regionale a secco. "Abbiamo ereditato una situazione non sostenibile dal punto di vista economico, che non è mai stata gestita in modo efficace", ribadiscono da Palazzo Donini. Tradotto: il problema c’era già, noi stiamo solo cercando di rattoppare la falla.

Dall’altro lato, il centrodestra non ci sta e ribalta l’accusa. Secondo loro, i numeri sono gonfiati ad arte per giustificare provvedimenti impopolari. Il deficit, dicono, non sarebbe poi così catastrofico e si aggirerebbe sui 90 milioni, il che renderebbe superfluo l’allarmismo della giunta. E poi c’è il nodo della revisione contabile: perché affidarla a una società privata a spese dei cittadini quando esistono enti pubblici preposti al controllo? Un’altra miccia che alimenta lo scontro.

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Francesca Secci
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