La minaccia del terrorismo internazionale torna a far tremare il cuore verde d'Italia. Questa mattina, a Perugia, un'operazione coordinata dal ROS dei Carabinieri ha portato all'arresto di un giovane di origine marocchina, appena ventenne, accusato di far parte dell'organizzazione terroristica dello Stato Islamico. Il blitz, scattato all’alba con il supporto operativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Perugia, ha fatto seguito a un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, in sinergia con la Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo.
L'inchiesta si inserisce nel più ampio lavoro di monitoraggio condotto dagli inquirenti sul fronte della radicalizzazione online. È proprio sul web, infatti, che il giovane sarebbe stato individuato: attivo su una piattaforma di messaggistica frequentata soprattutto da adolescenti e giovani adulti, pubblicava contenuti propagandistici e incitava apertamente alla jihad, facendo esplicito riferimento allo Stato Islamico.
Secondo gli inquirenti, il giovane non si limitava alla propaganda. Gli accertamenti investigativi hanno rivelato un profilo altamente specializzato dal punto di vista informatico, con una conoscenza approfondita della comunicazione criptata e delle strategie utilizzate dalla rete terroristica per eludere i controlli. Le indagini hanno portato alla luce la sua adesione consapevole e ideologicamente motivata allo Stato Islamico, con particolare riferimento alla cellula ISKP (Islamic State Khorasan Province), attiva nell’area tra Afghanistan, Kazakistan, Kirghizistan, Uzbekistan e Cina.
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, il giovane avrebbe messo le sue competenze tecnologiche a disposizione del gruppo terroristico. In questa veste, avrebbe offerto la propria disponibilità a unirsi fisicamente alle milizie del Khorasan, ma anche a colpire in Europa. Alcuni suoi contatti diretti con membri attivi dell’ISKP – uno dei quali operativo in campi di addestramento – sono stati documentati e ritenuti rilevanti dagli inquirenti, anche per l’esistenza di un piano segreto riconducibile alle finalità criminali dell’associazione.
Uno degli aspetti più allarmanti dell'inchiesta riguarda le capacità tecniche maturate dal giovane nell’ambito della fabbricazione di ordigni esplosivi artigianali. Seguendo istruzioni diffuse attraverso canali ufficiali dello Stato Islamico, il ventenne si sarebbe addestrato virtualmente alla costruzione di bombe, mostrando padronanza sia teorica sia operativa.
Parallelamente, avrebbe agito anche come vettore di radicalizzazione, condividendo materiale propagandistico e istigando altri soggetti – già conosciuti o contattati online – a unirsi alla causa jihadista. La sua attività era costante, capillare e ben strutturata: il materiale sequestrato dagli inquirenti al momento dell’arresto, conservato su supporti informatici, sarà ora sottoposto ad attenta analisi.
Il fermo e la successiva perquisizione domiciliare – effettuata in base a un decreto dell’autorità giudiziaria – hanno confermato la pericolosità del profilo individuato. Il ventenne è stato trasferito presso il carcere di Capanne, in attesa degli sviluppi giudiziari. L’operazione, conclusa in tempi rapidi, rappresenta un’ulteriore dimostrazione della centralità del fronte digitale nelle nuove forme di terrorismo, e dell’impegno delle forze dell’ordine nel contrasto a fenomeni di radicalizzazione che non conoscono confini geografici.
Si tratta di una figura con un grado di adesione ideologica particolarmente profondo, che aveva già fatto proprie le modalità operative del jihadismo internazionale. Questo è quanto trapela dagli ambienti investigativi.
L’arresto del giovane a Perugia si inserisce in un contesto più ampio di allerta nazionale. Solo pochi mesi fa, un 46enne marocchino residente in provincia di Brescia è stato arrestato con l’accusa di addestramento ad attività con finalità di terrorismo. Anche in quel caso, le indagini – avviate dalla Digos di Brescia e dal Centro operativo per la sicurezza cibernetica di Perugia – avevano svelato la sua partecipazione a gruppi online affiliati allo Stato Islamico e il possesso di manuali per la costruzione di armi artigianali.
Un episodio che dimostra come la propaganda jihadista trovi terreno fertile anche in Italia, alimentando reti virtuali in cui si moltiplicano i rischi di radicalizzazione individuale e collettiva.