I numeri della popolazione umbra, raccolti dall'Agenzia Umbria Ricerche (AUR), raccontano una storia dal tono drammatico e senza vie di fuga: meno culle, più funerali e un saldo naturale che da anni traccia una parabola discendente. La regione sta invecchiando a un ritmo sempre più rapido, con effetti che si fanno sentire su economia, servizi e prospettive future.
Dal 2000 al 2024, il numero di nuovi nati è andato riducendosi senza sosta. Nei primi anni Duemila, le nascite oscillavano tra le 7.000 e le 8.000 unità annue, mantenendosi su un livello accettabile fino al 2014. Poi, la caduta libera: dal 2015 il calo è diventato una costante, con il dato che nel 2018 è scivolato sotto la soglia delle 6.000 unità e nel 2022 ha abbattuto anche il muro delle 5.000.
“In Umbria, dal 2008 – anno record di nascite nel terzo millennio – la natalità è crollata di oltre il 40%”
Il conto dei decessi non ha mai smesso di salire. Secondo i dati dell'Agenzia Umbria Ricerche (AUR), fino al 2011 i numeri restavano sotto la soglia delle 10.000 unità annue, poi è iniziata la risalita. Dal 2012 in poi, con l’eccezione di qualche flessione sporadica, il bilancio è diventato sempre più pesante. Il punto di non ritorno è arrivato nel triennio nero 2020-2022, quando i decessi hanno sfondato il tetto delle 11.000 unità annue. La pandemia non ha fatto sconti: tra i morti direttamente causati dal virus e quelli lasciati senza cure da un sistema sanitario in apnea, il dato ha raggiunto livelli mai visti.
“Dopo il picco di mortalità tra il 2020 e il 2022, negli ultimi due anni i decessi sono in calo, tornando progressivamente verso i livelli del periodo 2012-2019”
Negli ultimi due anni si è registrata una frenata, ma parlare di miglioramento sarebbe un azzardo. I numeri sono ancora più alti di quelli registrati nei primi anni Duemila e il trend generale non lascia presagire inversioni di rotta.
Il rapporto tra nati e morti si è trasformato in una voragine. Nei primi anni Duemila il saldo naturale si aggirava intorno alle -3.000 unità annue, un numero già preoccupante, ma almeno sotto controllo. Dal 2015 la situazione è andata fuori giri: il bilancio negativo ha superato stabilmente le 4.000 unità all'anno e tra il 2020 e il 2022 è diventato un vero e proprio cratere, sprofondando oltre le -6.000 unità, come documentato dall'Agenzia Umbria Ricerche.
“Negativo già all’alba del terzo millennio, il saldo naturale dell’Umbria si è progressivamente deteriorato negli ultimi vent’anni, toccando il minimo nel 2022”
Negli ultimi due anni c’è stato un lieve miglioramento, ma sarebbe ingenuo parlare di ripresa. Il deficit rimane enorme, segno che il problema non si risolve da solo e che la regione sta scivolando verso uno scenario da spopolamento accelerato.
La crisi demografica in Umbria nel 2025 è il risultato di una combinazione di fattori culturali, politici e socioeconomici.
Basso tasso di natalità: Nel 2021, l'Umbria ha registrato un numero medio di 1,18 figli per donna, inferiore alla media europea di 1,53.
Fattori politici e servizi insufficienti: La carenza di politiche a sostegno della maternità e la limitata disponibilità di asili nido rendono complicata la gestione familiare. In Italia, solo il 27% dei bambini sotto i 3 anni ha accesso agli asili nido, rispetto al 70% della Danimarca.
Dinamiche socioeconomiche: La precarietà lavorativa, soprattutto tra giovani e donne, e salari non adeguati al costo della vita scoraggiano la formazione di nuove famiglie.
Invecchiamento della popolazione: L'aumento dell'età media, dovuto alla bassa natalità e alla maggiore aspettativa di vita, contribuisce al declino demografico.