Com’è cambiato il turismo in Umbria negli ultimi cinque anni? A rispondere è l’Agenzia Umbria Ricerche (AUR), che ha pubblicato un nuovo focus sull’andamento turistico nei tredici comprensori regionali, analizzando i dati dal 2019 al 2024. Lo studio si concentra su quattro anni chiave: il 2019 come ultimo riferimento pre-pandemico, il 2022 come anno di ripresa incerta, e il biennio 2023-2024, in cui le dinamiche del turismo umbro iniziano a consolidarsi o a mutare. Il biennio 2020-2021, segnato dalle restrizioni più dure, è stato volutamente escluso per evitare distorsioni nei dati.
La ricerca, dettagliata comprensorio per comprensorio, restituisce un quadro frammentato ma utile: alcune zone si sono riprese in fretta, altre hanno dovuto ricostruire la propria attrattività da zero. Il risultato è una mappa dell’Umbria turistica in trasformazione, dove coesistono modelli diversi e traiettorie autonome.
Il quadro è quello di una regione che ha imparato a camminare su più gambe. Cultura, natura, spiritualità, esperienze. Città d'arte, festival, turismo outdoor, borghi e buon cibo. L'Umbria non ha cambiato pelle, ha solo iniziato a usarla meglio. Senza clamore, ma con una direzione chiara: più profondità, meno superficie. Più vita vera, meno turismo di cartapesta.
Nel 2024, quasi tutti i comprensori hanno raggiunto o superato i livelli del 2019. Ma la vera notizia è che il turismo umbro non è tornato com'era: è tornato diverso. Meno mordi-e-fuggi, più tempo sul posto. Meno gruppi organizzati, più viaggiatori singoli o famiglie. Meno turismo di massa, più esperienze local.
C'è chi non ha perso un colpo, come l'Assisano, sempre sorretto dalla spina dorsale del turismo religioso. Assisi ha tenuto botta anche nei momenti peggiori. La Basilica di San Francesco resta una calamita globale. La città ha mantenuto saldo il suo appeal, con numeri in costante crescita tra il 2022 e il 2024.
La Valnerina, schiacciata prima dal terremoto e poi dalla pandemia, oggi si ripropone come paradiso per chi cerca il verde, il silenzio, l’adrenalina. Rafting sul Nera, trekking sui Sibillini, borghi a misura d’uomo: la scommessa sul turismo outdoor paga, e il 2024 lo dimostra.
Il Trasimeno ha avuto un 2023 in flessione, complice la concorrenza dei laghi del Nord Italia. Ma il 2024 è un ritorno alla grande: presenze record, a conferma del fatto che natura, lentezza e accoglienza familiare sono ancora un mix vincente.
Il ternano cresce senza intoppi. Merito della Cascata delle Marmore e della vicinanza a Roma: una combinazione che porta numeri costanti, soprattutto nei mesi estivi. E poi c'è l'Alta Valle del Tevere: niente fuochi d'artificio, ma una crescita solida, silenziosa, costruita su esperienze autentiche e un turismo a bassa intensità, ma alta qualità.
Foligno si riprende grazie al ritorno degli eventi storici, su tutti la Quintana. Gli arrivi superano quelli del 2019, le presenze aumentano: è il segno che il turismo degli eventi, se ben orchestrato, funziona ancora.
Spoleto torna a brillare con il Festival dei Due Mondi, che rimane un motore potente di attrattività culturale. Anche qui, il 2024 è l’anno del consolidamento.
Perugia, invece, gioca su più tavoli: turismo culturale, universitario, congressuale. Umbria Jazz ed Eurochocolate fanno la loro parte, ma è la capacità di diversificare che ha fatto la differenza. Il sistema ha retto e ora vola.
C'è poi un'Umbria più discreta, che cresce senza fare rumore. L’Amerino ha costruito il suo modello su borghi e enogastronomia: turismo lento, relazionale, a misura di persona. Il Tuderte, dopo un 2022 difficile, recupera alla grande: più presenze, più permanenza, più qualità.
L'Orvietano arranca. Gli arrivi sono ancora sotto il 2019, anche se le presenze aumentano. Il che suggerisce una permanenza più lunga, magari segno di un turismo più consapevole. Ma qualcosa non gira: o manca l'aggancio con la nuova domanda, o l'offerta va aggiornata.