La transizione digitale delle imprese italiane e, in particolare modo, il passaggio verso l’Intelligenza artificiale, rischia di rallentare a causa della crescente difficoltà nel reperimento di personale qualificato. Lo dichiara Confartigianato, l’associazione di categoria delle piccole imprese artigiane, lanciando l’allarme di una crescita economica 4.0 in fase di rallentamento nel Belpaese.
In base a una recente rilevazione, infatti, Confartigianato calcola che le aziende italiane hanno necessità, complessivamente, di 699mila lavoratori con competenze digitali avanzate 4.0, ma non riescono a trovarne più della metà: il 51,8%. Tra le regioni in cui la carenza di skill è più pronunciata emergono Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Umbria, Marche ed Emilia-Romagna.
L’allarme da Confartigianato
Secondo i dati di Confartigianato, in Italia il 36,2% degli occupati opera in ambienti esposti a un alto impatto dell’intelligenza artificiale. Ammontano a 125 mila, precisamente, le micro e piccole imprese pioniere dell’IA, che equivalgono al 12,6% delle imprese, con un numero di addetti tra 3 e 49, che nel biennio 2021-2022 vanta l’uso di una o più soluzioni di intelligenza artificiale. L’Italia, inoltre, guardando all’estero sulla base dei dati Eurostat, si colloca al 4° posto nell’Unione europea per quota di piccole imprese che utilizzano robot.
“Sono sempre più ricercate dalle imprese le competenze per affrontare le transizioni digitali e green, ma cresce la difficoltà di reperimento del personale, a cui le imprese stanno reagendo con misure diversificate per attrarre giovani talenti e trattenere i lavoratori con più elevate skills ed esperienza”: così si legge in una nota di Confartigianato.
“Nel 2023 le imprese prevedono l’entrata di lavoratori con una elevata richiesta di competenze digitali avanzate, e più della metà risulta di difficile reperimento” spiega l’associazione delle piccole imprese artigiane. Nella fattispecie, si tratta di 362mila lavoratori con competenze per gestire tecnologie di intelligenza artificiale, cloud computing, Industrial Internet of Things (IoT), data analytics e big data, realtà virtuale e aumentata e blockchain. La situazione si fa ancora più critica con riferimento alle micro e piccole imprese, dove il 54,9% delle mansioni che richiedono competenze di tipo digitale rimangono scoperte.
L’analisi territoriale
L’analisi territoriale di Confartigianato – con riguardo alle regioni e province italiane in cui il problema del reperimento di personale qualificato in materia di transizione digitale – fa emergere un quadro piuttosto variegato.
Il problema appare più acuto e supera la media nazionale in Trentino-Alto Adige con il 65,8% delle entrate con elevata richiesta di competenze digitali avanzate 4.0 che risultano difficili da reperire. Le regioni che seguono sono il Friuli-Venezia Giulia con il 62,6%, l’Umbria con il 60,3% le Marche con 57,1%, il Veneto con il 56,3% e l’Emilia-Romagna con il 55,8%. Riportano valori superiori alla media nazionale anche la Toscana con il 54%, la Liguria con il 53,1%, il Piemonte con il 53%, la Lombardia con il 52,3% e l’Abruzzo con il 52%, che è nella lista la prima regione del Mezzogiorno.
Il problema comunque è più facile da comprendere su scala provinciale. Tra le province, infatti, il mismatch tra domanda e offerta di personale con elevate competenze per applicare le tecnologie 4.0 è più marcato a Bolzano con il 69,2% delle entrate difficili da reperire. Dopo Bolzano, figurano Trieste con il 68,3%, Terni con il 67,5%, Udine con il 66,5%, Cuneo con il 66%, Lucca con il 64,2%, Lodi con il 63,6%, Gorizia con il 61,9%, Biella con il 61,4%, Trento con il 61,4%, Lecco con il 60,7%, Belluno con il 60,5% e Macerata con il 60,4%.
L’elenco va avanti con La Spezia con il 59,8%, Arezzo con il 59,4%, Pisa con il 59,2%, Asti con il 59,1%, Rimini con il 59%, Brescia con il 58,7%, Padova con il 58,6%, Ravenna con il 58,6%, Vicenza con il 58,5%, Perugia con il 58,3%, Como con il 57,7% e Monza e Brianza con il 57,6%.