Anche le sigle sindacali si contrappongono al progetto del nuovo inceneritore. “La chiusura del ciclo dei rifiuti è sicuramente un tema importante per l’Umbria, ma la scelta di realizzare un inceneritore è dannosa, costosa, impattante e condizionerebbe negativamente il sistema per i prossimi 20 anni. Per questo consideriamo importante la presa di posizione della sindaca di Perugia, Vittoria Ferdinandi, che ha parlato di scelta sbagliata e fuori dal tempo”. Queste le parole di Simone Pampanelli e Michele Agnani della CGIL Umbria.
Un modello alternativo: la proposta di CGIL e Legambiente
La CGIL regionale, insieme a Legambiente, propone un modello alternativo all’inceneritore. Questo modello si basa sulla sostenibilità, con un’efficiente raccolta domiciliare estesa a tutto il territorio regionale, l’introduzione della tariffa puntuale e lo sviluppo dell’economia circolare.
L’idea è di incentivare ecodesign, riduzione a monte, riuso e riciclo dei rifiuti differenziati. Secondo Pampanelli e Agnani, ad oggi non si è avuto nessuno sviluppo delle filiere del recupero nonostante l’impegno dei cittadini verso una raccolta differenziata molto spinta.
Nella nota sindacale leggiamo: “I cittadini hanno dimostrato responsabilità e attenzione all’ambiente ma con l’inceneritore rischieremmo di mettere in discussione tutto questo, per una scelta prettamente ideologica della Regione che è in netto contrasto con le indicazioni europee sulla sostenibilità e l’economia circolare”.
Il rischio di un inceneritore per l’Umbria: i dubbi della Cgil
Pampanelli e Agnani sottolineano che l’introduzione di un inceneritore rischierebbe di mettere in discussione l’impegno dei cittadini umbri e sarebbe una scelta ideologica della Regione, contraria alle indicazioni europee sulla sostenibilità e l’economia circolare. Inoltre, l’Umbria non ha le quantità minime di rifiuto indifferenziato per alimentare un inceneritore da 160.000 tonnellate all’anno, a meno che non si decida di importare rifiuti da altre regioni, una soluzione dannosa per il territorio.
Nella nota, infatti, Pampanelli e Agnani scrivono: “Per di più in Umbria non abbiamo le quantità minime di rifiuto indifferenziato per alimentare un inceneritore da 160.000 tonnellate all’anno, a meno che non si compiano volutamente e colpevolmente passi indietro sulla strada virtuosa dell’economia circolare, o si pensi di importare rifiuti da altre regioni. In ogni caso, una scelta dannosa per la nostra regione”.
Il nuovo inceneritore in Umbria
Il nuovo inceneritore in Umbria è al centro di un dibattito acceso. L’impianto, che dovrebbe essere messo in funzione il 1° agosto 2029, tratterà rifiuti urbani indifferenziati, scarti dalla frazione secca e organica, e rifiuti speciali regionali. Sarà costruito con fondi privati, mentre la gestione sarà in capo all’Auri. La localizzazione del termovalorizzatore è uno dei nodi più delicati, con molte aree potenzialmente idonee escluse dalla mappa regionale.
Il no del Comune di Perugia
Ma la posizione della Cgil non è isolata. Anche la sindaca di Perugia, Vittoria Ferdinandi, ha espresso un chiaro no alla costruzione dell’inceneritore. La sua posizione riflette le preoccupazioni di molti cittadini – scrive l’ente in una nota ufficiale – e rappresentanti locali riguardo l’impatto ambientale e sanitario dell’impianto. Il Comune di Perugia sostiene che esistono alternative più sostenibili ed efficaci per la gestione dei rifiuti, che potrebbero evitare la costruzione di un inceneritore e favorire un approccio più in linea con le direttive europee e le aspettative della comunità.