È entrato nella cantina del padre, da poco defunto, a Terni per riordinare i suoi effetti personali e si è imbattuto in una cassa che conteneva un vero e proprio piccolo tesoro di reperti archeologici di origine etrusco-falisca e corinzia. Superato lo stupore, il ternano ha intuito che poteva trattarsi di oggetti di valore. Dei quali andava appurata la provenienza, interessando le autorità.
E ora, grazie al certosino lavoro di controllo condotto dai Carabinieri dell’Arte, interessati dal cittadino, i preziosi manufatti sono stati restituiti allo Stato italiano. A prenderli in carico la Soprintendenza umbra, dopo che la preziosa cassa è stata liberata dal magistrato e si è verificato che i beni non erano stati censiti e non erano provento di furto.
Un tesoro etrusco in cantina a Terni: recuperati 28 reperti archeologici, tra bronzi e vasellame
Immaginate come deve essersi sentito l’ignaro ternano nello scoprire che il padre defunto era una specie di Henry Jones Sr, il personaggio della saga di Indiana Jones interpretato da Sean Connery. Dell’esistenza di quella cassa piena di manufatti (ben 28 pezzi tra oggetti di bronzo e di ceramica) nessuno in famiglia sospettava l’esistenza. Conservata in cantina, chissà per quanti anni, era stata dimenticata dai familiari o forse tramandata di generazione in generazione fino a perdersi nelle pieghe del tempo. Magari acquistata quando ancora non c’era la sensibilità attuale per la conservazione e la tutela dei beni artistici ed archeologici. Oppure riempita coi reperti trovati scavando in qualche cantiere e lasciata in cantina, senza che gli oggetti fossero mai stati esposti.
I 28 manufatti sono stati restuiti allo Stato italiano, in virtù delle disposizioni di legge che disciplinano il ritrovamento e l’illecito possesso di beni culturali di natura archeologica. Il ternano che ha ritrovato il tesoro, però – è bene chiarirlo – non solo non ha violato alcuna legge. Ma ha contribuito con una segnalazione ai militari del Nucleo Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale di Perugia di salvare i materiali.
I militari dell’Arma, infatti, hanno confiscato il materiale a seguito di un provvedimento di confisca emesso dall’Autorità Giudiziaria di Terni. E l’hanno consegnato alla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria, quale ufficio territoriale periferico del Ministero della Cultura.
Intuendo l’interesse storico degli oggetti, il cittadino ternano ha, infatti, immediatamente avvertito, come prevede la legge in materia di ritrovamenti archeologici, le autorità competenti. Per prima cosa si è rivolto alla Soprintendenza di Perugia. La quale ha immediatamente informato i “Carabinieri dell’Arte”, lo specializzato Reparto dell’Arma deputato alla tutela del patrimonio culturale.
L’indagine dei Carabinieri ha coinvolto anche esperti archeologici e ha utilizzato il database dei beni trafugati
Le competenze investigative dei Carabinieri TPC sono state utilizzate per accertare la provenienza dei beni culturali. Spesso, infatti, si tratta di reperti provenienti da scavi illeciti per essere commercializzati. Oppure detenuti senza “valido titolo di possesso” in violazione delle disposizioni di legge.
L’Arma ha effettuato anche un’indagine informatica, attraverso la consultazione della “Banca Dati dei beni culturali illecitamente sottratti”. Si tratta di un database gestito dal Comando Carabinieri TPC che conserva immagini e descrizioni di milioni di oggetti d’arte trafugati. Si tratta di manufatti non censiti come beni da ricercare. Ma che sono da considerarsi proprietà dello Stato. Perché non c’era una valida e inequivocabile documentazione comprovante la lecita detenzione. Per la legge gli oggetti di valenza archeologica, anche se frutto di ritrovamento fortuito, sono da considerarsi parte del patrimonio culturale indisponibile.
La rilevanza storica dei 28 manufatti è stata confermata dagli esperti archeologi del Ministero dei beni culturali. Che hanno censito gli oggetti tra bronzei e ceramici di arte etrusco-meridionale, etrusco-corinzia ed etrusco-falisca. La produzione è stata collocata in un arco cronologico compreso tra VIII-III secolo avanti Cristo. Il valore economico complessivo, che prescinde in modo sostanziale da quello storico-artistico in quanto “testimonianza culturale”, è stato quantificato in circa 30.000 euro.
“La restituzione al patrimonio pubblico di questi “frammenti di storia”, come già avvenuto per tante altre importanti testimonianze del passato – spiegano i Carabinieri dell’Arte – conferma l’impegno che qualifica la peculiare attività svolta dai Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale. Attività che prevede la ricerca e il recupero di oggetti d’arte. E che riporta alla fruizione collettiva oggetti che narrano la storia identitaria del nostro Paese. Nel presupposto di diffondere e far comprendere i principi di legalità che sono alla base del rispetto e della salvaguardia del bene comune“.