09 May, 2025 - 15:30

Umbia antica: storia genetica di un popolo dimenticato. Il viaggio multidisciplinare di Pierluigi Bonifazi

Umbia antica: storia genetica di un popolo dimenticato. Il viaggio multidisciplinare di Pierluigi Bonifazi

L’Umbria è spesso evocata superficialmente come cuore verde d’Italia, terra di santi, borghi e paesaggi mistici. Ma c’è un’Umbria più profonda, arcaica, che affonda le sue radici in un tempo dimenticato, quando la nostra penisola era attraversata da cacciatori-raccoglitori, poi da pastori-guerrieri giunti dalle steppe euroasiatiche. È a questa storia remota che si dedica il volume di Pierluigi Bonifazi, biologo molecolare e studioso di archeogenetica, dal titolo evocativo:
“Umbria Antica – Storia e Genetica di un popolo dimenticato”, presentato l’8 maggio presso la Sala Ex Refettorio della Biblioteca Sperelliana di Gubbio, su iniziativa dell’Associazione Umru.

Un’opera che unisce scienza e umanesimo

Il merito del libro è chiaro fin dall’inizio: unire storia, genetica, linguistica e antropologia in una narrazione coesa, scientificamente fondata ma accessibile, capace di restituire spessore culturale a un popolo spesso trascurato nei racconti tradizionali: gli antichi Umbri.

Bonifazi non si limita a elencare dati e teorie: costruisce un viaggio nel tempo, che parte dal Paleolitico e giunge fino alle soglie della romanizzazione, passando per migrazioni, conquiste, sincretismi religiosi e mutazioni genetiche che hanno lasciato il loro segno nei cromosomi, nei toponimi, nelle tradizioni.

Gli Umbri: più antichi di Roma

Gli Umbri sono considerati da molti storici uno dei popoli italici più antichi. La loro lingua, attestata da iscrizioni arcaiche, come quelle di Iguvium, l’attuale Gubbio, rivela un’origine indoeuropea profonda, intrecciata con influenze che vanno dalla cultura protovillanoviana ai retaggi kurgan.

È qui che entra in gioco la genetica. Grazie a recenti studi sul DNA antico, Bonifazi dimostra come l’etnos umbro sia parte di una più ampia matrice italo-celtica, derivata dalla “kurganizzazione” dell’Europa neolitica, ovvero dall’arrivo, a partire dal XVIII secolo a.C., dei pastori guerrieri delle steppe, noti come Yamnaya o “popoli kurgan”.

I kurgan: antenati dimenticati

Chi erano questi kurgan? Secondo l’autore, erano barbari migranti, tagliatori di teste, ma anche portatori di lingue indoeuropee, di tecnologie e di culti solari e patriarcali. La loro presenza in Italia ha modificato in modo irreversibile il panorama genetico e culturale, dando origine a un nuovo equilibrio tra i culti lunari e matriarcali della “Vecchia Europa” e le religioni solari dei guerrieri delle steppe.

Ecco perché, secondo Bonifazi, Roma non discende da Enea, figura mitologica e "orientale", ma dai barbari d’Europa, da quelle stesse ondate indoeuropee che plasmarono Umbri, Etruschi e poi Latini.

Roma: figlia dei barbari

Il libro sfida alcuni dei miti fondanti della romanità. Sotto la lente della genetica, infatti, la narrazione epica di Virgilio si sgretola e lascia spazio a una ricostruzione più aspra, ma più vera: Roma arcaica rivela tracce linguistiche, rituali e genetiche tipiche dei kurgan, come la divisione patriarcale, i culti solari e la cultura guerriera.

In questo scenario, gli Umbri appaiono come una delle prime declinazioni italiche di quel grande impasto indoeuropeo, successivamente ridefinito dall’incontro con gli Etruschi — più “orientalizzati”, ma anch’essi parte di questo processo di sintesi.

Gli Etruschi e l’Umbria

Il volume dedica un intero capitolo agli Etruschi, spesso contrapposti agli Umbri, ma in realtà profondamente interconnessi con essi. Bonifazi analizza le interazioni tra questi due popoli sul piano genetico, culturale e religioso, mostrando come l’Umbria sia stata un crocevia di civiltà e non solo una terra periferica.

Gli Etruschi, maestri dell’urbanizzazione e del simbolismo religioso, contribuirono a trasformare i territori umbri, lasciando segni nella toponomastica, nei culti e perfino nei cromosomi, come testimoniano alcune recenti analisi genomiche su resti umani antichi.

Un’identità da custodire

Il libro non si limita a ricostruire il passato. È anche un appello per il presente. Bonifazi invita il lettore a riscoprire e valorizzare le radici dell’Umbria, non solo come terra di spiritualità medievale, ma come nodo genetico e culturale dell’Europa protostorica.

Questa visione non è nostalgia, ma responsabilità. Conoscere la propria storia profonda significa capire chi siamo oggi e perché siamo diventati ciò che siamo. È un invito a difendere, studiare, promuovere il patrimonio culturale e biologico di una regione che ha molto da raccontare e molto da insegnare.

L’evento a Gubbio: un ritorno alle origini

L’incontro dell’8 maggio alla Biblioteca Sperelliana di Gubbio è stato più di una presentazione. È stato un rito civile e culturale, un gesto simbolico con cui si è restituita dignità a un popolo spesso trascurato nei libri di scuola. Non è casuale che l’evento si tenga a Gubbio: antica Iguvium, culla degli Umbri, patria delle Tavole Eugubine, tra i più importanti documenti epigrafici d’Italia.

A organizzarlo è l’Associazione Umru, da anni impegnata nella valorizzazione della cultura umbra e nella difesa delle sue identità locali. Il nome stesso, “Umru”, è un omaggio alla radice etimologica più antica del termine “Umbria”.

Un libro che guarda al futuro

“Umbria Antica” è quindi un libro coraggioso e necessario. Non solo per gli studiosi, ma per tutti gli umbri e gli italiani che desiderano andare oltre la superficie della storia. È un volume che integra il sapere antico e la scienza moderna, in una narrazione che unisce la mitologia alla genetica, l’archeologia alla spiritualità.

È anche una provocazione gentile: contro la narrazione monolitica della romanità, contro l’idea di un’Italia “nata” già formata, Bonifazi oppone la verità stratificata di un’identità evolutiva, fatta di incontri e scontri, migrazioni e ibridazioni.

Ricordare per resistere

In un tempo in cui l’omologazione culturale e linguistica avanza, ricordare le proprie origini non è un esercizio sterile, ma un atto di resistenza spirituale. Gli Umbri — dimenticati dai manuali ma impressi nei geni di milioni di italiani — tornano a parlare grazie alla voce della scienza e alla passione di chi, come Bonifazi, crede che la storia vera cominci da ciò che è stato a lungo taciuto.

Un libro da leggere, un’identità da riscoprire, una storia da portare nel futuro.

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Mario Farneti
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