Chiude una porta, si spegne una luce. Il New Sinfony, per oltre quarant’anni un faro per gli appassionati di musica a Terni, ha chiuso definitivamente. Non è solo la fine di un negozio, è la fine di un’era. Quella delle lunghe chiacchierate tra clienti e commessi, delle scoperte musicali fatte sfogliando dischi e cassette, degli acquisti fatti con cura e passione.

New Sinfony, la morte lenta di una galleria dimenticata

Non si può ignorare lo stato in cui versa oggi la galleria del Corso. Un luogo che un tempo passato (negli anni ’80) brulicava di vita oggi è poco più di un cimitero di saracinesche abbassate. Con la chiusura di New Sinfony, si spegne l’ultimo baluardo di una tradizione ormai estinta. Quello che resta è un vuoto, un’ombra di ciò che era un tempo il cuore pulsante della città. Gli abitanti della zona, un tempo abituati a passeggiare tra vetrine luminose, oggi si trovano a camminare in un tunnel buio, dove il silenzio è rotto solo dal rimbombo dei loro passi e dal Bar del Corso che ancora resiste. 

Lucio Salvati e Nicoletta Luzzi, gli storici proprietari, si sono arresi. Non alla concorrenza, non alla mancanza di passione, ma alla cruda realtà economica. I tempi sono cambiati, e con essi le abitudini di chi la musica la consuma in altri modi. I clienti sono diventati spettatori distanti, e comprano per lo più online, così come online acquistano i biglietti dei concerti. Le vendite sono crollate, i costi sono aumentati, e mantenere aperto il negozio è diventato un lusso che non potevano più permettersi.

Ma questa chiusura non è solo una questione di numeri. È la perdita di un luogo che, per molti, era un punto di riferimento, un angolo di mondo in cui rifugiarsi. Un pezzo di storia della città che se ne va, lasciando dietro di sé un senso di vuoto e nostalgia. Le reazioni non si sono fatte attendere: i messaggi di affetto, le parole di dispiacere, sono stati tantissimi. Eppure, niente di tutto questo potrà cambiare il fatto che New Sinfony non ci sarà più.

La chiusura di New Sinfony è solo l’ultimo capitolo di una storia più grande, quella di una città che sta perdendo la sua anima commerciale. La galleria del Corso è solo uno dei tanti luoghi in cui un tempo si respirava vita e oggi si sente solo l’odore della decadenza. Se si continua così, Terni rischia di diventare una città fantasma, dove i ricordi sono l’unica cosa che resta a coloro che hanno vissuto i tempi migliori.

Terni, un deserto commerciale

La chiusura di New Sinfony non è solo un addio malinconico, ma un duro colpo che riflette la crisi del commercio a Terni. In una città che ha visto scomparire quasi un quinto dei suoi negozi in appena un decennio, ogni saracinesca abbassata è un pezzo di storia che si sgretola. Non è un caso isolato: sono ben 699 le attività chiuse solo nel 2023, con il centro storico che ormai sembra un museo delle occasioni perdute. Il cuore commerciale di Terni si sta lentamente svuotando, lasciando spazio a un paesaggio desolato dove a prosperare sono solo le piattaforme digitali e la precarietà del lavoro.

Il New Sinfony, che per anni ha offerto ai ternani una colonna sonora fatta di vinili e CD, ha ceduto sotto il peso di una realtà economica spietata, che ha visto crescere l’e-commerce e affondare il commercio al dettaglio tradizionale. Ma la questione non si ferma qui: dietro la chiusura di ogni negozio c’è una storia di sacrifici, lavoro sottopagato, e contratti precari che penalizzano soprattutto le donne, spina dorsale di un settore ormai in crisi.