L’economia dell’Umbria si trova in una fase di stallo: lo testimonia il recente rapporto dell’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno (Svimez), in linea coi dati di Bankitalia. Il documento, dal titolo “Dove vanno le regioni italiane. Scenari economici e andamenti territoriali 2023-2025“, mette in luce una crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL) regionale proiettata a livelli minimi nel triennio in esame. Mentre per l’indagine congiunturale dell’Ufficio studi della Banca d’Italia, l’economia umbra vive una fase di debolezza ed è in forte rallentamento.
Svimez e Bankitalia fotografano un’Umbria in difficoltà rispetto alle altre regioni del Centro Italia
Stando alle previsioni Svimez, il PIL della nostra regione quest’anno crescerà dello 0,14 per cento. Meno di Toscana e Lazio che viaggiano sullo 0,5 e delle Marche, la cui crescita farà segnare lo 0,25 per cento. Non era andata meglio l’anno scorso quando la crescita del prodotto interno lordo regionale si era fermata allo 0,2 per cento, sotto le altre tre regioni del Centro Italia. E non andrà meglio nel 2025: sempre stando alle previsioni, il PIL umbro crescerà dello 0,4 per cento, contro lo 0,53 delle Marche, lo 0,9 del Lazio e l’1 per cento della Toscana (che farebbe registrare la migliore performance).
Questi numeri, se confermati, testimonierebbero una sostanziale stagnazione economica, in netto contrasto con il +1,2% registrato nel 2022. Tuttavia, va notato che le previsioni economiche possono essere influenzate da una serie di variabili, rendendo necessario prendere in considerazione un margine di incertezza.
Questi dati evidenziano un divario sempre più ampio tra l’Umbria e le altre regioni del Centro Italia, in particolare Toscana e Lazio, che sembrano distanziarsi ulteriormente in termini di crescita economica.
Il rapporto di Svimez sottolinea come le disparità economiche tra le diverse regioni italiane rimangano evidenti, con il Nord del paese che si presenta come motore della crescita e il Sud che lotta per superare ritardi strutturali. In questo contesto, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza assume un ruolo cruciale nel tentativo di ridurre il divario economico tra le regioni e promuovere una crescita più inclusiva e sostenibile sull’intero territorio nazionale.
Mentre la Toscana prospetta la migliore performance con una crescita del PIL dell’1% nel 2025, l’Umbria si trova in una posizione di svantaggio con un modesto aumento dello 0,4%.
I paralleli con l’aggiornamento congiunturale di Bankitalia
Nel 2023, l’economia umbra ha mostrato un indebolimento progressivo, con una crescita del prodotto dell’1,3% nel primo semestre, in linea con il dato italiano, ma in forte rallentamento. È la fotografia dell’aggiornamento congiunturale “L’economia dell’Umbria” pubblicato dal Centro sudi della Banca d’Italia. L’indicatore coincidente Regiocoin-Umbria, che fornisce una stima dell’evoluzione delle componenti di fondo dell’economia regionale, mostra un peggioramento a partire dal mese di marzo. E nella fase più recente è divenuto negativo. Insomma, le previsioni Svimez e le analisi di Bankitalia confermano la frenata dell’economia regionale.
Nei primi nove mesi dell’anno le vendite del settore industriale hanno evidenziato una modesta crescita. L’attività ha perso vigore in relazione alla debolezza della domanda sia interna sia estera, che si è riflessa anche sul clima di fiducia delle imprese. L’accresciuta incertezza sull’evoluzione della congiuntura e il sensibile aumento dei costi di finanziamento hanno frenato gli investimenti.
È proseguita l’espansione dell’attività edilizia, sebbene con un’intensità inferiore a quella registrata nel biennio precedente. Nel terziario si è affievolita la dinamica del commercio, che ha riflesso il brusco rallentamento dei consumi. Tiene il turismo, che ha continuato a fornire un contributo positivo grazie all’ulteriore robusto incremento delle presenze sia di italiani sia di stranieri.
La redditività delle imprese si è rafforzata: hanno contribuito l’attenuazione delle difficoltà legate all’approvvigionamento e ai rincari energetici e la dinamica salariale ancora modesta. I finanziamenti al settore produttivo hanno mostrato una flessione sempre più accentuata, a causa del calo della domanda di credito e dell’inasprimento dei criteri di offerta. Gli indicatori di deterioramento della qualità del credito si sono attestati su valori storicamente bassi.
Il numero di occupati ha ripreso a crescere. L’incremento ha riguardato esclusivamente i lavoratori dipendenti e ha consentito di completare il recupero dei livelli precedenti l’emergenza sanitaria.
Previsioni di investimenti in calo e riduzione delle richieste di mutui per i tassi di interesse troppo alti
Le aspettative di breve periodo degli operatori economici regionali sono orientate in larga parte al pessimismo. Su di esse gravano anche le possibili ricadute delle tensioni geopolitiche, accentuate dai recenti eventi in Medio Oriente. I piani aziendali prevedono un calo della spesa per investimenti. Incidono condizioni di offerta di credito improntate a cautela, per il maggior rischio percepito dalle banche.
Nonostante il rallentamento dell’inflazione rispetto ai massimi dello scorso anno, il potere di acquisto delle famiglie ha continuato a essere eroso. I depositi bancari sono diminuiti, anche per la ricomposizione del portafoglio a favore di attività più remunerative. Le richieste di mutui per l’acquisto di abitazioni si sono ridotte in misura significativa a causa dell’incremento dei tassi di interesse.
La speranza del PNRR per rilanciare gli investimenti
Un impulso significativo alla domanda aggregata e alla trasformazione digitale ed ecologica del sistema economico, secondo Svimez e Bankitalia, è rappresentato dall’attuazione del PNRR. Al 10 ottobre le risorse complessivamente assegnate agli enti territoriali della regione erano pari a 1,8 miliardi di euro.
Alla minore spinta derivante dalle misure di incentivo fiscale per le costruzioni si è contrapposta la crescita degli investimenti degli enti pubblici territoriali, che hanno cominciato a beneficiare dei progetti finanziati dal PNRR.