Gubbio si è raccolta attorno al suo patrono, Sant’Ubaldo, per celebrare la solennità della Traslazione delle spoglie. Una tradizione che, pur affondando le radici nel XII secolo, resta ancora oggi un momento centrale della vita ecclesiale e civile della città.
La celebrazione, che richiama ogni anno l’intera comunità, è non solo un atto di devozione, ma anche un momento di memoria collettiva e di identità. Come ricordano i sacerdoti e gli storici locali, l’11 settembre segna la data in cui il corpo del santo vescovo fu portato solennemente sul monte Ingino, dove poi venne edificata la basilica che ancora oggi custodisce le sue reliquie.
Le celebrazioni hanno avuto inizio la sera del 10 settembre con la tradizionale processione dalla Cattedrale dei Santi Mariano e Giacomo fino alla Basilica di Sant’Ubaldo. Centinaia di fedeli, fiaccole alla mano, hanno risalito i tornanti del monte in un clima di preghiera e raccoglimento.
Il cammino, accompagnato da canti e litanie, ha rappresentato un gesto corale di affidamento al santo patrono. Per molti eugubini, è il momento più intimo dell’intera festa: una salita fisica che diventa anche ascesa spirituale, un pellegrinaggio che rievoca quello compiuto dai loro antenati secoli fa.
Il cuore della giornata si è svolto nella basilica gremita, dove il vescovo Luciano Paolucci Bedini ha presieduto la Santa Messa solenne, concelebrata dai sacerdoti della diocesi e alla presenza di numerose autorità civili e militari.
L’omelia del vescovo ha toccato corde profonde, offrendo ai presenti una meditazione sull’attualità del gesto compiuto secoli fa dal popolo eugubino.
“Quando il popolo eugubino decide di traslare su questo monte la salma riconosciuta come santa del nostro vescovo Ubaldo – ha detto il vescovo – quassù non c’era neanche ancora questa basilica ed è stata costruita apposta per custodire, accogliere e venerare la sua santità e la nostra fede”.
Monsignor Paolucci Bedini ha insistito sul rischio di una fede relegata a un luogo e a un rito:
“Dio è spirito, non va adorato solo qui. […] Sant’Ubaldo non intercede per noi solo qui. Questo luogo, per quanto prezioso, è come una sorgente che ci ricorda che Dio è con noi e per noi e ci accompagna”.
E ha aggiunto un monito attuale:
“Guai se finisse qui la nostra fede e la nostra devozione. Guai se non riuscissimo a comprendere e a sentire come Dio, attraverso anche l’intercessione del nostro patrono Ubaldo, accompagna tutti i passi della nostra quotidianità”.
Un richiamo forte a non ridurre la festa a una tradizione folcloristica, ma a viverla come rinnovamento interiore e occasione di crescita comunitaria.
Tra i passaggi più intensi, quello dedicato alla vocazione alla riconciliazione:
“Possiamo mettere nella bocca di Ubaldo le parole di san Paolo: ‘A noi il Signore ha affidato il ministero della riconciliazione’. Non esiste vita santa, non esistono relazioni buone, non esiste concordia civile e religiosa che non sia radicata nella riconciliazione”.
Il vescovo ha invitato i presenti a riconoscere le proprie ferite e a lasciarsi trasformare dall’incontro con Dio:
“Vi scongiuriamo, lasciatevi riconciliare con Dio. È un passivo, perché lo sa bene il Signore che noi da soli questa cosa non la faremo. Quante volte conserviamo nel cuore rancori e divisioni invece di scioglierli in un dialogo fraterno. […] Ogni situazione di fatica, di divisione, di esclusione si scioglie prima di tutto nella riconciliazione con Dio”.
Parole che hanno risuonato con particolare forza in un tempo storico segnato da conflitti sociali e frammentazioni, richiamando la città all’unità e alla concordia.
La Traslazione delle reliquie di sant’Ubaldo non è soltanto un ricordo del passato, ma un messaggio per il presente. Gli storici ricordano che quel gesto, compiuto nel XII secolo, voleva sottrarre le spoglie del vescovo al rischio di profanazioni e nello stesso tempo elevare spiritualmente la città, collocando il corpo del santo “più vicino a Dio”.
Ancora oggi la comunità eugubina vive questa ricorrenza come un invito a riscoprire il legame con il proprio patrono e a rinnovare il patto di fede che lega la città al suo vescovo santo.
Alla celebrazione pomeridiana hanno partecipato il sindaco Vittorio Fiorucci, accompagnato dal gonfalone della città, le autorità civili e militari, i rappresentanti dell’associazione Maggio Eugubino, dell’Università dei Muratori, Scalpellini e Arti Congeneri, e delle tre Famiglie Ceraiole, custodi della tradizione dei Ceri.
La loro presenza ha sottolineato il valore non solo religioso, ma anche civico della festa: un momento in cui l’intera città si riconosce unita attorno al proprio patrono.
Il vescovo ha concluso la sua omelia invitando a portare nella vita quotidiana l’insegnamento del santo: “Scendendo da questo monte, abbiamo bisogno tutti di riportare il suo insegnamento laddove ci giochiamo la vita: in quella santità quotidiana che ci è richiesta dal Signore”. E ha aggiunto: “Per questo l’abbiamo portato quassù e da quassù facciamo che la sua offerta non sia vana, perché ogni giorno possa accompagnarci nel cammino della vita e della fede”.
Un invito a trasformare la devozione in scelte concrete di perdono, servizio e impegno comunitario.
La festa della Traslazione conferma ogni anno la sua vitalità e la sua capacità di parlare al cuore delle nuove generazioni. Non è solo un evento per i devoti storici, ma un momento che coinvolge famiglie, giovani, associazioni, e che invita tutti a guardare avanti con speranza.
In un tempo in cui le comunità rischiano di smarrire il senso di appartenenza, Gubbio dimostra che la memoria condivisa può essere un motore di coesione sociale e di rinascita spirituale.
La cerimonia del 2025 della Traslazione di sant’Ubaldo si chiude dunque con un bilancio positivo: grande partecipazione, intensa spiritualità, forte presenza delle istituzioni e un messaggio che va oltre i confini del rito.
La comunità eugubina ha rinnovato il proprio legame con il patrono e con la sua eredità di pace e riconciliazione. E, come ha ricordato il vescovo, il vero frutto di questa festa non sarà solo il pellegrinaggio, ma la capacità di far scendere la fede nelle strade, nelle case, nei rapporti quotidiani.
“Sant’Ubaldo non resta quassù – ha concluso monsignor Paolucci Bedini – ma cammina con noi, perché la nostra città sia ogni giorno più unita, riconciliata e luminosa”.
Un messaggio che resta inciso nel cuore di chi ha partecipato e che fa della Traslazione un appuntamento non solo di devozione, ma di futuro condiviso per l’intera città.