In un’Italia ancora alle prese con un rallentamento generalizzato degli scambi internazionali, l’Umbria sorprende e accelera. I distretti industriali della regione chiudono il 2024 con un balzo del +16,7% nell’export rispetto all’anno precedente, una performance ben superiore alla media nazionale che si ferma a un modesto +0,9%.
È quanto emerge dall’ultimo Monitor dei Distretti dell’Umbria elaborato dal Research Department di Intesa Sanpaolo, presentato a Perugia alla presenza di Simone Cascioli, direttore generale di Confindustria Umbria, e Tito Nocentini, direttore regionale Toscana e Umbria della banca.
La fotografia che ne esce racconta di un tessuto produttivo capace di resistere alle turbolenze globali, rimanendo competitivo e reattivo sui mercati esteri. In testa alla classifica dei protagonisti si conferma il distretto della Maglieria e Abbigliamento di Perugia, che da solo ha generato il 67% dell’export distrettuale umbro.
Il distretto perugino ha chiuso il 2024 con 821 milioni di euro di esportazioni, pari a una crescita del +16,1% rispetto al 2023. Entrambe le componenti - maglieria e abbigliamento - hanno registrato incrementi significativi, ma è soprattutto la maglieria a trainare la ripresa. Il primo mercato di riferimento resta saldamente quello statunitense, che da solo rappresenta 198 milioni di euro, il 24% del totale. Seguono Francia, Cina e Regno Unito. Unico segnale negativo: la perdita di 10,5 milioni di euro verso la Federazione Russa, complice la complessa congiuntura geopolitica.
Nel contesto globale del sistema moda, ancora condizionato dalla frenata della domanda cinese e dal clima di incertezza economica, il risultato del distretto perugino assume un rilievo particolare. “Si tratta di un settore che ha saputo rinnovarsi senza perdere la propria identità – ha sottolineato Simone Cascioli - e che dimostra come il radicamento territoriale possa coniugarsi con una forte propensione internazionale”.
Accanto alla moda, l’olio umbro si afferma come secondo motore dell’export regionale. Con 327 milioni di euro di esportazioni e un incremento annuo del +26,5%, il distretto conquista il primato di crescita tra le realtà italiane del comparto. La Spagna sorpassa gli Stati Uniti come primo mercato di sbocco grazie a un’impennata del +43,8%, mentre anche Germania, Canada e Svizzera registrano andamenti positivi. Il buon risultato, sebbene sostenuto dall’aumento dei prezzi, conferma la riconoscibilità e l’apprezzamento del prodotto umbro all’estero.
Meno incoraggianti i numeri del Mobile dell’Alta Valle del Tevere, che segna un calo dell’8,7% nell’export. Il dato è influenzato da un avvio e una chiusura d’anno difficili, con la Francia che resta il primo mercato ma con segnali di indebolimento, seguita da Germania e Stati Uniti. Il legame con il mercato americano resta però forte: il 14,7% delle esportazioni del distretto continua a essere diretto Oltreoceano.
Nel complesso, gli Stati Uniti si confermano come principale mercato per i distretti umbri, con una quota del 19,2% sul totale e una crescita del +15% rispetto al 2023. Un dato che, se da un lato testimonia la forza dell’export umbro, dall’altro evidenzia la necessità di diversificare i mercati di riferimento, alla luce delle incertezze legate alla geopolitica e alle politiche protezionistiche in ascesa.
Guardando al futuro, le incognite non mancano. Il 2025 si apre con un contesto ancora instabile: la frenata degli scambi globali, le tensioni commerciali e l’inflazione rendono difficile ogni previsione. Eppure, per le imprese umbre, la strada sembra tracciata: innovazione, internazionalizzazione e sostenibilità restano le direttrici strategiche.
“Nel 2024 - ha dichiarato Tito Nocentini - abbiamo erogato 2,7 miliardi di euro a famiglie e imprese. Continueremo a sostenere il tessuto economico locale, puntando su progetti che favoriscano la transizione digitale, ecologica e l’espansione verso nuovi mercati”.
Lo scenario che emerge, dunque, è quello di una regione che non si accontenta di “resistere”, ma che punta a crescere facendo leva sulle proprie eccellenze produttive, su un capitale umano qualificato e su un ecosistema che vede nella collaborazione tra imprese, istituzioni e credito un fattore decisivo per lo sviluppo.