Le piogge di febbraio e di marzo non sono sufficienti a colmare un gap profondissimo, con un deficit di acqua che si attesta tra il -20% ed il -40% rispetto al periodo 1991-2020. Sono questi i dati e le premesse di quella che sta diventando una vera e propria emergenza: la siccità in Umbria. Un allarme da intendere con tutta l’attenzione e la preoccupazione che merita. Gli ultimi due mesi, in buona sostanza, non sono riusciti ad invertire l’auspicata tendenza che ci si augurava dopo i mesi terribili di dicembre e gennaio. Dove di piogge se sono viste poche. Davvero poche.
Il confronto con il nord
Nel Nord del paese, abbiamo osservato un aumento significativo delle piogge durante i mesi di febbraio e marzo. Le regioni del Nord Ovest, come Lombardia, Trentino e Veneto, hanno registrato un aumento del +150% e +200%, rispettivamente. Anche in Friuli e in Toscana, l’incremento è stato del 100%. Nei laghi settentrionali, si è registrato il record del decennio, con uno stato dei fiumi definito “ottimo”.
Il fiume Po ha visto un aumento del flusso del 57% rispetto alla media storica e più del quadruplo rispetto alla media degli ultimi due anni caratterizzati dalla siccità. Questo significa che l’aumento generale delle piogge di febbraio e marzo ha sortito effetti positivi nel Nord Italia. Ma non è stato così altrove, ad esempio in Umbria, dove l’allarme siccità rimane ancora concreto.
Per fare un esempio: nell’autunno e nell’inverno scorsi – spiega Marco Casini, segretario generale dell’Autorità di Bacino Distrettuale dell’Appennino Centrale, sul Il Sole 24 Ore – si è evidenziato un notevole deficit nel manto nevoso, pari al 60% rispetto alla media registrata nei trent’anni precedenti. Inoltre, ha notato un aumento medio della temperatura dell’aria di oltre 2 gradi centigradi durante lo stesso periodo.
Siccità, per l’Umbria è emergenza
E passiamo al merito della crisi siccità in Umbria. Si segnalano anomalie negative nel Cuore Verde d’Italia ma pure lungo il versante Adriatico, con deficit che oscillano tra il -20% e il -40%. Sull’Appennino, l’indice di riferimento per la presenza di neve mostra un deficit del 70%, che raggiunge il 76% nel bacino del Tevere rispetto alla media del periodo 2011-2022. Questo ha determinato un deterioramento dell’umidità del suolo e delle condizioni idrologiche dei corsi d’acqua superficiali, dei laghi e delle falde acquifere
Il lago Trasimeno, con la sua preoccupante scarsità d’acqua, rappresenta una prova tangibile di questa situazione, mettendo a rischio la stagione turistica e l’economia dell’intero territorio. La portata del fiume Tevere è stata segnalata come inferiore del 40% rispetto alla serie storica di riferimento. Pur essendo attualmente in condizioni “buone”, si sottolinea che l’esperienza recente evidenzia la loro inadeguatezza per gli approvvigionamenti durante i periodi di siccità.
Un quadro preoccupante
La situazione attuale preannuncia una condizione simile, se non peggiore, rispetto al 2022. Le previste temperature elevate porteranno a valori elevati di evaporazione e traspirazione del suolo, aumentando la domanda di acqua, soprattutto nel settore agricolo. Proprio nel 2022, infatti, l’Umbria era stata enucleata all’interno delle zone riserbate dello status di stato di emergenza. Di questo passo, sarà nuovamente così.