Umbria, occupazione a due velocità: torna a salire il divario tra uomini e donne. Nel 2023 in Umbria il divario occupazionale tra uomini e donne è tornato a crescere, raggiungendo 17,2 punti percentuali. È quanto emerge dal rapporto “Le asimmetrie di genere nella società umbra”, elaborato da Agenzia Umbria Ricerche per la Consigliera di Parità della Regione Umbria. Lo studio mette in luce non solo i dati occupazionali, ma un’intera architettura di disuguaglianze sistemiche.
Il rapporto è stato presentato nei giorni scorsia Terni, presso la Casa delle Donne, durante l’evento pubblico“Lavoro ed equilibrio di genere in Umbria”. La sede non è casuale: uno spazio di elaborazione femminile e confronto aperto che ha ospitatoistituzioni, ricercatori, operatrici dei centri antiviolenza e rappresentanti sindacali, in un dibattito articolato sui nodi sociali e politici dell’occupazione femminile.
Nel corso dell’incontro sono stati illustrati i principali contenuti della ricerca, che la Consigliera regionale di Parità Rosita Garzi ha definito“non solo un’analisi delle problematiche attuali, ma un invito a progettare un domani migliore, in cui si valorizzino le differenze”. L’iniziativa ha segnato anche un momento di condivisione di pratiche e proposte per trasformare i dati in azione, attraverso politiche pubbliche, azioni di sensibilizzazione e modelli organizzativi più equi.
I ltasso di occupazione femminile tra i 20 e i 64 anni si attesta al 63,3%, contro l’80,5% degli uomini.“Il divario di genere in Umbria è di 2 punti più alto rispetto a quello del Nord Italia e di 0,5 rispetto alle regioni del Centro”, sottolinea il report. Dopo una fase di assestamento nel triennio post-Covid, il 2023 ha segnato una brusca accelerazione per l’occupazione maschile (+2,9 punti) rispetto a quella femminile (+0,9). Risultato: il gap cresce, tornando ai livelli del 2018.
Un altro dato chiave è il tasso di mancata partecipazione al mercato del lavoro, che in Umbria raggiunge il 13,6% per le donne, contro il 6,9% degli uomini. “Il differenziale di genere conferma la difficoltà femminile nell’accesso al mercato del lavoro”, spiega la ricerca. In particolare, “quasi un terzo delle donne umbre in età attiva è inattivo, contro il 20% degli uomini”. La quota più problematica è rappresentata dagli inattivi non disponibili: coloro che non cercano lavoro e non sono pronti a iniziarlo. Tra le donne, rappresentano il 32%, tra gli uomini il 20%.
Si tratta di una platea vasta e silenziosa, spesso scoraggiata da ostacoli culturali, familiari e strutturali. “La rigidità della divisione dei ruoli è ancora pervasiva”, osserva il rapporto, che segnala la necessità di “politiche conciliative non più viste come un supporto esclusivamente femminile, ma come leva per tutta la società”.
Nel contesto della genitorialità, l’asimmetria si acuisce. Nel 2023, in Umbria, per ogni 100 donne occupate senza figli tra i 25 e i 49 anni, ce ne sono solo 87 con figli in età prescolare. L’Umbria è tra le regioni migliori in Italia in questo indice, ma il dato resta un chiaro segnale di vulnerabilità. Come precisa il rapporto: “Essere madre e lavoratrice non dovrebbe costituire una scelta alternativa, ma un binomio possibile”.
Il peso delle dimissioni conferma il trend: 900 casi nel 2022, relativi a lavoratrici (e in minor parte lavoratori) che hanno lasciato il lavoro entro i primi tre anni di vita dei figli. Le motivazioni più frequenti, a livello nazionale, sono le difficoltà di conciliazione per assenza di servizi (41,7%) e per rigidità organizzative aziendali (21,9%). “Il 97,8% delle motivazioni legate ai servizi è addotto da donne”, evidenzia il rapporto.
Le disparità si estendono anche alla formazione superiore e universitaria. Le donne rappresentano il 62,4% degli iscritti all’Università di Perugia, conseguono risultati migliori in termini di voti, tempi e regolarità, eppure faticano a tradurre il merito in contratti stabili e retribuzioni adeguate.
A livello nazionale, “a cinque anni dalla laurea magistrale, il tasso di occupazione femminile è inferiore di 4 punti rispetto a quello maschile (87% contro 91%), i contratti a tempo indeterminato sono meno diffusi tra le donne (47,9% contro 55,4%) e il reddito mensile netto è di 1.640 euro contro i 1.872 euro degli uomini”. Il gap si allarga ulteriormente in presenza di figli.
In un’epoca di crisi demografica e invecchiamento accelerato, il mancato utilizzo del potenziale femminile rappresenta un limite per la competitività regionale, oltre che un’ingiustizia sociale. “La riattivazione delle donne inattive potrebbe essere una possibile chiave di volta -si legge nel documento -: non solo stimolare l’empowerment femminile, ma anche contribuire a compensare il calo della forza lavoro”.
Il rapporto non si limita a fotografare le criticità, ma chiama in causa le istituzioni, il mondo delle imprese, la scuola e l’opinione pubblica. Come scrive in apertura Rosita Garzi: “Le asimmetrie non sono una condanna, ma un punto di partenza: una esortazione a rivedere le regole, a ridefinire i ruoli e a costruire un sistema in cui ognuno, indipendentemente dal genere, possa contribuire al benessere collettivo”.
L’evento di Terni ha visto la partecipazione di numerose voci istituzionali e della società civile: da Vittorina Sbaraglini, consigliera di parità per la Provincia di Terni, a Barbara Silvestrini del Coordinamento Donne CGIL, fino all’assessore regionale Francesco De Rebotti, che ha ammesso la necessità di “disegnare politiche attive per l’occupazione femminile che siano sistemiche, non episodiche”.
Tra le relatrici anche la politologa Enza Galluzzo, curatrice del rapporto: “La forza lavoro femminile non è solo una questione di pari diritti: è una risorsa decisiva per contrastare il calo demografico e la crisi del welfare. Rimettere al centro il lavoro delle donne significa investire sul futuro”.
La riflessione su lavoro e genere è dunque un crocevia su cui si gioca una partita decisiva per la tenuta sociale e demografica dell’Umbria. Come ha ricordato Paola Gigante, presidente di Terni Donne APS, “guardare in faccia la realtà è il primo passo per costruire soluzioni concrete e condivise”.