Scrivanie vuote, fascicoli che si accumulano e cittadini costretti a fare i salti mortali per ottenere giustizia. Gli uffici giudiziari di Spoleto sono ormai al collasso per mancanza di personale. Emma Pavanelli, deputata del Movimento 5 Stelle, ha alzato il tiro presentando un’interrogazione parlamentare al ministro della Giustizia, chiedendo un’azione immediata prima che il sistema si blocchi del tutto.
Uffici giudiziari di Spoleto, organici ridotti e sportelli chiusi
Gli uffici giudiziari di Spoleto stanno affondando sotto il peso di carenze croniche. Tribunale, Procura della Repubblica, Ufficio di sorveglianza, Giudice di pace e Unep arrancano con personale ridotto all’osso. Il Presidente del Tribunale, esasperato dalla situazione, è stato costretto più volte a chiudere gli sportelli per il deposito degli atti, mettendo i cittadini in seria difficoltà.
Tutto nasce da una riforma della geografia giudiziaria che ha allargato il bacino d’utenza del Tribunale di Spoleto senza aumentare l’organico. Il risultato è che Il personale amministrativo e giudiziario si trova sommerso da un carico di lavoro triplicato, senza il minimo supporto aggiuntivo.
A peggiorare il quadro c’è il ruolo dell’Ufficio di Sorveglianza, che deve occuparsi di tre istituti penitenziari, con una montagna di pratiche da gestire e nessun rinforzo. Il problema non si limita a Spoleto: in tutta l’Umbria gli uffici giudiziari lavorano con una scopertura media del 40%. Con i pensionamenti in arrivo e il continuo esodo verso altre amministrazioni, la situazione rischia solo di peggiorare. E chi paga il conto? Sempre gli stessi: cittadini in balia di un sistema che gira a rilento.
Un sistema che rallenta e penalizza i cittadini
Pavanelli non usa mezzi termini: “È inaccettabile che l’accesso alla giustizia venga limitato a causa della carenza di personale. Il paradosso è che lo stesso ministero ha confermato un rapporto tra personale amministrativo e magistrati nella Procura di Spoleto inferiore alla media nazionale. Nonostante questo, ad oggi, non sono state adottate misure strutturali per colmare il divario. L’assenza di personale amministrativo negli uffici giudiziari compromette il diritto dei cittadini ad un servizio efficiente e tempestivo. Chiedo al Governo di intervenire con urgenza per garantire un’adeguata dotazione di personale agli Uffici Giudiziari di Spoleto, assicurando il corretto funzionamento della giustizia sul territorio”.
Intanto, gli uffici arrancano. Sportelli chiusi, ritardi su ritardi, cittadini e avvocati che devono armarsi di pazienza e sopportare lunghe attese. La macchina della giustizia si trascina con il motore in panne, zavorrata da una burocrazia incapace di reagire. La situazione è insostenibile, e a pagare il conto sono sempre gli stessi: chi ha bisogno di risposte e invece trova solo ostacoli.
A peggiorare la crisi ci pensa la precarietà dei contratti. I nuovi assunti, incastrati in condizioni lavorative instabili, scappano appena possibile verso impieghi più sicuri. Il turnover è continuo, con un effetto domino che lascia gli uffici sempre più sguarniti e la giustizia impantanata in una lentezza ormai patologica.
L’urgenza di un intervento
Mentre gli uffici giudiziari di Spoleto cadono a pezzi, chi governa continua a rimandare, lasciando che il caos amministrativo si trasformi in una palude senza uscita.
Pavanelli alza la voce e chiede al Governo di smettere di girarsi dall’altra parte e di garantire risorse adeguate per evitare che il sistema collassi del tutto.
Non si tratta solo di un problema di Spoleto, ma di una piaga che affligge molte altre realtà italiane, dove il personale scarseggia e la giustizia diventa sempre più lenta e inaccessibile. L’interrogazione parlamentare mira a mettere fine a questa deriva, prima che la giustizia diventi definitivamente un privilegio per pochi e una chimera per tutti gli altri.
Già il 26 gennaio scorso, la stessa Emma Pavanelli aveva denunciato il degrado del Commissariato di Spoleto, definendolo indegno per un presidio di sicurezza. Impianti elettrici fuori norma, infiltrazioni d’acqua, spazi inagibili e riscaldamento non funzionante rendevano impossibile lavorare in condizioni dignitose. Aveva chiesto un intervento immediato del Ministero dell’Interno e proposto di trasferire il Commissariato nell’Istituto per Sovrintendenti della Polizia di Stato, soluzione più funzionale e sicura.