I saldi migratori con l’estero sono positivi per l’Umbria, che attrae immigrati dai paesi stranieri in misura maggiore rispetto al movimento interno. Anzi, la regione sembra perdere appeal rispetto agli arrivi dagli altri comuni italiani, che negli ultimi dieci anni sono diminuiti in termini tendenziali.
A questo si accompagna un’analisi della nata-mortalità che evidenzia un calo degli umbri, a fronte però di un rallentamento del trend che potrebbe preludere a un’inversione di tendenza.
I dati emergono dal focus sul bilancio demografico umbro nel terzo millennio elaborato dall’AUR, l’Agenzia Umbria Ricerche. In particolare, Giuseppe Coco, Responsabile Area di Ricerca “Mutamenti sociodemografici” dell’agenzia ha esaminato l’andamento dei saldi migratori sia con l’estero che con l’interno. Nel suo paper, inoltre, ha osservato l’evoluzione della natalità e della mortalità ed ha analizzato com’è cambiata la consistenza degli umbri.
Umbria, il saldo degli immigrati dall’estero rispetto agli umbri che se lasciano la regione è sempre positivo
“Il saldo migratorio con l’estero nel lungo periodo (2023-2002), a differenza di quello naturale, è sostanzialmente sempre positivo – spiega il ricercatore dell’AUR -. E questo ci indica una certa forza attrattiva della regione. Tra il 2002 e il 2012 l’andamento del saldo con l’estero fa registrare valori decisamente positivi. In questo lasso temporale gli anni da record assoluto sono il 2003 e il 2007. Tra il 2013 e il 2019 siamo al cospetto di una fase che potremmo definire interlocutoria, dove il saldo non raggiunge in nessun singolo anno quota +3 mila. Si tratta della soglia minima per compensare la perdita di abitanti che si registra da sempre in Umbria sul versante del saldo naturale”.
Per quanto riguarda gli ultimi quattro anni disponibili vanno fatte due considerazioni. Negli anni clou del Covid (2020 e 2021) si registra un dato migliore di quello che ci si poteva attendere. Nell’ultimo biennio, inoltre, il saldo con l’estero ha ricominciato a far registrare performance decisamente positive. In particolare, è stata superata la ragguardevole quota dei 4 mila.
Nell’ultimo biennio il saldo migratorio con l’estero ha ricominciato una significativa marcia positiva
Finita la tendenza attrattiva verso gli altri comuni italiani, ora la regione ha perso smalto
Esaminando il movimento migratorio interno, emerge che l’Umbria dal 2002 al 2012 – al netto del 2011 – aveva una interessante capacità di attrare residenti dagli altri Comuni italiani. Dal 2013 la regione sembra aver perso un certo smalto. Per cui, pur facendo registrare valori quasi sempre positivi, presenta saldi più risicati.
Il saldo migratorio interno tra il 2002 e il 2010 ha contribuito in modo significativo alla crescita della popolazione umbra
A ciò si può aggiungere che, nel terzo millennio, il saldo naturale (differenza tra nati e morti) in Umbria è stato sempre negativo. Per cui, quando la popolazione è cresciuta è dipeso sostanzialmente dai movimenti migratori (quello estero in particolare).
“Focalizzandoci sul fronte dei nati – spiega Coco di AUR – si ha una prima fase di crescita che va dal 2000 al 2008, quando si registra il picco del terzo millennio (+ 8.271). Negli anni successivi si ha una inversione di tendenza e quindi una decrescita senza soluzione di continuità, che ha portato il dato strutturalmente sotto quota 5 mila. Sul fronte mortalità annuale, emerge che i decessi nel terzo millennio sono compresi tra 9.089 e 11.607“.
Picco dei residenti nel 2013, quando l’Umbria ha sfiorato quota 900 mila. Ora si spera nell’inversuone di tendenza
Il maggior numero dei residenti in Umbria lo si è raggiunto nel 2013 con 892.742 mila abitanti.
“Più in generale possiamo distinguere 2 fasi – spiega ancora il ricercatore dell’Aur nel suo paper -. La prima che va dal 2001 al 2013, dove si registra una crescita anno su anno. In particolare, nel 2008, si ha l’incremento più consistente dell’intero terzo millennio. I residenti sono aumentati di oltre 11 mila unità. Gli altri 2 anni top sono il 2004 e il 2009. La seconda fase, invece, va dal 2014 fino ad oggi (periodo del Covid compreso). Dove, dopo oltre un decennio di crescita consecutiva, inizia una fase discendente dei residenti“.
Negli ultimi due anni, però, si è affacciata una speranza. Per quanto viene confermata la tendenza alla diminuzione degli umbri, il ritmo calante ha assunto un tono decrescente. In pratica, i dati inducono a pensare che potrebbe verificarsi una potenziale inversione di tendenza.
Secondo Umbria Ricerche, l’andamento demografico può essere condizionato verso l’alto dalle scelte politiche, strategiche e di lungo periodo, adottate dai policy maker ai diversi livelli (compreso quello locale). Ad esempio, misure volte a sostenere la natalità, la maternità, l’occupazione femminile con relativi servizi sociali, avrebbero un riflesso positivo sulle dinamiche della popolazione. Così come politiche tese ad incentivare, in modo strutturale e non episodico, la residenzialità. Obiettivo che può essere perseguito solo potenziando i servizi sul territorio ai diversi livelli: sanità, trasporti e mobilità, connettività su versante tecnologico, scuola ed educazione, ecc. Un tema, quest’ultimo, che si lega a quello cosiddetto dell’attrattività – in termini sociali ed economici – di un territorio.