Condizioni lavorative precarie, una sanità pubblica sempre più in affanno e un sistema educativo vittima di tagli incessanti: questi i temi che hanno portato decine di migliaia di persone a scendere in piazza oggi, 29 novembre, per partecipare alla manifestazione indetta da CGIL e UIL nell’ambito dello sciopero generale nazionale.
L’obiettivo della mobilitazione è chiaro: ottenere una revisione della manovra di bilancio, ritenuta inadeguata a rispondere alle emergenze del Paese. Tra le richieste principali spiccano l’aumento del potere d’acquisto di salari e pensioni, il potenziamento del finanziamento alla sanità, all’istruzione e ai servizi pubblici, oltre a investimenti strategici nelle politiche industriali.
Anche a Terni, come in molte città d’Italia, migliaia di cittadini sono scesi in piazza per esprimere il loro dissenso e sollecitare un cambiamento. Al centro delle rivendicazioni, la necessità di rimettere l’istruzione e la formazione al cuore delle priorità politiche, elementi imprescindibili per garantire un futuro più equo e sostenibile.
Le dichiarazioni di Maria Grazia Gabrielli da Terni: la visione della segretaria nazionale della CGIL per il futuro del lavoro
A Terni, il corteo è partito dalla zona della stazione ferroviaria, attraversando le vie principali della città, per concludersi in piazza Solferino. Qui, sul palco allestito per l’occasione, si sono alternati gli interventi di sindacalisti, lavoratori e delegati, fino alle conclusioni della segretaria nazionale della CGIL, Maria Grazia Gabrielli.
“La piazza, così come in altre parti d’Italia, dimostra che scioperare ha senso”, ha dichiarato Gabrielli, sottolineando l’importanza della mobilitazione. “La voglia e la partecipazione restano importanti in questo Paese perché aiutano anche la democrazia e contribuiscono a migliorare le condizioni, a patto che si decida di ascoltare, condividere e confrontarsi. Il Governo invece continua a non fare tutto ciò, sbagliando.”
La segretaria ha poi evidenziato le priorità urgenti per il paese, invocando un cambiamento radicale: “Le priorità sono tante e si dovrebbe ripartire mettendo al centro il lavoro, che sia stabile, dignitoso, con un giusto salario. Preoccupiamoci dei redditi di chi lavora e dei pensionati. Partire da questo, dalle richieste che facciamo da tempo, sarebbe un buon segnale per il futuro.”
Landini: “Vogliamo rivoltare questo Paese come un guanto”
Dal palco di Bologna, Maurizio Landini, segretario della CGIL, ha pronunciato parole taglienti e decise, segnando un momento cruciale di mobilitazione contro le ingiustizie che rischiano di travolgere il Paese. Le sue dichiarazioni hanno evidenziato l’urgenza di un cambiamento radicale, necessario per contrastare una deriva autoritaria che, a suo parere, sta seriamente minacciando le fondamenta stesse della libertà e della dignità umana.
“Ci troviamo di fronte a un serio pericolo di svolta autoritaria che mette in discussione la libertà di esistere e i diritti delle persone”, ha affermato Landini, richiamando l’attenzione sul rischio di veder compromesse le libertà fondamentali in nome di politiche repressive.
Landini ha poi espresso il suo apprezzamento per la grande affluenza in piazza: “Se mettiamo assieme i numeri di tutti quelli che oggi hanno deciso di scendere in piazza possiamo tranquillamente dire che più di 500mila persone in tutta Italia hanno scelto di essere in piazza per difendere la libertà e i diritti di tutti”. Un messaggio forte, che testimonia la consapevolezza crescente tra i lavoratori e la società civile della necessità di unire le forze per salvaguardare i diritti.
Il segretario della CGIL ha continuato con una riflessione più ampia sul ruolo della politica, sottolineando che le sue azioni non sono legate a dinamiche di parte, ma alla difesa dei diritti di ogni cittadino: “Ci hanno detto che facciamo politica: è assolutamente vero, noi tutti insieme facciamo politica. Facciamo politica seria, che parla dei problemi delle persone in carne e ossa, che mette al centro i bisogni delle persone”.
Landini ha concluso il suo intervento lanciando un appello forte contro il decreto sulla sicurezza, definito una minaccia per i diritti fondamentali: “Il decreto che chiamano sicurezza va ritirato, la sicurezza di un Paese non è messa in discussione se le persone scendono in piazza, se i lavoratori di fronte al rischio di licenziamento occupano le fabbriche o le strade. Se molte imprese sono ancora aperte e non sono passati licenziamenti e chiusure, è grazie a lotte, scioperi, occupazioni, blocchi stradali di lavoratrici e lavoratori”.